Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Giorgio Boatti. Abbassa il cielo e scendi

Home / Recensioni / Giorgio Boatti. Abbassa il cielo e scendi

Ci sono cose di cui è difficile parlare.

Per esempio il dolore.

Ci sono storie che sarebbe meglio non raccontare, come quelle di malattie e morte.

E poi c’è la schizofrenia, che le racchiude entrambe.

La schizofrenia non è un semplice disturbo diagnosticabile con criteri e sintomi da rispettare. La schizofrenia è un mondo.

Un mondo che lo scrittore Giorgio Boatti in Abbassa il cielo e scendi (Mondadori-2022- 19,50 euro- 264 pagine) descrive con grande rispetto e sensibilità attraverso gli occhi di Bruno, schizofrenico e della sua famiglia, in particolare di suo fratello.

Questo romanzo è un viaggio spaventoso e nello stesso momento commovente in quello che significa vivere una tragedia come l’essere affetti da un disturbo così disabilitante e senza via d’uscita da spazzare via la vita di un’intera famiglia.

Perché quando si soffre di schizofrenia a soffrire non è solo il paziente ma tutte le persone che gli stanno intorno. Ed è proprio questo che Boatti fa: racconta la vita di una famiglia tramite gli occhi del fratello più piccolo di Bruno.  Un fratello inerme che lo vede piano piano sprofondare tra le voci che gli riempiono il cervello e lo fanno prigioniero di pensieri non suoi, senza riuscire a fare nulla per aiutarlo. Nessuno può. E questa triste realtà, di cui i suoi cari diverranno consapevoli con il tempo, rappresenterà una condanna da cui nessuno potrà sottrarsi.

Il racconto parte dal secondo dopo guerra e ripercorre i momenti cruciali di un’Italia che fa solo apparentemente dei passi in avanti nella cura della malattia mentale. Lo scrittore e giornalista, avvezzo nella sua carriera a raccontare storie di gran spessore, fa una triste considerazione sul modo con cui i malati mentali vengono trattati.

 “La ritirata, col tempo, si è fatta sempre più vertiginosa, scandita dal succedersi dei DSM (Manuale diagnostico dei disturbi mentali) che, un’edizione dopo l’altra, hanno moltiplicato diagnosi e classificazioni di patologie. Più che insegnare a chi cura il chinarsi sulle persone, il saperle ascoltare, l’approccio prevalente è stato quello di classificare, come se ogni caso non fosse un pezzo unico e prezioso, anche se fallato, una creatura irripetibile, nel suo modo faticoso e spiazzante, di stare al mondo”.

L’autore mostra l’uomo dietro la malattia: ci fa entrare nei reparti psichiatrici e ci racconta la solitudine di un’umanità difficile da gestire. Difficile da gestire per gli operatori sanitari che non hanno gli strumenti per affrontare la violenza della malattia; difficile da gestire per gli psichiatri che davanti ad una patologia così complessa non riescono a dare delle soluzioni efficaci, trattando i malati come fossero categorie di un manuale e non come persone la cui anima è lacerata dalla sofferenza.

Bruno cerca di far impazzire la sua schizofrenia perché con la follia, per quanto ci si possa provare, non si può convivere.

Lo sa bene suo fratello che si porta dentro il grande senso di colpa di non essersi preso cura a sufficienza di lui e di essersene vergognato per tutta la vita. Spettatore di un’esistenza destinata alla sofferenza, le cui ferite rimangono aperte nonostante gli innumerevoli tentativi di salvare chi non potrà essere salvato.

Ed è proprio il racconto del loro rapporto, della sua evoluzione, la note dolce e salvifica che accende una luce nel buio della disperazione. L’imparare ad essere fratelli, a sentirsi uniti in una condizione che non presuppone vie d’uscita. Dolci sono i timidi scambi di umanità che si fanno in momenti cruciali, come quello della morte della madre. Scambi fatti da semplici frasi in cui per un attimo la malattia lascia il posto alla lucidità. E nonostante un percorso tortuoso fatto di ricoveri, tentati suicidi, fughe e deliri, quell’amore fraterno pian piano sale in superficie e diventa il fil rouge della narrazione.

Questo romanzo è uno spaccato di realtà, alza il velo sulla quotidianità di una patologia che fa paura, mostrando cosa accade nella vita reale quando ci si ritrova a fare i conti con un figlio e un fratello che si è perso l’anima tra le percezioni distorte della malattia.

È un romanzo che ci avvicina a migliaia di persone schizofreniche, alle loro famiglie, alla loro sofferenza e ci rende consapevoli del fatto che nessun dolore deve essere lasciato indietro e che conoscere determinate profondità è la strada più veloce per conoscere se stessi.

Perché la schizofrenia rende chi la patisce ma anche chi gli sta accanto immensamente distanti. Dalla realtà. Gli uni dagli altri. Da quello che siamo. Lontano, soprattutto, da come avremmo voluto essere.”

Nancy Citro

Click to listen highlighted text!