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Marco Franzoso anteprima. La lezione

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È un thriller serrato e sorprendente questo La lezione, nuovo romanzo di Marco Franzoso che esce oggi da Mondadori, con il quale l’autore conferma in pieno la sua vena raffinata e allo stesso tempo terribilmente efficace. Un nuovo viaggio tra quotidianità e follia, in uno sprofondamento in quei meccanismi che fanno della realtà di tutti i giorni una bomba a orologeria. La protagonista, che conduce una vita di routine lavorativa e un’esistenza apparentemente perfetta, si trova a dover gestire qualcosa di proverbialmente esplosivo: la rabbia repressa. Fino a quando un evento è destinato a far cambiare l’andamento stanco e preordinato della sua parabola esistenziale. E che la parà “esplodere” e a lottare. Anticipiamo qui un brano del libro, grazie alla casa editrice, e torneremo a parlarne a breve. 

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Fabio De Angelis. Quarantanni, alto, spalle imponenti, leggermente sovrappeso. Occhi piccoli, troppo vicini. Un naso pronunciato contro gli zigomi squadrati. La fronte ampia e il mento sottile, appuntito. Un volto da rettile. Si è seduto davanti a me stringendo una sigaretta spenta tra le dita. Ci giocava. Ne aveva fumata una prima di entrare e laria è stata invasa da un fastidioso odore di fumo stagnante nellalito e nei vestiti. Una puzza soffusa che sapeva di lana umida e infeltrita.

«Buongiorno, Fabio, come va?»

La voce accogliente di chi ha piacere di vederti.

«Avvocato…»

Mi ha restituito unespressione che voleva risultare affranta e sofferente. Nemmeno De Angelis quel mattino riusciva a trovare le parole. Le ha trovate.

«Male.»

«Non dica così.»

«Mi è crollato il mondo addosso.»

Si iniziava sempre allo stesso modo. Il bisogno di farsi commiserare. Ma quel mattino Fabio De Angelis aveva evitato ogni preambolo. Vista la sua situazione non cera tempo per i preamboli. Ho raccolto. Quella recita faceva parte del lavoro, lo sapevo io e lo sapevano gli assistiti. Ho cercato una voce suadente e comprensiva.

«È importante stare su. Vince chi resiste.»

Le parole di unamica. Qualcuno che ti sprona a non mollare e intanto ti indica la strada.

«Non so più chi sia quella donna.»

Si è infilato la sigaretta in bocca. Ha aspirato a lungo.

«Mi sembra di aver sbagliato tutto.»

Ha guardato la sigaretta, ha alzato gli occhi su di me.

«La verità è che sono troppo buono e alla fine pago sempre

io.»

«Mi dispiace, Fabio.»

La prassi del buon avvocato: far sentire che provi qualcosa per lui, una persona prima che un assistito.

«Essere sbattuto fuori di casa. La sera a letto guardo il soffitto da solo. Mi dispiace per i bambini.»

«Loro soffrono. Gli stia vicino.»

«Questa settimana non me li ha fatti vedere.»

«Sua moglie non può farlo.»

«Questo fa, e nessuno le dice niente. Tanto sono sempre i maschi a sbagliare.»

«Farò istanza al giudice.»

Mi sono presa una pausa per dare importanza a ciò che avevo appena detto, mentre De Angelis non smetteva di stuzzicare la sigaretta. Se avesse continuato così l’avrebbe spezzata.

Ho guardato il ficus alle sue spalle. Le foglie cadute intorno al vaso sembravano soldatini sparsi sul campo di battaglia.

Sono tornata professionale. Determinata. Efficiente.

«La strategia è tenere duro e spingere sua moglie a compiere

errori.»

«Nessuno pensa mai a quanto soffriamo anche noi.»

Cercava complicità. Alcuni clienti pensano di avere il diritto di chiedere tutto al proprio avvocato. Consulenza legale, ma anche commiserazione, sostegno, simpatia. Tutto compreso nel tariffario, senza contare che da De Angelis non avevo ancora visto un euro.

«Ci vuole pazienza.»

Non ascoltava più. Voleva che alzassi il tiro. Con lavvocato della controparte, con la giustizia in generale, col mondo.

Non lho fatto.

«Fabio, capisco come si sente, ma…»

Non mi ha lasciata parlare. È diventato serio. Preoccupato. Deluso. Stava pensando.

«Forse ho fatto male a rivolgermi a lei, avvocato. È una donna, e voi donne fate sempre…»

Eccolo. Ho intrecciato le dita e appoggiato le mani sul tavolo: ascolto, disponibilità, attenzione. Ma anche fermezza. Sapevo dove voleva arrivare.

«Cioè, mi capisce, dai, cristo…»

Avrei potuto alzarmi, dirgli che, se non si fidava, non aveva che da saldare lonorario e andarsene da unaltra parte, nessuno lavrebbe trattenuto. Sono rimasta impassibile. Sorriso professionale di circostanza.

«Non dica così.»

Il tono più pacato che ho potuto.

«Un giorno vado a casa e le insegno io come va il mondo, a quella troia.»

Ci eravamo arrivati. Individuato il nemico, si tratta solo di annientarlo. Tanto più se è l’ex con cui ci si era promessi eterno amore. Allora diventa uno scopo di vita.

«Non dica così.»

«Ha capito?»

«La prego, Fabio.»

«Le ho sempre dato tutto e cosa ci ho guadagnato?»

«Non lo deve pensare, si calmi.»

«Mi dovrei calmare?»

«Con me può sfogarsi, ma non deve fare questi pensieri.»

«Mi sta rubando tutto. Devo stare in silenzio come un coglione?»

«Non intendevo questo, ci sono io.»

Faceva paura quando aveva quella faccia.

«E la giustizia?»

Niente lo poteva fermare.

«Cosa intende, Fabio?»

«Eh?»

«No, dico, cosa intende?»

Ha alzato la voce, a breve sarebbe finito fuori controllo.

«Dove cazzo è finita la giustizia?!»

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