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Roberto de Mattei. I padrini dell’Italia rossa

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Questa volta, al netto della particolarità dei testi che da sempre scelgo di recensire tra queste pagine – pur essendo un appassionatissimo lettore anche di romanzi ho piena coscienza che esistano persone molto più quotate di me a parlarne e scriverne -, ho davvero opzionato un testo unico nel suo genere.

Trattasi di una raccolta di articoli – che per la loro profondità d’analisi e precisione nei riferimenti è più corretto definire brevi saggi – apparsi tra 1975 e ’79 (ma narranti vicende occorse nel decennio 1970 – 1980) sulla rivista Cristianità, organo ufficiale dell’associazione cattolico-tradizionalista Alleanza Cattolica, a firma Roberto de Mattei. Spiegare chi il professor de Mattei sia a chi non ha familiarità con l’ambiente di cui è tra le massime espressioni (in senso militante e culturale assieme) all’incirca dal finire degli anni Sessanta è cosa abbastanza ardua, ma ci si deve provare: classe 1948, prolifico pubblicista e saggista, storico e docente presso le università di Roma – La Sapienza, Europea di Roma e Cassino, l’acme della propria attività accademica lo ha conosciuto tra 2003 e 2011, quando ha ricoperto, per due mandati consecutivi, l’incarico di Vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche; attualmente, oltre che collaboratore alle colonne di diverse testate giornalistiche, cartacee e online, di varia periodicità, è direttore della rivista Radici Cristiane, dell’agenzia di informazioni Corrispondenza Romana e Presidente della Fondazione Lepanto, la quale da otto anni organizza Università d’Estate calate nel contesto di luoghi assai rappresentativi per il Cattolicesimo Romano (l’ultima edizione, tenutasi tra il 27 e il 30 luglio scorsi, nella splendida cornice del Monastero di Santa Scolastica a Subiaco, in provincia di Roma). Uomo dotato di grande acume intellettuale e libertà interiore, la qual cosa gli permette da sempre di rispondere alle accuse provenienti da avversari e (supposti) amici senza urla o sproloqui ma dati alla mano, è ribalzato agli onori delle cronache “pop” nel 2021, quando si era in piena epoca pandemica, grazie ad un coraggiosissimo pamphlet, edito nella collana “Schola Palatina” delle Edizioni Fiducia, sulla liceità morale della vaccinazione dal punto di vista cattolico (testo intitolato, per l’appunto, Sulla liceità morale della vaccinazione e il cui lungo sottotitolo recita: “Una risposta chiara ed esauriente a coloro che considerano la vaccinazione contro il Covid-19 in sé illecita, perché funzionale all’aborto”).

Tornando alla raccolta di articoli oggetto principale di questa trattazione, essi – per la pubblicazione dei quali nella collana “Intervento” delle sue Edizioni va riconosciuto il consueto coraggio all’editore teatino Marco Solfanelli – presentano, quale minimo comun denominatore, la consapevolezza che a muovere i fili della Storia con l’iniziale maiuscola non siano tanto i singoli governi nazionali al massimo riuniti a determinati livelli tra loro per comunanza d’intenti e di vedute, quanto dei “comitati d’affari” internazionali d’altissimo livello e rango (si potrebbe anche utilizzare il termine lobby, ma la situazione odierna suggerisce di evitarlo, per non finire nel mirino dei “cacciatori di complottisti” e di essere in tal maniera – di essere complottisti, s’intende – tacciati, per quanto essi esistano e vadano solo che lasciati cuocere nella brodaglia che si son creati da loro: ma de Mattei non è per nulla annoverabile fra questi!).

Gustosissimi i riferimenti alla Rivoluzione d’Ottobre e alle influenze sovranazionali di Bilderberg Club e Trilateral Commission, ma, per forza di cose, l’attenzione maggiore il professore la dedica ai fatti di casa propria (che, ci piaccia o meno, è stata anche la nostra): la “creazione” del centrosinistra in Italia (nelle sue due differenti declinazioni: qualla di governo, ossia l’alleanza del partito di maggioranza relativa, la DC, con i partiti “laici” e socialdemocratici – leggi liberali, repubblicani, PSI e PSdI – allo scopo di un’estromissione totale dei comunisti dalle stanze dei bottoni, ma anche il lavorio ai fianchi del PCI, al fine di trasformare esso stesso in un assai poco pericoloso partito social-progressista – cioè in linea con le visioni e i desiderata specialmente in politica estera dei Democratici USA – fino a giungere al punto di non ritorno del collaborazionismo capital-comunista tricolore, col futuro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano investito del titolo di “comunista preferito di Henry Kissinger”); e poi il caso Moro (personaggio scomodo a targhe alterne sia in Patria che Oltreoceano) e le eminenze grigie del progressismo italiano (proprio nella descrizione di queste si trova la locuzione che dà il titolo alla raccolta), ossia quei personaggi politicamente non di primissimo piano ma che hanno avuto la grandissima capacità (e possibilità) di tessere le tele giuste per conto di chi non poteva farlo alla luce del sole. Tra queste, de Mattei sceglie di dedicare – in un articolo datato 28 aprile 1979 – particolare attenzione a Ugo La Malfa (1903 – 1979), partigiano tra le file di Giustizia e Libertà (formazione da cui scaturirà, a guerra finita, il Partito d’Azione), membro dell’Assemblea Costituente sotto gli stendardi inizialmente della Concentrazione Democratica Repubblicana, poi del PRI, partito del quale fu Segretario nel 1965 – ’75 e Presidente dal 1975 all’anno della dipartita, titolare di vari dicasteri nonché Vicepresidente del Consiglio dei Ministri nel 1974 – ’76 (Governo Moro IV). Ma la carriera di La Malfa era iniziata assai prima, in pieno Ventennio, nell’Istituto Treccani dell’Enciclopedia Italiana, diretto dal “filosofo del regime” Giovanni Gentile, quindi, a partire dal 1933, cooptato direttamente ai vertici della “chiusissima” Banca Commerciale Italiana (più nota come Comit), uno dei principali “gangli economici” dell’allora Regno. Erede di una tradizione più che laica, laicista in senso pervicacemente ideologico, agli occhi del devoto de Mattei (che titola questo suo contributo a Cristianità “Ugo La Malfa: una vita al servizio della Rivoluzione in Italia”) salta agli occhi, in occasione delle esequie dell’esponente repubblicano, “un tripudio di musica, di fiori e di bandiere [tricolore]” ma, al contempo “la totale assenza di croci e di benedizioni”, riportando altresì con sorpresa lo stizzito “sussulto di laicità” con cui la famiglia (e in primis Giorgio La Malfa, erede “spirituale” di cotanto padre) si allontana dalla camera ardente allorché l’allora Nunzio Apostolico presso lo Stato Italiano Monsignor Romolo Carboni (1911 – 1999) ha l’insana (per i La Malfa) idea di benedire la salma.

Impreziosita dalla Presentazione dell’amico Giuseppe ‘Pucci’ Cipriani, altra figura di caratura notevole del mondo cattolico italiano fedele alla Tradizione nonché fondatore e direttore della rivista Controrivoluzione – Organo ufficiale dell’Anti 89 (edita sempre dai tipi di Solfanelli) e dalla Prefazione del professor Massimo de Leonardis, ordinario di Storia delle Istituzioni e delle Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, questa preziosa collazione di saggi, oltre a permettere di approfondire le pagine più nascoste e misteriose della storia d’Italia e non di quegli anni difficili da un punto di vista che neppure minimamente indulge sul politicamente corretto, è latrice della consapevolezza dell’esistenza di un mondo cattolico cui assai spesso la Democrazia Cristiana (perlomeno a livello nazionale) ha scientemente tarpato le ali e però espressione di finissime intelligenze che nessuno mai è riuscito a far tacere, fra le quali certamente spicca quella di Roberto de Mattei.

Alberto De Marchi

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Roberto de Mattei, “I padrini dell’Italia rossa”, Solfanelli Edizioni, 2022, 110 pagine, 10 euro

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