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Graziano Gala. Sangue di Giuda

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«Sai quando tornerai io sarò già via, senza un’idea. Vendendo roba tua, riciclandomi, restando vivo». Mi suona dentro questa canzone degli Afterhours che ha lo stesso titolo del nuovo romanzo di Graziano Gala, Sangue di Giuda (Minimum Fax, 2021). La immagino in sottofondo mentre Giuda ha una delle sue crisi e scappa per strada a macinare l’asfalto, senza alcuna meta ma con il bisogno di scappare dai suoi fantasmi. In quelle pagine riesci a immaginare proprio una via deserta di un qualsiasi paese del sud, illuminata da lampioni mezzi arrugginiti; Gala questo luogo lo chiama Merulana, e se a qualcuno viene in mente la via Merulana di un noto scrittore del Novecento non c’è nulla di strano. Giuda si mette nei pasticci senza volerlo, e tutto ciò che gli capita suona come una maledizione, un gioco strano architettato da quei santi protettori che invoca inutilmente per tutto il romanzo. Per invocarli e raccontare la sua storia usa una lingua che è un impasto di dialetti (la cui base è ovviamente il salentino parlato da Gala) e che rende questo romanzo un caso esemplare, sporco, un calcio di punta alle regole borghesi del ‘bello scrivere’.

Vuole solo guardare in santa pace il suo Pippo Baudo, il vecchio Giuda, abbandonato e odiato da tutti, anche dalla figlia che gli ruba la pensione e dal genero che non perde occasione di minacciarlo col fucile. Basterebbe il pensiero della moglie ‘Ngiulina a salvarlo dalla solitudine se non fosse che non la vede da anni e non sa dove sia finita; un’altra assenza lo tormenterebbe invece ogni notte, quella del padre che non vede l’ora di fracassarlo di botte quando Giuda è solo e indifeso, cioè quando Pippo Baudo non lo protegge con la sua voce che toglie il silenzio nella casa. Questo è il fantasma che lo costringe a fuggire lontano da casa, guadagnandosi la fama di matto del paese, che Gala gli fa esibire come una medaglia al merito. Unica compagnia Ammonio, un vecchio gatto sgangherato che continuamente gli benedice la casa a causa di una vescica fuori controllo. Basta poco a sconvolgere la vita di Giuda: un giorno si rende conto che qualcuno ha rubato il suo televisore, un vecchio Mivar che a sostituirlo con un altro non se ne parla, perché non è un semplice televisore ma un totem sacro. Andare alla ricerca del vecchio televisore vorrà dire però mettersi in strada e darsi in pasto a un mondo crudele e violento, a una società corrotta che non vede l’ora di individuare in un essere indifeso come lui il perfetto capro espiatorio.

Quel televisore, dicevamo, gli è davvero indispensabile: guardare il suo programma preferito non è una semplice attività ma un vero e proprio rito religioso con a capo l’unico dio Pippo Baudo. Gala scrive di un Sud immaginario ma anche vissuto sulla propria pelle, quello dei paesi desolati, con i ritmi scanditi dalle messe e dalle televisioni in salotto che sostituiscono il sole nell’ora del tramonto, dove la messa non è che un apostrofo santo tra un programma e l’altro. Questa geniale intuizione di Gala ci fa fare i conti con un immaginario accumulato fin dalla nostra infanzia, in cui quest’oggetto sempre più ingombrante (finché non ha trovato il modo di rimpicciolirsi fino a farsi tascabile) ha letteralmente monopolizzato le nostre vite: parlo di quella televisione che da Non è la Rai a Domenica Live ha educato la nostra generazione mentre dava il colpo di grazia a quella dei nostri genitori. Figure, maschere e modelli di comportamento che abbiamo assorbito senza rendercene conto e da cui solo oggi cerchiamo di sbarazzarci, non senza quelle grosse incomprensioni che si declinano sempre più in una vera e propria guerra generazionale.

Perché in Giuda c’è qualcosa che parla direttamente alla generazione degli ‘scartati’ di oggi. L’ho pensato durante la lettura, ma la corrispondenza, a buona ragione, non risulterà immediata: Gala è un giovane autore mentre Giuda è un uomo vecchio, legato a un mito del passato come Pippo Baudo, che contempla ossessivamente da un televisore obsoleto (lo ricordo bene, con quei tasti piccoli e duri che ti bucavano le dita). Ma poi, a vederlo districarsi in mezzo a situazioni assurde, a dover subire la corruzione e la violenza di una società che insabbia le proprie colpe e non accetta di essere messa in discussione, ho capito meglio: la nostra è una generazione di Giuda, una generazione invitata a sottomettersi se non vuole essere scartata e stigmatizzata. Il romanzo mette in evidenza un ordine sociale che tutti gli attori in campo si impegnano a far rispettare, a qualsiasi costo, anche mettendosi in combutta con la criminalità: è Giuda a mettere a rischio questa struttura di potere senza far nulla, solo continuando a essere sé stesso e a recriminare il danno subìto. A chi comanda sopportare qualche Giuda a piede libero non crea alcun problema, se è innocuo o addirittura utile per mantenere lo stato di cose. Il problema è che Giuda è incorruttibile a sé stesso, non si lascia minimamente scalfire dalla vera minaccia subita costantemente, che è quella di farsi cambiare, diventare un altro da quello che è. Non scende a compromessi e per questo deve essere isolato, è necessario farlo passare per un soggetto non solo immorale ma addirittura pericoloso per la comunità.

Quante volte (ed ecco che mi si presenta la generazione a cui appartengo) abbiamo dovuto scegliere tra l’encomio dei più potenti e l’esclusione? Quante volte abbiamo rifiutato il compromesso e siamo stati tagliati fuori? Anche perché, ci ricorda Gala, non basta un Giuda a cambiare le cose. Credo che una frase in particolare riassuma perfettamente il romanzo: «Accà, amico mio, nun esiste provvidenza: putimm pruvare a cagnare ’e cose, ma restamm sempre pupazzi». Giuda sa benissimo che il mondo è bene armato quando si tratta di escludere quelli come lui, e che soprattutto per ogni Giuda ci sono mille perfetti cittadini desiderosi di farsi includere nella cerchia ristretta di chi promette onori e medaglie. Eppure Gala non vuole fare la morale a nessuno, nemmeno mostrarci la strada della purezza. Vuole solo dire: quanto è difficile vivere come Giuda, ma quanto è libero Giuda.

Alessio Paiano

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Graziano Gala, Sangue di Giuda, Minimum Fax, 16 , 171 pp.

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