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Daniele Pasquini. Un naufragio

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Un aereo che precipita, un’isola deserta, una manciata di sopravvissuti che di colpo si ritrovano a vestire i panni del Robinson Crusoe di turno, suona qualcosa di già visto, letto, ascoltato, certo, ma di pasta narrativa si sta parlando in questa sede, non di idee. Se l’originalità non è prerogativa dell’opera in questione, lo possono essere gli ingredienti scelti, la mano con cui si miscelano, il cuore che ci si mette nel confezionare il tutto.

Si parte da un naufragio, quindi, prima ancora che di un aereo, di una coppia: Valentina e Tommaso hanno trent’anni e si sono appena sposati. Il viaggio di nozze alle Seychelles, una coppia di giovani in carriera, un mutuo, figli e progetti all’orizzonte… un quadro idilliaco se non fosse che i giorni di serenità trascorsi sulle spiagge dell’oceano indiano si siano rivelati in verità una specie di martirio silente: parole assenti, contatti minimi e la mente di Tommaso perennemente altrove, ciliegina sopra una torta ormai squagliata: la rivelazione/lacerazione prima della partenza da Malpensa.

A Tommaso era stato offerto un nuovo posto di lavoro, una proposta “concreta”, dice lui, in un’agenzia di comunicazione milanese, un salto di qualità rispetto agli slogan dei biscotti che l’hanno annoiato fino a oggi. La lacerazione non è più gestibile quindi, la ferita, ufficialmente aperta. Valentina è allibita, “prima mi sposi e poi mi dici che ti devi trasferire?” Eppure lei è una capa tosta, viene da una famiglia in cui le parole sono sempre state l’eccezione, un passato di passi falsi e pippate nei salottini degli hipster per bene, qualsiasi cosa pur di nascondere e scappare dall’onta della sua genesi provinciale. E poi è arrivato Tommaso. Quel ragazzo timido, spesso insicuro, un giovane ancora capace di emozionarsi per le cose semplici: la cheesecake di sua madre, le partite di calcio commentate con gli amici, un impellente bisogno di fuggire quando le prospettive assumono la consistenza di un impegno troppo grande da gestire.

Ecco che il naufragio si trasforma da sciagura a pretesto.

Dopo un salvataggio che ha del miracoloso sopraggiunge il secondo miracolo, sopravvivere in un’isola deserta. Nessuna esperienza pregressa ovviamente, nessun training, ogni tutorial è bandito. Della civiltà di prima resta ben poco: un cellulare scarico, il telaio del paracadute, un trolley con qualche vestito logoro, orpelli inutili di un prima che sapeva di tragedia e che ora impallidisce davanti all’esigenza di restare vivi.

L’autore è bravo nel farci piombare (letteralmente oltre che letterariamente) nel pieno di un’emergenza senza caricarsi di toni da tragedia, bensì alternando l’ironia a momenti di genuino, spontaneo romanticismo. Si percepisce una consapevole piacevolezza in questo continuo ribaltamento delle prospettive, la narrazione procede alternando stralci puramente survival ai trascorsi delle rispettive esistenze, riportando in superficie aspetti dei protagonisti che lentamente ne acuiscono la consistenza caratteriale.

Nel procedere con la lettura ci troviamo inconsapevolmente a tifare e gioire di ogni conquista fatta nella nuova terra selvaggia (il primo fuoco acceso, una noce di cocco a mo’ di utensile, una capanna di fortuna imbastita con i resti del paracadute) per quella che inizialmente ci appariva come la classica coppietta da catalogo Ikea e che adesso lentamente si reinventa, riflettendo e distorcendo la propria immagine nel baluginio di quell’acqua incontaminata così ammaliante eppure così dannatamente salata.

Pasquini è un classe ‘88, lavora nel campo della comunicazione e con le parole ci sa fare, si intuisce in questa storia una fruibilità pop nella più positiva delle accezioni. Non occorrono dunque svolazzi stilistici per reinventare il topos dell’isola deserta ma la voglia di confrontarsi con le incrinature e i timori di quelli che potrebbero essere due coetanei come tanti, partoriti da una generazione isterica e ritrovatisi, improvvisamente nudi e disarmati, di fronte a uno scoglio più grande di loro. Che si tratti di un atollo sperduto nell’oceano o della prospettiva di dover convivere distanti, tra mutui e scadenze, insomma, sempre di sopravvivere qui si sta parlando.

Stefano Bonazzi

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Un naufragio

Daniele Pasquini

SEM

17,00 euro — 192 pagine

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