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Gianni Biondillo anteprima. Pasolini, il corpo della città

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Guanda ha portato in libreria Pasolini, il corpo della città, libro di Gianni Biondillo impreziosito da uno scritto di Vincenzo Consolo. Con questo testo, Biondillo propone uno sguardo inedito su Pier Paolo Pasolini, declinato attraverso l’attenta analisi di quanto scritto e detto dallo scrittore di Casarsa riguardo al tema della metropoli e dello spazio urbano. Un saggio illuminante, che consente di scoprire, tra l’altro, la profonda connessione tra i personaggi pasoliniani e l’ambiente in cui sono immersi. Si parte dalla trasformazione del paesaggio e della città in seguito alle profonde trasformazioni sociali e culturali che hanno segnato il nostro Paese, seguendo il viaggio pasoliniano attraverso la visione di una Roma archeologica eppure tutta nuova, passando per l’India fino alla visione cinematografica del paesaggio e dello spazio.

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Il messaggio di Pasolini è in qualche modo questo: così come la cultura popolare non è una pre-cultura ma una cultura altra, altrettanto la sua più autentica rappresentazione non deve essere cercata nella storia e nella lingua ufficiale ma nell’intreccio tra i depositi che essa ha lasciato casualmente o coercitivamente e la « astoricità » della cultura popolare che li ha ricevuti. Questo intreccio si esplicita in quelle forme comunicative che Pasolini reputa più caratterizzanti: il dialetto (il linguaggio) e la forma della città, l’uomo ed il suo contesto. I ragazzi di borgata vengono descritti come di pietra, l’analogia lingua-architettura è continuamente presente così che le stratifi cazioni linguistiche dei dialetti vengono continuamente paragonate alle stratificazioni architettoniche. È per questo che le descrizioni di città e paesaggi non sono casuali, esse sono la materializzazione di una cultura: sono la cultura stessa. Si veda l’esempio di Mosca:

Mosca è una immensa Garbatella: un misto dunque di liberty e di novecento, con pareti colossali e graticci di fi nestre. Spesso tuttavia, con fi le di casette basse, ad un piano o due piani, come se ne incontrano nelle città provinciali del Nord: Vicenza, Treviso o Udine. In questo paesaggio urbano – immenso e familiare – galleggiano ogni tanto dei grattacieli – quegli « orrendi » edifi ci, condannati da Krusciov. Ma non sono insopportabili. Ispirano anzi della simpatia. Sono case commoventi, come tutti gli sforzi degli umili per apparire grandi. Mosca è una città di contadini.

Analogamente a quanto dice Torsello su Ruskin, gli elementi morali che caratterizzano l’architettura del passato « sono gli stessi che definiscono i loro antichi costruttori » la forma della città, quindi, per Pasolini (e per Ruskin) è « pura espressione visiva di quei caratteri e il costruire è la loro traduzione nelle pietre dell’architettura, anzi è la naturale materializzazione di un’armonia ».

Dunque, analogia lingua-architettura, anzi: architettura come lingua. Pasolini giunge per via poetica a questa conclusione in modo simile ad un altro scrittore ossessionato dal tema della città: Victor Hugo. Molte pagine di quest’ultimo possono essere scambiate, nello stile appassionato, per pagine dedicate alla Roma di Pasolini: « Non era allora soltanto una bella città, era una città omogenea, un prodotto architettonico e storico del medioevo, una cronaca di pietra », la città ci parla, « il dolmen e il cromlech celtici, il tumulo etrusco, il galgal ebraico, sono parole. Alcuni, i tumuli in special modo, sono nomi propri » ed il popolo, come dice Pasolini, « comunica » facendo qualcosa: «L’Unno o il Longobardo avevano fatto un tempietto / della più dura e bianca delle pietre; / l’Etrusco aveva fatto una tomba di tufo con sessi rosa».

Introiettando, come è tipico suo, il discorso sulla cultura di un popolo, Pasolini farà suo l’esempio architettonico: Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme viviamo e sopravviviamo. Così anche ogni cultura è sempre intessuta di sopravvivenze. […] Io, per me, sono anticlericale (non ho mica paura a dirlo!) ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto e nello stile. Ma c’è qualcosa di più: Pasolini giunge a Roma proprio mentre quel processo di trasformazione della società stava incominciando.

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