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Matteo B. Bianchi anteprima. La vita di chi resta

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I vampiri restano bloccati al momento del morso. Infettati dal morbo, non possono superare la notte in cui, vivi, si tramutano in non morti.

Allo stesso modo, chi ha subito un trauma di quelli che ti segnano fino a rimodellarti il viso, fino a tramutarti in una creatura diversa, chi ha dovuto raccogliere il corpo di una persona amata, rimane bloccato a quel momento. Non esiste un modo per superarlo. Alcuni riescono a reinventarsi una vita, ad essere di nuovo felici, persino, ma qualcosa li riporta sempre al momento in cui sono stati costretti a cambiare forma e a diventare sopravvissuti.

Matteo B. Bianchi ha trovato il suo ex ragazzo, l’uomo con cui ha condiviso la vita, impiccato in quella che era stata la loro casa.

«…Quando torni» gli ha detto al telefono S., «io non ci sarò già più».

Si erano lasciati da tre mesi e quella sembrava solo un’informazione. Credeva che sarebbe passato a prendere le sue cose e nient’altro. Invece Matteo trova il corpo di S. appeso ad una corda e dopo, quando comincia a vedere i contorni dell’onda che lo ha travolto, diventa un non morto.

La vita di chi resta, edito da Mondadori è una radiografia. Il corpo del sopravvissuto viene come sollevato e osservato in controluce. Quello che il lettore può scorgere è il dentro in ogni suo più piccolo particolare. È esploso, Matteo, anche se non sembra e ogni singolo pezzo diventa questa raccolta di foglie cadute dall’albero ormai spogliato dai sentimenti.

Matteo Bianchi si muove seguendo una linea cardio-logica, alternando ricordi di quando stavano insieme ad altri di quando S. non era già più.

Ci sono anche citazioni di altri romanzi, perché questa è una ricerca verso la consolazione e poi verso il superamento.

L’ipotesi narrativa è quella di creare una scialuppa. Matteo dice che un libro come questo lo avrebbe voluto avere tra le mani, quando vagava come incosciente in cerca di risposte e consolazione.

Andava dai maghi, anche se non era mai stato credente. Andava dai medici e non trovava risposte. Quello che avrebbe voluto era parlare con qualcuno che ci era passato, fare domande a chi era in grado anche solo di concepire un dolore tanto efferato.

Interessante è il racconto del libro editato. Aveva scritto un libro, Matteo. Nove anni prima. Parlava di quando era ragazzo e di quando aveva trovato S., si erano fidanzati ed erano felici. Dopo nove anni il libro aveva trovato un editore ed era stato chiamato a parlarne, presentarlo. Matteo viene interrogato su S., alle presentazioni le curiosità sono tante e chi arriva, chi vuole la sua copia, vuole anche una fetta di vita, un chiarimento e diventa difficile spiegare che S. è vivo solo in quelle pagine, che nel frattempo la storia era finita e lui si è tolto la vita.

Esiste una discrepanza temporale che intercorre tra la vita e il vissuto, di cui l’opera è la cristallizzazione, ma questo il lettore non lo sa.

La vita di chi resta, forse sarebbe potuto durare di meno. Non è lungo, 250 pagine, ma a volte si ha la sensazione che si attorcigli un po’ su se stesso. È un’opera di scavo, questa, e l’autore ripercorre i corridoi di un antico labirinto. Ritorna sui suoi passi ogni volta che si perde, illumina le stanze del suo passato e cerca nuovi particolari, spiegazioni, come un detective ossessionato che torna sempre sullo stesso luogo incapace di accettare che, a volte, non ci sono assassini, ma solo vittime e non ci sono grandi spiegazioni e bisogna accettarlo anche se questa, come risposta, ci lascia ancora più impotenti.

Il tempo passa, alla fine, molto. Anni. Matteo trova il modo di essere felice, ma è ancora un sopravvissuto, lo sarà sempre. Non ha più il volto scavato, lo sguardo assente, le sclere sanguinolente, forse neppure più i canini affilati e non succhia più il sangue dai ricordi, ma è ancora un sopravvissuto. Questo libro lo dimostra.

Pierangelo Consoli

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Se scrivo questo libro è anche perché avrei voluto leggere io allora un libro così, sul dolore di chi resta.

Ma scriverlo significa anche porsi nuove domande, cerca-re altri confronti. Ripenso al senso di isolamento e solitudine che provavo allora e mi rendo conto che affrontare un per-corso simile oggi sarebbe molto diverso, che basta andare in rete per trovare centinaia di referenze nei campi più diversi.

Questo mi porta anche a chiedermi se avrebbe senso cer-care adesso alcune delle forme di conforto che avrei tanto voluto allora, sebbene non ne abbia ormai più un bisogno pressante.

La cosa che mi è mancata più di ogni altra è forse l’uni-ca che potrebbe ancora aver senso ricercare: la condivisio-ne con altri che abbiano vissuto lo stesso trauma, persone che possano comprendere il senso preciso e unico di que-sta forma di strazio.

Un gruppo di autoaiuto specifico per parenti di suicidi.

Esisterà?

Anche nella profusione di risorse digitali disponibili, tro-varlo non si rivela immediato. Mando diverse mail, faccio telefonate, vengo indirizzato da un referente a un altro.

Trovo vari gruppi di sostegno per parenti in lutto, ma nes-suno è dedicato in maniera specifica ai familiari di suicidi.

Mi segnalano il nominativo del coordinatore di uno di que-sti gruppi, in Emilia, che è lui stesso parente di un suicida. Rie-sco a ottenere il suo numero di cellulare. Si chiama Nicola. Gli telefono, gli racconto chi sono e del libro che sto scrivendo, gli chiedo se abbia voglia di incontrarmi per raccontare la sua esperienza. Lui è piuttosto freddo e reticente, almeno al cellu-lare, ma accetta. Ci accordiamo per vederci verso fine mese.

Intanto, la ricerca del gruppo specifico prosegue, finché lo individuo.

Ne esiste uno solo, all’apparenza. A Padova.

Gli incontri sono a cadenza settimanale.

Chiamo il numero della sede e chiedo di poter parteci-pare almeno ad alcune sedute. La responsabile, gentile, mi spiega che deve sottoporre la questione al gruppo e che mi farà sapere. Dopo qualche giorno, mi comunica che solo una parte dei partecipanti è disposta a incontrarmi. Cerchiamo di fissare una data.

E lì accade l’imponderabile. Esplode in Italia l’emergenza per il Coronavirus, viene annunciato il lockdown, la chiu-sura totale.

Una realtà spaventosa e urgente si inserisce nella mia tar-diva elaborazione del lutto.

Un messaggio del cosmo: cosa importa del tuo trauma lontano, ora ce ne sono altri urgenti da affrontare.

Il presente cerca di togliermi senso.

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Matteo B. Bianchi, La vita di chi resta, Mondadori, 2022, Pp. 252, euro 18,50

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