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Perché mi sono fatto intervistare

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Tra i 18 e i 20 anni di età ho lavorato molto come cameriere: feste di compleanno, cene di gala, matrimoni erano gli eventi che mi davano da vivere mentre correvo tra un tavolo e l’altro vestito come un pinguino. Quando non dovevo sbarcare il lunario, scrivevo. Cercando notizie, come pubblicista esterno, da raccontare in prosa, per le pagine di un quotidiano di Salerno. Oggi, 22 anni dopo, quello stesso quotidiano (Le Cronache) ha affidato al bravissimo giornalista cilentano Arturo Calabrese il compito di intervistarmi. Abbiamo parlato del mio ruolo di libraio-scrittore, della libreria indipendente con cui collaboro ogni giorno qui in Terra di Lavoro, di alcune dinamiche legate al rapporto lettori vs romanzi e fumetti. Fa un certo effetto essere intervistati, eppure – oggi forse sempre di più – chi lavora con i libri e le storie deve pur dire qualcosa di necessario ai lettori. Se si legge poco, molto probabilmente, è colpa di chi i libri li racconta male. Come del resto, ribadisco, viene raccontato male il gesto della lettura. Ho provato a raccontarmi, anche attraverso i libri, con sincera passione. Spero vi arrivi un po’ di quella stessa emozione.

Ps e ricordate: leggete (e fate leggere) libri e fumetti, quotidiani e riviste, sempre. Il vostro cuore, e la vostra mente, ve ne saranno grati.

Mario Schiavone

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Libraio-Scrittore o Scrittore-Libraio: come si definirebbe?

Direi che sono un libraio che scrive storie. Viene prima il lavoro di sopravvivenza, dopo la passione che mi vede impegnato con l’arte di narrare. Anche se nel mio curriculum ho un Master Biennale in Tecniche della Narrazione conseguito alla Scuola Holden di Torino nel 2005, io non sono uno scrittore a tempo pieno. Quel privilegio appartiene a pochi autori in Italia. E come tanti altri scrittori svolgo anche un lavoro utile a sbarcare il lunario. Per mia fortuna: stare lontano dalla scrittura, mentre si fa altro, aiuta a trovare meglio le parole necessarie.

Poco più di dieci anni fa veniva pubblicato Binario 24, il suo primo racconto lungo apparso in formato cartaceo. Cosa è cambiato per lei, da allora?

Quando uscì Binario 24 ero giovane, e ancora più precario di adesso. Quel piccolo libro, pure se pubblicato da una realtà editoriale indipendente e a limitata distribuzione sul territorio italiano, portò molte soddisfazioni e tanta visibilità autoriale, che innescò collaborazioni future con altre testate. Come poi è accaduto, qualche anno dopo, con lo storico quotidiano L’Unità. E poco dopo per la rivista letteraria Satisfiction, di cui oggi sono un contributor interno. Non è cambiato molto da allora: o forse sì, forse sono io che mi applico con più professionalità alla scrittura allenandomi ogni giorno, senza aspettare che una rivista (o un editore) mi chiedano una storia da scrivere. Ora scrivo e basta, cercando di farlo bene (quando riesco) senza mai perdere il divertimento necessario. Come ho fatto quando ho scritto il mio ultimo libro: “ A tempo perso suonavo ogni giorno.” (Iod edizioni 2021), biografia in prosa del Maestro (Paroliere e Batterista) napoletano Franco Del Prete.

Fin da piccolo ha avuto a che fare con libri, fumetti e giornali: il suo amore verso la lettura e la scrittura è nato nell’infanzia?

Da bambino ero un ragazzino con molti problemi relazionali nei confronti degli adulti e degli altri bambini. Ho cominciato a parlare verso i sei anni. Però a quattro anni leggevo già: mia madre mi trovò sotto il lettone matrimoniale a scandire i titoli cubitali del quotidiano Il Mattino, giornale che mio padre comprava ogni giorno. I fumetti sono arrivati poco dopo, e i romanzi in piena adolescenza. Ma sono stato solo un lettore forte per tanti anni, rispetto alla scrittura. Quando ho deciso di mettermi a scrivere, di cimentarmi davvero in un racconto tutto mio, avevo già 27 anni. Quell’anno, il 2010, esordii sulla rivista letteraria Nazione Indiana.

Oggi, insieme alla sua famiglia acquisita, gestisce una libreria indipendente. Come stanno queste piccole realtà?

La Libreria Quarto Stato di Aversa, dove mi occupo dei corsi di scrittura e degli eventi letterari a tema, ha 45 anni di vita. Fondata dal libraio Ernesto Rascato, che purtroppo ci ha lasciato nel mese di gennaio di quest’anno, è un luogo dell’anima: oggi la guidano l’antropologa Annalisa Rascato (figlia di Ernesto) e la libraia Antonella Avolio (moglie di Ernesto). Inoltre, Antonella ha affiancato Ernesto da sempre in questo magnifico viaggio. Assieme hanno creato una realtà indipendente in Terra di Lavoro, unica per visione culturale e approccio al mondo. In un momento in cui molte librerie indipendenti italiane chiudono, sapere che La Quarto Stato resiste (e reagisce a questi tempi difficili) mi sembra un ottimo segno di vivacità culturale e politica.

In Italia si scrivono tantissimi libri, più di quanti se ne leggono. Che periodo sta vivendo questo mercato, al netto dei numeri importanti che fanno segnare i grandi scrittori?

Si scrive tantissimo, perché ci sono più piattaforme di autopubblicazione, oltre alle tipografie di un tempo. On line esistono service editoriali che offrono la stampa di un libro o di un fumetto a prezzi quasi stracciati. Comprare un isbn e assegnarlo a un prodotto di carta è cosa semplice. Ma i fruitori di queste pubblicazioni, che pure rientrano nei canali di vendita tradizionali come le librerie on line, non rappresentano i numeri concreti di chi (davvero) legge. Basta consultare i rapporti dell’Aie per notare come i lettori in Italia non mancano, la letteratura per ragazzi e i fumetti tengono in piedi il mercato editoriale italiano. Un esempio concreto: qui ad Aversa esiste una fumetteria da tanti anni, i lettori di manga e comics americani frequentano assiduamente la fumetteria Cerberus, e sono a tutti gli effetti lettori forti. Per molti di loro, dal fumetto al romanzo, il salto negli anni sarà breve. Io frequento quel luogo, parlo con quei lettori, mi danno l’impressione di essere dei fruitori culturali molto giovani ma di sicuro svegli e preparati.

Cosa consiglia a chi ha il sogno di scrivere?

Di leggere tantissimo, decine di libri al mese, oltre alle riviste e ai quotidiani. Solo leggendo a certi livelli migliora il rapporto con la propria scrittura, è un processo inevitabile. E poi di essere tanto curiosi: bisogna documentarsi sul mondo, su ogni dinamica esistente, allenando lo spirito concreto di chi vuole saperne di più. Uno scrittore è un grande osservatore che si pone domande su tutto: un filosofo che indaga giorno e notte. Le risposte le trova scrivendo, ma solo dopo essersi documentato: prima leggere tanto, e di tutto, poi girare per il mondo prendendo appunti mentali su persone, luoghi e accadimenti. Solo alla fine, con un po’ di coraggio e tanta dedizione quotidiana, ci si potrà cimentare nel gesto della scrittura. Cosa importante: Bisogna pensare sempre e solo alla voglia di scrivere, non alla voglia di essere scrittori per avere uno status.

Cosa augura al Mario Schiavone del futuro?

In primo luogo: auguro a me stesso di stare bene in salute. Per leggere molto (e scrivere bene) bisogna godere di ottima forma, fisica e mentale. E poi, cosa secondaria ma comunque fondamentale, auguro a questo Mario di ieri-oggi-domani di restare sempre curioso, come un bambino. Quella curiosità, almeno per me, è da sempre il combustibile che alimenta il motore utile a inventare le storie che metto su carta.

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