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Fernando Bermùdez. Segreto a più voci

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Per me, Segreto a più voci, sarà sempre il racconto delle mani.

Le mani di Perón, amputate e portate via una notte dal cimitero della Chacarita; mani per cui, qualcuno, chiese un riscatto che non fu pagato; mani per le quali ci furono diversi morti, su cui era forse infilato un anello con delle coordinate. Una delle tante storie su queste mani perdute vuole che ci fosse un conto bancario, in Svizzera, con i soldi dei nazisti che avevano pagato l’esilio argentino, un conto su cui Licio Gelli voleva mettere le mani.

Ma è anche un racconto del ricordo di mani più semplici, mani private, come quelle del padre di María Carmen Melo, la donna che da piccola aveva ricevuto una carezza dalla mano di Perón, che di suo padre ricordava le mani, soltanto, e non la faccia.

E poi ci sono i destini che si intrecciano, come due mani distanti pur partendo dallo stesso corpo letterario, i destini di María Carmen e del ragazzo che racconta, la sua versione, la morte del padre, un antiperonista, un anarchico, che avrebbe voluto partecipare a un golpe fallito e poi perde la salute, impazzendo. E questo figlio che racconta quanto ricorda, che dal palmo della mano si lecca il padre in cenere, si reca al cimitero della Chacarita per riavere la fede del defunto e trova María Carmen che tutti i giorni pulisce la tomba di Perón e che ha una storia da raccontare, una storia legata al furto delle mani, una storia molto pericolosa che nessuno vuole sentire. La racconterà al ragazzo, a questo io narrante di cui non conosciamo il nome.

Fernando Bermúdez è uno scrittore argentino. Vive in Svezia da quasi tutta la vita eppure ha continuato a scrivere in spagnolo e dallo spagnolo, Giovanni Barone ha tradotto tutte le sue opere che le Edizioni Spartaco hanno portato in Italia.

Vincitore di premi prestigiosi come il Cortazar e il Rulfo, Bermùdez scrive molto poco perché, sostiene, a differenza di quegli scrittori che non potrebbero vivere senza scrivere, lui scrive solo quando è assolutamente necessario. Alla ricerca del silenzio, Bermùdez smette di scrivere per quasi vent’anni, ricominciando solo dopo che Gianni Barone ha tradotto la raccolta di racconti La metà del doppio.

È quindi grazie a questo meticoloso e capace traduttore che Bermùdez comincia a tessere questo drappo di storie.

Segreto a più voci è un racconto tipicamente argentino, pieno di misteri irrisolti, di militari, di spie, di golpisti e di gente comune che ha come un irrisolto che non riesce a superare, una fantasia a cui rimanere fedele fino alla distruzione.

Ma è anche una riflessione sul gioco letterario, Bermùdez dedica un intero capitolo, il nono, a riflettere su che cosa sia la letteratura e come lo scrittore sia presente in una storia. È come una parentesi, un piccolo saggio, alla maniera di Cotroneo ne La cerimonia dell’addio, dove lo scrittore ferma la pellicola della storia, congela per alcune pagine il corso della finzione, rompe il patto narrativo, si presenta e spiega.

Il finale è molto bello, ma bisogna arrivarci con calma.

Segreto a più voci è un libro interessante, avvincente come un giallo. Il lettore avrà voglia di capire, di svelare. Qualcosa resterà nel mistero ma, questa, è una storia quasi vera, abbastanza vera da costringerci ad accettare che solo nella finzione, tutto si può sapere.

Pierangelo Consoli

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Segreto a più voci, Fernando Bermùdez, Edizioni Spartaco , 2023, Pp. 234, Euro 16,50

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