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Gli ultimi giorni. Intervista a Orso Tosco

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Questa settimana per Le Tre Domande del Libraio su Satisfiction incontriano lo scrittore Orso Tosco (autore di romanzi di successo come London Voodoo o Aspettando i Naufraghi, pubblicati da Minimum Fax, o del recente libro Nanga Parbat, pubblicato da 66thand2nd ) nella veste insolita di traduttore. Infatti, lo scorso novembre,  la casa editrice Nottetempo ha pubblicato il romanzo “Gli ultimi giorni” di Brian Evenson, con postfazione di Peter Straub, nella traduzione proprio di Orso Tosco.

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Secondo George Saunders, in America non c’è scrittore di narrativa più intenso, prolifico e apocalittico di Brian Evenson.
Partiamo subito, Orso, con il raccontare come è avvenuto il tuo incontro con questo romanzo e questo autore, traduttore e docente universitario nato nell’Iowa nel 1966? 

La prima volta che mi trovai davanti a uno scritto di Evenson fu nel 2010 o giù di lì, vivevo a Londra e spesso andavo alla ricerca di libri nei charity shop – negozi gestiti da enti benefici che vendono oggetti, vestiti e libri usati – e comprai una raccolta di racconti di Evenson. Non l’avevo mai sentito nominare, e questo lo rendeva lo scrittore ideale per quel genere di acquisti pressoché casuali, visto che quando paghi uno o due pound un libro puoi permetterti un disinteresse da ricco anche se non lo sei, e che ero tutt’altro che ricco, me lo permettevo volentieri. Credo che il libro fosse The wavering knife. Dico credo perché il libro mi piacque moltissimo ma, fedele a una delle tante stupide inclinazioni a cui mi abbandonavo all’epoca, e che forse coltivo ancora, a seguito di ogni innamoramento, letterario e non, mi impedivo di coltivarlo, sperando in questo modo di preservarlo nella grazia salvifica della dimenticanza: speranza vana, che ebbe l’unico risultato di farmi dimenticare di un grande scrittore. Devo a Alessandro Gazoia, amico e direttore editoriale di Nottetempo, la “riscoperta” di Brian Evenson. Proprio Alessandro mi ha infatti proposto di tradurre Gli ultimi giorni. E io, dopo essermi innamorato del romanzo, e dopo essermi illuso di poter riuscire a tradurlo in italiano, ho accettato.

Il protagonista del romanzo è un agente sottocopertura, con una mano amputata, che deve indagare su un omicidio avvenuto in una strana Confraternita. Vogliamo raccontare agli amici lettori forti di Satisfiction altri dettagli di questa storia avvincente e ricca di suspance?

L’aspetto feroce e irresistibile di questa storia sta nel fatto che Kline, il protagonista, si ritrova a dover vestire i panni dell’eletto senza averne alcuna intenzione. Lui ambirebbe a restarsene in disparte come un paio di calze dimenticate dopo uno sfratto, come un granello di polvere, e invece viene investito dalla brutalità di non una, ma ben due sette religiose, ugualmente furiose, ugualmente senza scrupoli, che in qualche modo lo spingono ad accettare un ruolo non suo, e che proprio perché non gli appartiene, lui riesce a ricoprire con incredibile e omicida efficacia.

Hai detto che “Se Samuel Beckett, Clive Barker, Antoine Volodine e Raymond Chandler decidessero di incontrarsi per bere nel bel mezzo della notte, potete giurare che quel bar sarebbe gestito da Brian Evenson “. Vogliamo spiegare meglio il senso di questa affermazione, per poi portarci nell’officina di lavorazione di questa traduzione, raccontandoci come hai lavorato nello specifico?

Al quartetto di personalità geniali che ho convocato per provare a raccontare il mondo di Evenson, forse sarebbe il caso di aggiungere quello di Buster Keaton, perché soltanto il genio del cinema muto, con il suo corpo, con i suoi gesti e con il suo volto – troppo vulnerabile e troppo distante per essere come noi – soltanto lui può darci modo di immaginare il movimento narrativo che Brian Evenson è in grado di produrre. Un movimento che si nutre di spazi e di immobilità per poi concedersi esplosioni e deformazioni che non si limitano ad alterare la realtà, a distruggerla, ma che la costringono a svelarsi nei suoi aspetti più genuinamente allucinogeni. Leggendo Evenson si ha la certezza che il mondo intero sia governato da una gigantesca setta di fondamentalisti, da più sette in guerra tra loro, e che i momenti di pace che la vita ci concede non siano altro che dei momenti fasulli e brevi, istanti necessari per affilare ancora una volta le lame con cui ben presto siamo chiamati a scannarci l’un l’altro.
Per quanto riguarda il mio ruolo di traduttore: trattandosi della mia prima traduzione, facendo affinamento si di un inglese imparato al pub, un inglese barbarico, ed essendomi innamorato di questo incredibile romanzo, e volendo dargli il meglio di cui ero capace, non ho potuto far altro che usare tutto quello che avevo. Dove non sono riuscito ad arrivare, ho potuto contare sul supporto molto più che prezioso di Federica Principi.

Buona Lettura, dunque, di “Gli ultimi giorni” di Brian Evenson

Antonello Saiz

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