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Neil Perkin. Agile transformation. Sopravvivere, svilupparsi e competere nell’era digitale

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L’impatto delle tecnologie digitali ha creato in innumerevoli modi un clima di dinamiche competitive e di consumo in rapida evoluzione, di maggiore imprevedibilità e con sempre nuovi operatori che destabilizzano il mercato, ciò nonostante molte aziende rimangono bloccate.

Bloccate da modi di lavorare obsoleti che impediscono di muoversi velocemente. Da strutture nate in un’altra epoca che ostacolano l’agilità e la collaborazione orizzontale. Da processi che rendono difficile, se non impossibile, un’innovazione coraggiosa. Da culture che premiano il conformismo e lo status invece dell’imprenditorialità e dell’originalità. Da impostazioni che esaltano l’efficienza più dell’apprendimento.

Le strutture attuali e i modi di pensare dominanti sono l’eredità di un ambiente molto differente e non sono più idonei nel mondo attuale. Ogni tipo di azienda ha, secondo l’analisi condotta da Neil Perkin, l’urgente necessità di trasformarsi per diventare molto più flessibile e reattiva di fronte alla rapidità del cambiamento.

Negli ultimi anni, l’esperienza del cliente è al centro dell’attenzione per le organizzazioni dei settori più disparati. Poiché sempre più prodotti diventano servizi e anche i beni fisici vengono arricchiti dall’interazione di servizi guidati da software, l’attenzione operativa di molte organizzazioni si sta spostando dal rendimento della catena del valore a ecosistemi di valore in cui l’esperienza del cliente diventa una componente cruciale.

Sottolinea l’autore come l’attuale trasformazione digitale e aziendale sia ben lungi dall’essere un processo lineare con un inizio, una parte centrale e una fine. La traiettoria dovrebbe invece essere orientata verso la creazione di un nuovo tipo di organizzazione che è, di per sé, progettata intorno al cambiamento continuo e alla capacità di rispondere a contesti in rapida evoluzione.

La trasformazione agile mette le persone al primo posto, la tecnologia al secondo. Ma questo non deve sminuire l’importanza di dati e tecnologia come fattori catalizzatori di agilità e cambiamento. Perkin consiglia alle aziende di riflettere sulle risorse a loro disposizione e sulle strategie tecnologiche non solo rispetto alle capacità di cui hanno bisogno al momento ma anche e rispetto a ciò di cui avranno bisogno in futuro.

È molto importante che le persone riconoscano il senso del loro lavoro, così come è molto dannoso che non capiscano lo scopo di quello che fanno ogni giorno. Quando il personale è consapevole del risultato del suo lavoro, quando sa di creare un valore reale e tangibile, quando può constatare progressi visibili nell’apprendimento e nei risultati, i dipendenti si sentono più motivati, sono più produttivi e sono più soddisfatti.

Il bullshit jobs è una forma di lavoro retribuito che è così completamente inutile, superflua e perniciosa che nemmeno i lavoratori possono giustificarne l’esistenza anche se, come parte delle condizioni di impiego, i lavoratori si sentono obbligati a fingere che non sia così.1

Graeber la considera una grande tragedia. Una situazione che genera risentimento e persino una rabbia silenziosa tra il grande numero di persone che lavorano duramente, più di quanto dovrebbero, svolgendo mansioni che segretamente credono non dovrebbero neanche esistere.

Per Perkin, esisterebbe una regola generale nella nostra società per la quale quanto più è evidente che un determinato lavoro va a beneficio di altre persone, meno è probabile che venga pagato bene.

Nonostante questo quadro tragico, le aziende si permettono di essere significativamente svantaggiate da dipendenti poco coinvolti e sotto-performanti, perché non riescono a dare un senso al lavoro del loro personale e a collegare il suo contributo a risultati visibili, al miglioramento delle prestazioni aziendali, al progresso e all’apprendimento.

Le aziende che riescono a coinvolgere pienamente il personale e a creare questa connessione possono beneficiare di un entusiasmo e di una motivazione che creerà un vantaggio autentico, idee migliori e risultati più creativi e produttivi.

Nella prefazione al libro, Marco Calzolari afferma che in breve si è passati dal considerare l’agile come strumento per identificare e risolvere un problema al ritenerlo un obiettivo per ottenere un successo a prescindere dalla quantità di esperimenti, tempo e sforzo necessari per ottenerlo.

L’unico componente in grado di affrontare efficacemente la complessità attuale delle aziende non è l’agile, sono gli esseri umani.

Toyota riuscì a sviluppare la vettura Prius rendendola disponibile sul mercato in metà del tempo solitamente considerato necessario nel settore automotive per il lancio di un nuovo modello. E ciò è stato possibile grazie al metodo obeya. I principi ispiratori dell’obeya, che derivano dalla filosofia lean, si possono ritrovare in agile.

Toyota ha avuto molto successo nel creare un modo sistematico di lavorare, coltivando la sua cultura del miglioramento continuo e incoraggiando il rispetto per le persone. I leader devono lavorare continuamente al proprio sviluppo, ma anche supportare e incoraggiare i membri del loro team a fare lo stesso.

Fujio Cho – presidente della Toyota – una volta disse: «prima costruiamo persone, poi costruiamo automobili».2

Ricorda Calzolari che, In Italia, la diffusione di agile ha attraversato essenzialmente tre fasi. Dalle aziende che realizzavano prodotti software si è passati all’estensione delle pratiche agili alle startup per giungere così alla terza ondata iniziata a partire dal 2015, all’incirca quando le grandi aziende di consulenza hanno pubblicato i primi casi studio sulle loro applicazioni di framework di agile scaling nelle multinazionali. Una fase ancora in divenire e che porterà alla successiva, più matura e consapevole delle reali potenzialità dell’universo agile.

Irma Loredana Galgano

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Neil Perkin, Agile transformation. Sopravvivere, svilupparsi e competere nell’era digitale, GueriniNext, Milano, 2023.

Edizione italiana a cura di Marco Calzolari.

Titolo originale: Agile Transformation. Structures, Processes and Mindsests for the Digital Age.

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1David Graeber, Bullshit Jobs, Garzanti, Milano, 2018.

2Tim Wiegel, Un nuovo modello di leadership per guidare team e aziende verso il successo, GueriniNext, Milano 2021.

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