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Matteo Meschiari. Dispacci dall’antropocene # 9

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Wilderness, Rewilding & Wrongness in the woods. Lo scioglilingua serve a ricordare tre paradigmi per chi vuol leggere, scrivere e lottare nei prossimi anni. Nella brodaglia della transizione green (quella nebbia cognitiva che invoca demoni chiamati Decrescita, Sostenibilità, Capitalismo ecologico, Ecofuturo) la verità sta da una parte sola: fuori. Nel Grande Fuori, dove si muore, dove i luoghi mordono come lupi, dove la cosiddetta Natura non è né madre né matrigna ma potenza aliena, incomprensibile, là fuori, nel Selvatico, c’è poco spazio per giocare con le parole e col destino della specie, bisogna prepararsi. Per la Wilderness ci sono Gary Snyder e Barry Lopez, sul Rewilding c’è George Monbiot, per la Wrongness in the woods bisogna leggere un romanzo, Ruthie Fear (2021) di Maxim Loskutoff. Non dobbiamo lasciarci distrarre: sì è la storia di una ragazzina che fatica a vivere in un mondo di uomini, sì sono i grandi spazi americani attaccati dalla speculazione neoliberista, sì ci sono i Nativi e i Redneck marginalizzati, ma il senso del libro è un altro, è la visione. Ruthie vede cose. In uno stormo d’oche in migrazione vede «una creatura che planava di mondo in mondo su correnti gravitazionali e in volo tra uno e l’altro, lentamente, era morta, spogliata della carne dalla potenza di mille soli». Un’altra volta, nel No-Medicine Canyon, un luogo di «ventimila anni di spiriti», vede «un essere piumato, che si diresse al torrente avanzando su due lunghe zampe allampanate con l’articolazione al contrario, come gli uccelli», ma il mostro è senza testa, è uno xenomorfo, una cosa sbagliata che non ha posto nelle coordinate terrestri. Allora Ruthie corre dal padre e glielo racconta, ma Rutherford chiude il sipario: «Quella cretina della tua maestra non te l’ha insegnato cos’è l’immaginazione? A sei anni non lo sai mica cos’è che vedi». Invece Ruthie ha visto il Futuro, il Mostro-Antropocene che si porta via luoghi e persone, che mette in soffitta le riflessioni filosofiche sulla Wilderness, che ride della poesia romantica del Rewilding, che fa della Wrongness la norma dei tempi. Loskutoff lo dice in modo strano, tra automatismo verbale, prevedibile, a volte sciatto, e visibilità spietata alla McCarthy, potente, indimenticabile. E il punto è tutto qui: chi oggi, leggendo, scrivendo, lottando, possiede davvero la visione? Chi, sui collassi del mondo, plana dall’alto come un’aquila di mare?

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