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Massimo Cassani anteprima. Nonostante le apparenze

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All’inizio c’è un’auto che corre per le strade di Milano. E poi, quando l’auto si ferma, due personaggi che parlano: un uomo e una donna. Si salutano, rimane sospesa tra i due l’idea, per l’uomo, di scrivere un romanzo che racconti i fatti della notte che sta per finire, insieme a quelli che l’hanno preceduta. Quei fatti saranno poi il materiale di cui si compone Nonostante le apparenze, il nuovo romanzo di Massimo Cassani in uscita per l’editore Arkadia.

Abbandonata ormai da tempo la fortunata serie del commissario Micuzzi, Cassani ha trovato la sua dimensione in una narrativa che, pur conservando una forte componente di mistero, poco e niente ha a che fare con le forme del giallo classico. Sono, quelle di Cassani, storie che muovono da vite in apparenza spiegate e prive di segreti, vite ordinarie che rivelano d’improvviso insospettate zone d’ombra.

Il protagonista di Nonostante le apparenze si chiama Pietro Delleri e di mestiere produce e realizza documentari. L’avvio del romanzo lo coglie in un inconsapevole momento di transizione: la sua vita è lì lì per prendere una direzione inaspettata. Evento scatenante sarà l’incontro con Giulia, psicologa quarantenne, nipote dello scrittore Ettore Federico Bacca, scomparso senza lasciare traccia dieci anni prima. Proprio a Bacca è dedicato uno dei documentari che Rai Storia ha commissionato a Pietro, parte di una serie dedicata a grandi scrittori italiani dimenticati.

Quello che a un primo sguardo potrebbe sembrare il racconto di una ricerca, l’inseguimento, per così dire, dello scrittore scomparso, si rivela in realtà essere tutt’altro. Ciò che Nonostante le apparenze mette in scena è soprattutto la ragnatela di rapporti di cui la vita di Pietro è fatta. Il rapporto con la moglie Eva, innanzitutto; poi quello con Giaco, socio e migliore amico; e poi, via via, quello con suo padre, con Giulia, appena conosciuta, con Emma, vecchia amica ritrovata per caso. Ecco, il modo in cui tutti questi personaggi si incontrano e si scontrano, legati l’un l’altro da sotterranee e imprevedibili coincidenze, è il vero motore del romanzo. La scomparsa di Bacca, il mistero che quella scomparsa racchiude, è solo il sottofondo, il filo che attraversa l’intero racconto senza mai diventare davvero centrale.

Consumato conoscitore delle astuzie romanzesche, dei meccanismi che intrappolano il lettore in una storia, Cassani ha confezionato un romanzo teso e denso, sorretto da una prosa semplice, priva di inciampi, e da un grande, grandissimo senso del narrare.

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25 settembre 2012.

Lo scrittore Ettore Federico Bacca quella mattina si era alzato molto presto.

Giulia, la nipote – abitava a Milano e avrebbe dovuto incontrare lo zio il giorno successivo, per pranzo –, dichiarò che si erano dati appuntamento poco prima di mezzogiorno a casa sua, nel quartiere di Casoretto.

Bacca sarebbe sceso in treno a Milano la sera precedente – le aveva detto –, avrebbe dormito nella vecchia casa di famiglia sul Naviglio della Martesana e, dopo mangiato, sarebbe rientrato in paese, un piccolo centro sulle Prealpi, poco meno di un migliaio di abitanti. Si era trasferito lassù agli inizi degli anni Settanta, dopo la pubblicazione del primo romanzo – Lo zaino vuoto – e il matrimonio con la moglie Chiara.

Dopo un silenzio durato fino al 1973, ricominciò a pubblicare circa un romanzo ogni due anni e tutti di ottimo o buon livello letterario, stando alla critica, e di discrete vendite, quel tanto che gli consentivano di vivere. Uno – Re senza regine, pubblicato nel 1975 – era stato anche oggetto di trasposizione cinematografica. Nessuna apparizione in pubblico, pochissime le interviste (tutte telefoniche); chi aveva seguito la carriera dello scrittore lo aveva definito “timido”, “riservato”.

Delle sue apparizioni televisive si conservano un breve filmato della rai, datato 1969, e uno per la Televisione della Svizzera Italiana, quasi quarant’anni dopo, nel 2008.

La prima intervista era stata registrata nello studio della vecchia casa sulla Martesana, l’altra nel grande parco della villa inizi Novecento – di proprietà della moglie Chiara – in mezzo al verde, sotto un gazebo di ferro battuto.

L’intervista per la rai è dedicata alle polemiche che il primo romanzo aveva suscitato: la visione critica della Resistenza e la descrizione della vita sessuale di un sacerdote di provincia avevano atti- rato sull’opera la disapprovazione, anche feroce, dell’intellighenzia marxista e del mondo cattolico; nonostante ciò – o forse proprio in virtù di ciò – il romanzo aveva venduto bene ed era stato tradotto e pubblicato all’estero, regalando a Bacca una notorietà improvvisa.

Per primo era stato il “Corriere della Sera”, guidato dall’allora neodirettore Giovanni Spadolini, a dare visibilità al romanzo e a ospitare – non senza furbizia – il dibattito che ne era scaturito.

La seconda intervista televisiva invece fa parte di un servizio più ampio – di carattere storico e di costume – dedicato agli incontri pugilistici a Milano negli anni Sessanta. Bacca racconta di aver con- dotto, a inizio carriera, una sorta di inchiesta e raccolto materiale sull’argomento per un progetto di romanzo mai realizzato: palestre, personaggi, ring intossicati da scommesse clandestine, piccoli eroi tutti muscoli e fame di riscatto.

Nel vecchio filmato della rai, Bacca appare intimorito; seduto dietro la scrivania dello studio, con alle spalle una libreria carica di volumi, risponde alle domande con voce incerta, sfuggendo con lo sguardo l’occhio della telecamera. Di sé dice poco, di amare la solitudine, i libri, soprattutto i

Foto: Dario De Andrea

classici, e racconta di abitare lì da solo, nella casa dei genitori, mentre le mani tormentano un pacchetto di sigarette morbido, non si legge la marca, ma si può dedurre siano Gauloises, le sue preferite. A fatica riesce a spiegare le motivazioni sottese al romanzo che stava infuocando le pagine culturali di quotidiani e riviste, e animando i cenacoli letterari. L’impressione è che avesse scritto il libro senza finalità ideologiche o velleità trasgressive e ora si trovava a gestire una situazione troppo pesante per il suo fisico minuto, barricato dietro la scrivania come se fosse quello di un bimbo malnutrito il primo giorno di scuola. Il viso è affilato magro, gli occhi enormi spersi, le orecchie grandi, le mani ossute; ha ventotto anni, ma ne dimostra meno, i capelli neri sono tagliati cortissimi; indossa una giacca scura troppo grande e una cravatta chiara a tinta unita, il nodo piccolo. Dalla laurea fino a quel momento aveva insegnato come supplente.

Al termine dell’intervista, Bacca si concede un sorriso tenue e ringrazia, finalmente guardando dritto nella telecamera. Ringrazia come un reo pentito può ringraziare il boia.

L’intervista non fu mai trasmessa.

Di tono differente il filmato del 2008. Il dialogo fra l’intervistatore e Bacca è inframmezzato da ampie inquadrature del vasto parco piantumato a tigli, betulle, pini silvestri e qualche insospettabile palma, colorato da ortensie blu e rosa come pennellate buttate lì a caso sul verde del prato. In fondo, verso il cancello, si scorge in prospettiva un viale costellato di rose. La villa, un po’ decadente, è impreziosita da una bella veranda chiusa da vetrate, con due poltrone e un divanetto di midollino, e sulla sinistra da un bow-window in stile vittoriano. La macchina da presa indaga tutti questi dettagli consegnando così, all’archivio della televisione, l’unica testimonianza dell’habitat in cui Bacca aveva deciso di vivere.

In questo filmato lo scrittore è ben diverso da quello che lo vede quasi scomparire nelle inquadrature del 1969: il viso è più pingue, i capelli sono del tutto imbiancati, solo gli occhi un po’ sfuggenti – annacquati – denunciano l’antica timidezza degli esordi. Parla di come ha conosciuto il mondo dei ring offrendo una narrazione in bianco e nero in una cornice che pare ispirata a Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori.

Bacca tiene a precisare di non aver nostalgia di quella Milano – «Non si viveva bene», dice, «se non si avevano i soldi o un buon la- voro» –, della nebbia, dello smog delle ciminiere, degli appartamenti mal riscaldati o addirittura gelidi, dei servizi igienici sui ballatoi. Ne parla come di una realtà vissuta e subita prima che il successo del primo romanzo lo strappasse alle rive della Martesana per regalargli il buen retiro in quella villa soffocata dal verde prealpino.

I primi giorni di quel settembre 2012 erano stati piovosi, il naviglio era gonfio scuro; le prime foglie ingiallite, rami, bottiglie e qualche sacchetto del supermercato galleggiavano sul tappeto sommerso e fluttuante dell’erba coltellina. Possiamo immaginare Bacca uscire dal bagno dopo essersi rasato, andare in camera, indossare pantaloni, camicia e giacca; aprire la finestra per scrutare il cielo, valutando la direzione delle nuvole.

Del suo viaggio a Milano fu testimone il tassista che lo aveva accompagnato la sera prima dalla villa alla piccola stazione ferroviaria della valle; lo scrittore aveva prenotato la corsa due giorni prima e aveva preso il treno delle sedici e zero quattro. Il tassista l’aveva visto salire sul convoglio e si era fermato davanti alla stazione, con la schiena appoggiata alla portiera dell’auto, fumando una sigaretta in attesa del treno proveniente da Milano. Sempre in taxi Bacca aveva raggiunto la casa sulla Martesana dalla Stazione Centrale di Milano verso le diciotto e trenta. Al termine della corsa lo scrittore aveva discusso – «Non animatamente», così raccontò il conducente del taxi – sul resto. Aveva un ombrello e una piccola valigia beige molto leggera, il tassista l’aveva sollevata per riporla nel bagagliaio dell’auto e poi l’aveva ripresa, una volta arrivati a destinazione.

Non è noto se e dove abbia cenato quella sera. Nessuno fra i gestori di trattorie o bar nei dintorni ricorda di averlo servito. Nella casa il frigorifero era vuoto, la spina staccata, niente cibo in dispensa, forse lo scrittore aveva saltato la cena, ma anche questa circostanza, fra le altre, è una semplice supposizione: in cucina non furono trovati resti di cibo, neppure nella pattumiera sotto il lavello. La piccola valigia beige era stata abbandonata sul letto, conteneva soltanto un sacchetto di plastica trasparente con dentro la biancheria sporca.

Verso le ventuno e trenta Bacca aveva chiamato la nipote da una cabina, dalle parti della fermata metropolitana di Turro, una telefonata breve di neppure un minuto.

L’ultima persona ad averlo visto fu la donna incaricata di fare le pulizie una volta al mese e di aerare i locali: abitava poco distante e l’aveva incontrato la mattina presto davanti al portone, ma lui non l’aveva notata; si era incamminato ingobbito, rasente ai muri delle case, senza valigia, solo con l’ombrello. Pareva di fretta. Verso le otto meno un quarto la nipote aveva ricevuto una nuova telefonata dallo zio: le aveva detto di aver avuto un impegno improvviso in pa- ese e doveva tornare. Non era entrato nei dettagli. Da quella mattina Bacca non fu più trovato.

Era il giorno del suo compleanno.

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Massimo Cassani, Nonostante le apparenze, Arkadia, 2023, 232 pagine, 16 euro

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