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Marco Vichi anteprima. Non tutto è perduto. Un’avventura del commissario Bordelli

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È un commissario Bordelli sessantenne e pensionato il protagonista di Non tutto è perduto, libro di Marco Vichi che esce oggi da Guanda nella collana “Guanda Noir”. Ci sono sempre la bella Eleonora e le cene della Confraternita, ma l’atmosfera si è fatta malinconica per Bordelli, impegnato a pensare al passato ma, anche, a provare a risolvere un caso rimasto irrisolto durante la sua brillante carriera.

Il caso è quello del figlio di un industriale fascista ucciso a coltellate nel 1947, con cui Bordelli si era misurando proprio all’esordio della sua carriera.  Tra una lunga passeggiata in collina e l’altra, Bordelli decide di risolvere il caso, anche se non ufficialmente. Le cose, poi, si complicano quando decide di mettersi a disposizione di Piras, diventato intanto vice commissario, impelagandosi in due orribili crimini che chiedono giustizia. Bordelli torna in strada. 

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Entrò in cucina e appoggiò la scatola sul tavolo. Quell’orso bianco di Blisk stava bevendo a tutto spiano, doveva essere appena tornato da una delle sue escursioni misteriose.

«Che hai fatto, Blisk? Hai mangiato le acciughe sotto sale? » disse Bordelli. Riempì una zuppiera con l’acqua del rubinetto e ci mise dentro i carciofi, come fossero fiori. Il cane venne a salutarlo solo dopo aver finito l’acqua e gli strofino` il muso sui pantaloni, scodinzolando. Bordelli riempì una bottiglia e la svuoto` dentro la sua ciotola. Era l’una passata. Con una certa apprensione provo` a cercare Eleonora a casa, ma non rispondeva, doveva essere per strada. Si preparo` un piatto con prosciutto e salame, pulı` due carciofi, taglio` due fette di pane, aprì una bottiglia di rosso dei Balzini e porto` tutto nella stanza del televisore.

«Blisk, vieni a fare compagnia a un povero pens…? » Che palle, basta con quella tiritera. Doveva cancellare la parola «pensionato » dalla sua mente. Blisk arrivo` ciondolando, e si lasciò andare per terra. «Non è che lavori troppo? » Accese il Majestic e si sedette comodo. Già che c’era voleva vedere il telegiornale, di giorno non ci riusciva quasi mai. Guardò gli ultimi minuti delle comiche di Charlot, poi cominciarono le notizie. Oltre alle solite noiose faccende sulla crisi di governo e sul voto di fiducia, che non riuscì a seguire più di tanto, parlarono del lancio dell’Apollo 13, annunciato per quella sera verso le otto ora italiana. Terza missione americana verso la Luna. Ormai quel tragitto sembrava la via dell’orto. Gli uscì un sospiro, e mandò giù un sorso di vino.

Ogni volta che pensava a quei viaggi nello spazio avvertiva un certo smarrimento. La Terra e il sistema solare galleggiavano dentro un «contenitore» smisurato ma delimitato, o esisteva davvero lo spazio infinito? Cioè, se si viaggiava alla velocità della luce in una sola direzione, non si arrivava mai a un confine? Era impossibile da concepire, e il solo pensiero lo metteva in difficoltà e gli faceva girare il capo. In quella immensità il mondo era più piccolo di un bruscolo, di un granello di polvere, della cispa di una formica… Doveva smettere di pensarci. Finì di mangiare, spense il televisore e portò i piatti in cucina. Provò di nuovo a chiamare Eleonora, e quando sentì alzare il telefono provo` sollievo e agitazione insieme.

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