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James Lee Burke. Gesù dell’uragano e altri racconti

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C’è un’arte, quella del racconto breve, che da ormai troppi anni sembra non attrarre più come una volta il lettore italiano. Difficile capirne il motivo, soprattutto tenendo in considerazione le costanti lamentele sulla presunta esiguità di tempo da dedicare alla lettura che si sentono un po’ in ogni dove. Certo è che le raccolte di short stories non tirano più come prima e, nonostante le tante “professioni d’amore” che capita di leggere su giornali e sui siti specializzati, la quasi totalità dei nostri autori non contribuisce ad invertire il trend, scegliendo quasi sempre di sortire sugli scaffali solo con delle opere sulla lunga distanza.

Ed è un peccato, davvero un peccato, perché in un clima di siffatta scarsa ricettività come quello attuale, c’è il rischio che un’opera come Gesù dell’uragano e altre storie (Jimenez, 2022, pp. 191, € 18) di James Lee Burke non riceva qui da noi le attenzioni che merita. Per chi, come chi scrive, conosceva il maestro texano soltanto come l’inventore della pur notevole saga di David Robicheaux, la lettura di queste pagine spalancherà le porte su un talento narrativo di prima grandezza nell’affollato panorama della produzione americana contemporanea. E quando si dice “prima” non si vuol certo esagerare, perché questa raccolta extra-genere ci fa conoscere un’abilità di scrittura fuori dal comune. Un’abilità che, per ispirazione e capacità di emozionare, non ha nulla da invidiare a quella dei più celebrati novellieri del Novecento dello scorso millennio.

Che siano amareggiati professori d’università in pensione, musicisti falliti, operai di piattaforme petrolifere o ragazzini problematici, i personaggi di Burke danno vita ad un universo composito ma, nello stesso tempo, assai uniforme, catturato dal nostro senza nessuna concessione a certo noioso pietismo d’accatto, ma con invece il manifesto intento di restituire una quotidianità pulsante fatta di rovesci del destino e soprusi con i quali imparare a convivere. Ed è una quotidianità che Burke conosce bene, visto che le storie raccontate hanno tutte come ambientazione il suo Texas o da esso prendono le mosse. E, non di rado, si ha l’impressione che dietro a qualcuno dei suoi losers ci sia lui, soprattutto dietro a quelli più giovani, perché la sua capacità di plasmarne l’agitato, a volte sconvolto mondo interiore, è davvero stupefacente e superbamente sfaccettata. A stupire, è soprattutto la sua propensione a sondare le latebre più oscure dell’animo umano senza scadere mai nel bozzetto letterario. Sono genti che bruciano, le sue, vere, e non soltanto per la costante esposizione agl’impietosi strali del sole sotto il quale sono nati, ma perché incendiati dalla circostanza avversa che le rende in qualche modo furiose, senza pace. Mai, tuttavia, si ha l’impressione che abbiano perso una loro toccante, genuina umanità. Mai! La loro voglia di esistere e di resistere a tutti costi è sempre sotto i nostri occhi ed è sempre, soprattutto, tremendamente credibile e condivisibile. Dietro ognuno di loro c’è o può esserci stato qualcuno di noi, non si ha mai la sensazione, venendo a conoscenza delle loro imprese o delle loro traversie, di qualcosa di artificioso, di qualcosa di cesellato. Ad essere “cesellato”, e da un autentico fenomeno, da un prodigioso scalpellino della penna, è invece il suo modo di operare sul periodo narrativo, in cui all’esigenza di affidarsi a una diegesi flesh and blood in grado di supportare un virile resoconto dell’azione, fa ogni tot da contraltare una concessione all’arabesco lirico, con raffinate “fughe” descrittive della natura e dei moti interiori che, niente di meno, incantano senza mai indulgere in un fastidioso autocompiacimento e senza mai, soprattutto, rallentare il piacere della lettura.

Insomma, ci troviamo di fronte ad un autentico capolavoro che, si spera, sia destinato nel corso degli anni a rivelare anche qui da noi la bravura e la statura dell’ottantaseienne di Houston, elevandolo al rango di autore da non perdere per chiunque ami la letteratura americana e non solo. Lo merita.

Per favore, fatevi un favore: non perdete questo “Gesù dell’uragano e altri racconti”!

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