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Olivier Mak-Bouchard. Il canto del Mistral

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Anima dell’uomo, come somigli all’acqua! Destino dell’uomo, come somigli al vento!

Mi torna alla mente questo verso di una celebre poesia di Goethe mentre ripenso alle pagine della nuova uscita Alter Ego, Il canto del Mistral, romanzo di esordio di Olivier Mak-Bouchard, pubblicato in Italia con l’ottima traduzione di Camilla Diez.

C’è un forte legame tra i quattro elementi naturali che permea l’intera narrazione, un legame custodito dalla terra e disvelato all’improvviso, a causa di una pioggia torrenziale che batte incessante per tutta la notte, portando alla luce misteriosi frammenti di ceramica. Da tempo non si assisteva a un temporale del genere, siamo in Francia, in una zona famosa per la sua arsura, luogo perennemente esposto alle bizze del Mistral, vento monello, inconsapevole dei danni che la sua irruenza può provocare. Soffio giovane e pestifero a cui basta poco per risvegliare la furia di un incendio e ricomporre la tavolozza. Ecco quindi l’arrivo del più temuto: il fuoco, indomabile, imprevisto seppur prevedibile, sciagura infame che minaccia di portar morte e sventura sui campi del Luberon. Elementi come entità, dunque, in questa storia ben lontani dall’espediente bucolico-new age di facile richiamo, bensì un tributo al classico, un parterre di divinità che in questa narrazione assumono forme antropomorfe debitrici di miti e leggende locali a cui l’autore si ispira ma di cui si diverte a reinterpretarne le gesta.

Olivier ce lo dice fin dalle prime righe:

«Se il lettore vuole capire come tutta questa storia è potuta accadere, non deve avere paura di andare indietro nel tempo. Se si limitasse alla realtà in cui è immersa ciascuna delle sue giornate rischierebbe di non cogliere il senso di tutto ciò che segue, o peggio ancora, di non crederci affatto. Al massimo potrebbe capire il come, ma gli sfuggirebbe il perché

Tocca quindi fidarsi, semmai affidarsi, alla voce narrante di un protagonista che come noi si trova inizialmente smarrito di fronte alla scoperta mostratagli dal rude vicino di casa Sécaillat. Nel campo di ciliegi a far da spartiacque tra le proprietà, un pezzo di muro è crollato rivelando la presenza di un pezzo di terracotta color verde oliva. Grattando nella terra ancora gravida di pioggia emergono nuovi frammenti di quella che potrebbe essere un’anfora, una lampada o chissà cos’altro. L’espediente è solo l’inizio per dar vita a una storia dai toni pastello che si diverte, come quello stesso giovincello indomabile da cui trae il titolo, a imbastire ponti tra il passato e l’odierno. Alla progressione degli scavi si alterna quindi la rievocazione delle bizzarrie divine, la storia di un’amicizia culmina in un’epopea della scoperta e la riuscita di questa fiaba moderna sembra star tutta in quest’adagiarsi virtuoso ai tempi e i modi di una penna dal piglio classico ma la fruizione contemporanea.

La prosa anacronistica di Olivier Mak-Bouchard si prende i suoi tempi: una danza discreta, elegantissima, mai invadente, con un andazzo degno dell’Ussaro, spalla felina dei protagonisti carismatica e onnipresente, di cui non sentiremo parola ma ne intuiremo gli intenti, mentre saltella sulle terre provenzali che mai come in questo caso riescono a destreggiarsi, svincolandosi con sinuosa eleganza dalle cartoline turistiche che negli anni ne hanno minato l’allure.

Il disvelamento di una rivelazione intrappolata nel calcare si fa quindi pretesto per indagare l’individuo nella sua più intima essenza. Che ci si possa riscoprire nello scoprire, forse è il messaggio implicito dell’autore o forse una semplice impressione di chi ora ve ne sta parlando, mentre ripensa al dono di un romanzo delicato il cui benevolo influsso sembra fatto degli stessi effluvi che compongono il tributo ferroso elargito dalla fonte calcarea.

Per farla breve, ci sono romanzi che hanno l’innata capacità di far star bene mentre li si legge. È un’alchimia che permea la parola e resta addosso, rendendo l’atto stesso della lettura una panacea a cui difficile sarà rinunciare fino al termine. Il consiglio sentito è quindi quello di affidarsi, fidarsi, come suggerito dall’autore stesso nelle prime pagine, a una storia che ha i contorni del sogno, approdando senza preconcetti in quel territorio di confine che germoglia tra argilla, limo e mitologia.

Stefano Bonazzi

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Il canto del Mistral

Olivier Mak-Bouchard

Alter Ego Edizioni

19,00 euro — 304 pagine

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