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Tim Winton. Il capanno del pastore

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Tim Winton, australiano di Perth, ha raggiunto la notorietà nel suo paese a poco più di vent’anni con un libro intitolato An Open Swimmer. Da allora Winton ha pubblicato una quindicina di titoli, tra romanzi e raccolte di racconti, alcuni dei quali editi in Italia da Fazi. Autore dallo stile personalissimo, il cui realismo sporco più che a Cormac McCarthy, come ha scritto di lui il Washington Post, lo fa somigliare al Lee Maynard della trilogia di Crum, Winton si colloca indubbiamente nella scia della cosiddetta narrativa di frontiera, così trasversale da non distinguere il West Virginia, dall’Australia o dal Salento del mio amico Omar Di Monopoli. Dicevo di Crum; nella storia raccontata dal giovane Jaxie Clackton ci sono la stessa desolazione e la stessa voglia di libertà del personaggio di Maynard, il coetaneo Jesse Stone. La fuga, dunque. È uno dei temi della storia, specialmente della prima parte, nella quale vediamo Jaxie alle prese con un padre padrone, alcolizzato e violento. Per non essere accusato della morte improvvisa del genitore, Jaxie decide di scappare. Lo fa a piedi, con pochi mezzi e ponendosi una strana meta: raggiungere nel Nord del paese sua cugina Lee, della quale è molto innamorato nonostante il vincolo di sangue. Sangue è un’altra parola chiave del romanzo. Il sangue degli animali uccisi e venduti dal padre di Jaxie, quello dei canguri e delle capre cacciati dal giovane protagonista nel corso del suo vagabondaggio. 

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