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Sergio La Chiusa. Madre nel cassetto

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La madre del protagonista di questa storia cerca di suicidarsi tutte le settimane, la domenica, di preferenza. Il padre, assuefatto dall’immancabile messinscena, l’ammonisce con frasi di circostanza mentre si taglia le unghie in attesa di tornare allo stadio. Il figlio assiste impassibile, in silenzio, mentre il rito domestico si compie e la sua memoria si impressiona di nuove instanee. A leggere queste prime frasi dell’incipit verrebbe da pensare all’ennesimo drammone italiano tutto incentrato sulla famiglia disfunzionale di turno in preda a variegate manie di autolesionismo per riscattarsi dall’ennesimo destino ingiusto.

Niente di più sbagliato.

Lo spaccato che ci descrive Sergio La Chiusa, nella nuova uscita targata Industria & letteratura (qui giunta al settimo volume) è un flusso di coscienza che si innalza dalle paludi dell’autocommiserazione per sondare lidi ben più sfaccettati della psiche.

L’innominato della vicenda chiude sua madre nel cassetto, questo lo sappiamo già dal titolo: un gesto che è pura metafora per settare un confine e una posizione verso la figura femminile su cui ha incentrato l’intera esistenza. L’istrionismo femminile della sua ossessione non sa decidersi: colei per cui perde il sonno e gli anni è una bilancia i cui piatti si spostano isterici dal versante materno a quello seducente. Il bisogno scioglie i suoi confini in un desiderio che si porta appresso un rapporto di dipendenza le cui origini darebbero più di un argomento di studio a Freud e soci ma il lettore non s’ha da spaventare. La psicanalisi nel testo rimane ai margini di un espressionismo stilistico il cui monologo del figlio/protagonista/spettatore passa senza soluzione di continuità dalle sciagure domestiche a passaggi lavorativi in cui l’ironia della cornice diventa essa stessa veicolo funzionale. Pulsioni e ossessioni parossistiche si accavallano senza ordine apparente in un’indagine sull’inquieta virilità maschile che non riguarda più il singolo ma lavora di scalpello nelle insicurezze di un’intera generazione.

C’è un sentore kafkiano che attraversa l’alterazione allucinata del ricordo, mentre madre e compagna (il cui nome – Arianna – rimanda a un filo ben noto) si sovrappongono in una dissolvenza sempre più scomposta e puntualmente viene da chiedersi a ogni pagina conclusa dove risieda il confine di questa sottile menzogna domestica.

Ecco quindi il quadretto ricomposto: padre primate lavoratore, madre sottomessa dalle sei di mattina, ad espiare in cucina le pene di consorte. A preparar pancetta, uova e torte, a spazzare i peli di un cane inesistente mentre il figlio gioca ad allineare l’intero Settimo Cavalleggeri ai bastioni di una convivenza al massacro.

«Le insolenze mi sgorgavano naturalmente dal profondo, senza pensarci, e con una varietà di toni che lasciava mamma interdetta. Forse la maltrattavo per il suo bene, perché non sentisse troppo la mancanza di papà.»

Ma non è di massacri domestici che si vuol parlare, ne dei foruncoli di Nardi, o di tribunali poco imparziali, neppure di posti di lavoro guadagnati a raccomandazioni, o almeno questo parrebbe l’intento di paragrafi che iniziano tutti con quella medesima negazione ma che nel mentre dettano un tracciato circolare atto a ritornare sempre, inevitabilmente, verso quel fulcro femmineo artefice di attenzioni, pulsioni, risvegli improvvisi, slanci d’inaspettata umanità all’interno di una triade domestica in cui tutto pare scontato tranne la naturale gentilezza di una carezza.

«Era più giovane di me, mamma. Tanto che avrebbe potuto essere la mia amante a pensarci. E in effetti l’ho pensato, per un momento. Pensare non è peccato. Fantasticare nemmeno.»

Ma se una fantasia non è materia di peccato, semmai un antidoto per scampare alla violenza, neppure a voler tornare ciclicamente a quel maledetto 15 giugno – il giorno del lutto, la dipartita ultima della complice più fidata – ci si deve vergognare. Che la morte e il desiderio si possano affrontare a parole è cosa nota, che lo si riesca a fare con tale maestria, è tutt’altra cosa.

Stefano Bonazzi

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Madre nel cassetto

Sergio La Chiusa

Industria & letteratura

10,00 euro — 77 pagine

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