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Milo De Angelis. Linea intera, linea spezzata

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Mi hanno sempre attratto in modo irresistibile gli scrittori del Contrasto, forse ho amato solo quelli: Empedocle, Lucrezio, Tasso, Leopardi, Pavese, autori che non si limitano a

rappresentare un ossimoro (termine troppo tecnico per i miei gusti), ma che vivono, con se

stessi e il mondo, uno scontro frontale, sanguinoso, assetato di vita.

Questo dichiara nell’intervista Milo De Angelis, uno dei più grandi poeti viventi della nostra epoca e autore della nuova raccolta poetica mozzafiato pubblicata da Mondadori Linea intera, linea spezzata.

Poeta, scrittore, traduttore e critico letterario nato a Milano nel 1951, fin dalla raccolta d’esordio Le Somiglianze, pubblicata da Guanda Editore (allora diretta dal grande Giovanni Raboni), stupisce per la sua poetica nuova, rivoluzionaria rispetto alla scena italiana precedente – dominata da uno sperimentalismo neoavanguardista caratterizzato da una continua ricerca di dibattito ideologico e da un discorso artificioso a caccia di ogni possibilità di engagement –, rimettendo di nuovo al centro l’umano nelle sua concretezza e nelle sue domande esistenziali, attraverso uno stile che si distingue per un respiro breve, frammentario, in cui la parola si mescola al silenzio, rinforzandola, donandole solennità, potenza.

Parole chiave della sue otto raccolte poetiche – la seconda pubblicata da Einaudi e le successive da Mondadori – sono le parole solitudine, perdizione, smarrimento, addio, oscurità, dolore. Sono infatti la drammaticità dell’esistenza e la sete insaziabile di vita i temi fondamentali della sua produzione, e che anche in questa raccolta emergono attraverso i dettagli della realtà milanese, ma con una prospettiva nuova.

La citazione che costituisce il titolo della raccolta, Linea intera, linea spezzata, è un’espressione presente nell’I Ching, antichissimo libro sapienziale cinese frequente è l’influenza della cultura orientale nella produzione poetica di De Angelis, che colpisce per quel modo semplicissimo e lampante di definire la vita umana: una linea, una pura linea che prosegue fino all’attimo in cui si spezza e interrompe il suo cammino.

E infatti nella raccolta, in una Milano contemporanea descritta nei suoi minimi particolari quotidiani, De Angelis svela anime spezzate, che vivono e non vivono camminando su un filo sottile, sottilissimo di speranza, fino a morire, decidendo di togliersi la vita.

Tu entri nella galleria degli specchi e sei solo, nessuno di aspetta all’uscita, /sei solo e

guardi fuori la forza degli ippocastani, / […]disegni sul vetro l’antica vicenda di corpi

affondati/nelle acque dell’Idroscalo, l’amore che smarrisce/la sua strada la notte che ti scruta e ti attende. […]

E tu ora cerchi/i corpi concretissimi sparsi nelle strade/ di questa terra, li cerchi disperatamente/ e ora tornano tutti qui, bussano alla quiete mortale di questo albergo dove brillano quaranta pastiglie.

È così che Milo De Angelis descrive in Linea intera, linea spezzata l’umanità “nel dedalo/ delle sue piccole convulsioni” in una quotidianità opaca, inquieta, muta, attraverso composizioni che diventano ancore in cui raccogliersi nel mare in tempesta che è la vita, in cui riscoprirsi come esseri soli e sbriciolati, senza quasi più un’anima, ma che (ed è proprio il ma la particella che nelle sue poesie segna il passaggio tra realtà apparente e realtà profonda, rendendo il senso forte del contrasto che abita l’esistenza) allo stesso tempo cercano invano un senso, una via di uscita, una pace.

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