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Otto anni. Intervista a Jury Romanini

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Questa settimana per Le Tre Domande del Libraio su Satisfiction raccontiamo “Otto anni” di Jury Romanini, un vero “quisiscrivemale” della Collana di narrativa di Exòrma Edizioni, arrivato nelle nostre librerie soltanto venerdì 30 giugno.

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Jury, prima di intraprendere un viaggio tra le pagine di questo libro, ci racconti il tuo personale percorso nella scrittura, passando dal tuo esordio per LiberAria nel 2022 con “La forma della farfalla” e arrivando al tuo approdo nella casa editrice di Orfeo Pagnani e Maura Sassara?

Questa è facile. A un certo punto ho pensato: voglio vedere se sono capace di scrivere un romanzo intero. Avevo 34 anni e l’esigenza nasceva dal fatto che avevo scritto un sacco di cose ma erano tutti racconti brevi o inizi di possibili romanzi. Spesso si limitavano a poche pagine o al solo incipit. Quando ho avuto l’idea di Otto anni mi sono detto che era il momento di provarci. Ci misi più di un anno ma ci riuscii, avevo la mia prima bozza. Ero molto soddisfatto però sapevo che non era ancora presentabile. Per sistemarlo – che poteva voler dire anche riscrivere tutto da capo – mi sono iscritto al corso della Bottega di Narrazione di Giulio Mozzi. Poi è successo che una volta lì è venuta fuori un’altra idea, quella che poi è diventata La forma della farfalla mentre tutti i tentativi successivi di migliorare Otto anni naufragavano al primo capitolo. Non sapevo dove mettere le mani, avevo paura di toccare ogni parola e così finivo col perdermi al primo passo. Poi è arrivata Sara Ricci, editor di Exorma, che dopo aver letto La forma della farfalla mi ha chiesto se avessi altro. Dopo la pubblicazione non avevo più scritto neanche una riga, non avevo né idee né tempo. Ma avevo Otto anni. Con moltissima timidezza e pochissima fiducia le ho detto: ho solo questo ma dovrei lavorarci su… E niente: è piaciuto. Molto più di quanto avrei potuto sperare. In tre mesi, grazie alle indicazioni di Sara, Maura e Orfeo sono riuscito a sistemarlo, ampliarlo e riorganizzarlo. E oggi siamo qui.

La morte della compagna di una vita, lo smarrimento in un bosco, l’inseguimento di una gallina e quel viaggio alla ricerca di sé in un mondo parallelo. Vogliamo Jury raccontare nel dettaglio la trama del libro a partire da questo titolo esemplificativo,  “Otto anni”?

Avevo sentito questa notizia alla radio: nel giro di otto anni il corpo umano sostituisce tutte le proprie cellule. A velocità diverse, una cellula alla volta, gli organi, la pelle, i muscoli e tutto il resto, vengono sostituiti da una copia di sé stessi. In pratica, rispetto ad otto anni fa, è come se avessi, a conti fatti, un corpo “nuovo”. Da un punto di vista scientifico è ovviamente tutto più complicato ma l’immaginazione aveva iniziato a lavorare. Ho immaginato una coppia, due persone molto innamorate l’una dell’altro. Lei legge la notizia più o meno nello stesso momento in cui scopre di avere ancora soltanto due mesi di vita. Lei è un’artista, anche la sua immaginazione lavora, anzi, la sua immaginazione è il suo lavoro. Il giorno prima di morire chiede al marito di aspettarla. Otto anni, il tempo in cui il corpo che lei ha conosciuto, toccato e amato impiegherà, in un certo senso, a morire. A quel punto lui sarà libero di consegnare il proprio nuovo corpo a chi vorrà. La reazione di Aimo alla morte della moglie è la fuga. Finirà in un bosco dove incontrerà la gallina, una sorta di animale guida che gli consentirà di attraversare la soglia di un luogo che ha che fare con il tempo, la storia e l’umanità. Non ci sono tresche amorose, sotterfugi, tradimenti e situazioni da romanzo rosa. C’è però, secondo me, molto amore. In forme, spero, meno ovvie, o almeno meno scontate. Ho cercato l’amore nella morte con uno stile spesso ironico o comico per alleggerire i temi drammatici e ho usato molto la natura, gli animali, i paesaggi anche per raccontare i personaggi. Per farla breve potrei dire che Otto anni è un romanzo che parla, con tutta l’umiltà del caso, di materia e spirito o, nello specifico, di cellule e amore.

Un racconto, che come abbiamo potuto capire, è metafora di un percorso di vita e viatico necessario per superare le difficoltà del vivere. Ci porti nell’officina di lavorazione del libro, soffermandoti sull’aspetto formale dell’opera e le difficoltà nel trovare il linguaggio giusto per far emergere una storia dove la sofferenza lascia il passo alla comicità, la razionalità al sogno e l’oppressione alla leggerezza?

A parte La forma della farfalla ho sempre utilizzato l’ironia nei miei testi. Nel periodo pre-facebook ne pubblicavo tanti su un mio blog. Mi divertivo molto. Credo che l’ironia sia un ottimo strumento quando si vogliono attraversare i mondi. Ridere aiuta a superare i traumi e far passare concetti e idee altrimenti difficili da capire o da accettare. Otto anni non è un romanzo comico però credo che sia un romanzo divertente sebbene certi temi siano abbastanza duri. C’è un solo capitolo in cui chiudo la vena dell’ironia. L’ho fatto apposta perché in quel capitolo volevo che si sentisse la differenza, che la crudezza di quella storia nella storia facesse sentire la positività del resto del libro. In quel capitolo racconto di un altro luogo, un luogo che potrebbe essere il nostro mondo ma che non lo è o, almeno, non lo è ancora. C’è un po’ di magia, direi, nel libro, ma è come lo zucchero a velo sulla torta, se ne potrebbe fare a meno ma se lo metti fa tutto un altro effetto.
A proposito di ironia, un ultima cosa. Da quando ho finito la prima bozza, nell’estate del 2015, alla pubblicazione, sono passati esattamente otto anni…

BUONA LETTURA DI OTTO ANNI DI JURI ROMANINI

Antonello Saiz

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