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Matteo Meschiari: Dispacci dall’Antropocene #3

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Un libro può essere letto in molti modi, ad esempio per cercare risposte ad alcuni perché, ma c’è poco da fare se il Reale bussa alla porta e nessuno, nel libro, va ad aprirla. Non si tratta di realismo contro letteratura fantastica, ma di Escapismo, come quando una casa del quartiere sta bruciando e i vicini preferiscono tirare le tende e sedersi sul divano davanti a un buon film. Escapismo ed Estinzione sono facce della stessa medaglia, l’Estinzione genera Escapismo, l’Escapismo nega l’Estinzione. Il guardiano notturno di Louise Erdrich, premio Pulitzer 2021, è un libro sull’Estinzione, quella delle First Nations americane, e un antidoto contro l’Escapismo, quello del mondo contemporaneo di fronte al Reale che sta bussando. La storia è ricca, complicata, piena di personaggi, luoghi e mondi interiori tagliati nelle pietre dure di una scrittura epica, ma il messaggio è la risposta concretissima a una domanda epocale: come ci si salva dall’estinzione? Le strategie dei Nativi americani sono articolate, disperate, dalla battaglia legale alla magia, dalla rilettura geografica del mondo alla resistenza culturale minoritaria. Ma resistere, negli anni Cinquanta del Novecento come negli anni Venti del “secolo antropocenico”, è questione di visione, e in questo senso il libro di Erdrich traghetta nell’Occidente egemone una disposizione alle visioni degli altri. Da un lato ci sono i medaglioni dei grandi filosofi e pensatori europei, dall’altro i frammenti vegetali e minerali della cosmopoiesi chippewa, da un lato c’è una metropoli intellettuale centrata sul progresso e sull’etica del fallimento, dall’altro un’Indian Reservation mentale che, anche se vince qualche battaglia sociale, perde la guerra spirituale dei tempi. In che modo allora le culture native possono insegnarci a resistere diversamente, a contrastare la grande estinzione cognitiva che ci attende? Il guardiano notturno, che racconta come Patrick Gourneau lottò e fece arenare la proposta di legge che voleva abrogare i trattati bilaterali con le First Nations, affida la scommessa sul futuro a molte immagini misteriose. Una di queste è il cavallo Picasso, “uno spettacolare pezzato bianco e marrone con una mappa del Nord America che si allargava sul dorso e sul garrese”. Una geografia immaginaria? Un animale-guida tra mondi diversi? Piuttosto, un progetto di lettura della realtà che comincia dalla periferia del mondo, dai vinti che non vogliono perdere.

Matteo Meschiari

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