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Un giorno tutto questo finirà. Intervista a Domenico Ippolito

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Per le Tre Domande del Libraio su Satisfiction incontriamo questa settimana lo scrittore Domenico Ippolito, copywriter e traduttore che vive a Essen in Germania e autore di “Un giorno tutto questo finirà”,  pubblicato da pochi mesi da Exòrma Edizioni. Un romanzo generazionale, scabro e realistico, che diventa anche riflessione profonda e rallentata su storie di abbandoni, di ghosting, di sfruttamento, di rabbia impotente, ma anche di amore, di relazioni umani e ricostruzione.

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Domenico ci racconti il tuo percorso nel mondo della scrittura, il tuo esordio e come nasce l’idea di “Un giorno tutto questo finirà”, oltre a descrivere il tuo approdo nella Collana Quisiscrivemale di Exòrma?

Durante il mio percorso professionale mi sono trovato più volte a lavorare su contenuti testuali di vario genere: bozze per case editrici, articoli per riviste, lanci per agenzie stampa, materiale pubblicitario per aziende, nonché lavori di traduzione. È stata una palestra che ha certamente contribuito ad affinare la mia scrittura, confrontandomi con testi diversi tra loro. Il mio esordio nella narrativa avviene con dei racconti pubblicati sul web da alcune riviste online, come Narrandom e TerraNullius. Poi ho esordito nel romanzo con un piccolo editore (“L’ultima primavera del secolo”, edito da Aporema Edizioni, uscito purtroppo nel corso della pandemia di inizio 2020). Dunque, considero il romanzo appena pubblicato con Exòrma, “Un giorno tutto questo finirà”, il mio vero esordio come scrittore. L’idea del libro nasce da un oggetto, un cucchiaio, che nel romanzo è chiamato Birillo. È un utensile per bambini, che il protagonista Tommi riceve quando ha sette anni e dal quale ottiene un aiuto per superare un momento estremamente difficile della sua infanzia. Son partito da qui, per poi immaginare come Birillo avrebbe potuto influenzare la vita di Tommi anche dopo. Lo stesso Tommi si è trasformato, diventando un ragazzo di vent’anni alla ricerca di un suo posto del mondo, popolato da altri personaggi.
Da lettore, apprezzo da tempo la ricerca e i temi dei romanzi della collana “quisiscrivemale” di Exòrma, composta da voci fuori dal coro e testi impegnati. Ogni romanzo ha una voce forte e riconoscibile e credo che “Un giorno tutto questo finirà” abbia queste caratteristiche, dunque l’approdo nella collana mi è parso in linea con le intenzioni della casa editrice. Ho lavorato al testo con Michele Vaccari, scrittore affermato ed editor di lungo corso, e al suo team di Crudo, in particolare con la bravissima editor Sara Coradduzza, che mi ha aiutato a migliorare gli snodi narrativi più importanti del libro. In seguito, grazie a Crudo e alla sua rete di case editrici con le quali collabora, è arrivata la proposta di Exòrma.

Una storia particolare, una piccola favola quasi nera, dove assenze e abbandoni diventano il fulcro intorno al quale reagire. A partire dall’incontro di Tommi e Dario ad un corso di scuola guida vogliamo raccontare la storia di questa amicizia ed entrare nel dettaglio della narrazione, svelando il più possibile la trama?

L’abbiamo definita, infatti, “una favola grigia”, per il tono disilluso della voce narrante, che però possiede degli squarci lirici e di apertura verso il futuro, nonostante le difficoltà e paure. Tommi e Dario sono due diciottenni che vivono a Marano, un paese della provincia romana ma isolato rispetto alla Capitale. Nel grigiore del posto, lontani da tutto, i due amici si sentono emarginati, sconfitti, “disperati”; tuttavia, immaginano che “un giorno tutto questo finirà”, come amano ripetersi, ed elaborano un’idea, sgangherata quanto si vuole, ma che a quell’età appare luminosa: mollare tutto e trasferirsi ad Amsterdam. Però Dario è scosso un’inquietudine senza nome (che però, forse, un nome ce l’ha, Nina); sembra avere un perenne bisogno di soldi, si mette a rubare, coinvolge Tommi in attività poco lecite. Tutto ciò manda all’aria la loro amicizia. I due prenderanno altre strade: Dario parte da solo e Tommi accetta un lavoro stagionale a Roma, spinto da Angelica, una ragazza di Marano, forte, volitiva, con la quale si è legato. Per Tommi, in realtà, sarà un ritorno nella città della sua infanzia, dove viveva con i suoi genitori, prima che suo padre morisse quando lui era solo un bambino. Ora Roma offre al ragazzo nuove possibilità, ma solo se riuscirà a fare i conti con il proprio passato. Cosa non facile e, infatti, a Roma le cose non filano per il verso giusto per colpa di un’altra ragazza, Aurélie. Inoltre, il fantasma di Dario è sempre lì che incombe…


Un testo dove la trama e l’intreccio non cercano il facile ammiccamento, ma attraverso una scrittura solida e innovativa capace di rendere tutto coerente e credibile, innescano una vera sfida verso il lettore. Domenico, vuoi portarci nell’officina di lavorazione del libro, soffermandoci nello specifico sull’aspetto formale e la composizione strutturale, e se, poi, vuoi suggerire agli amici di Satisfiction le giuste letture da abbinare a Un giorno tutto questo finirà ?

Ho lavorato molto sulla voce da dare al mio protagonista, Tommi, che si muove su vari registri ma resta coerente, solida, credibile. Ho puntato su uno stile scarno, essenziale, trovando nella prima persona e nella narrazione al tempo presente il modo giusto per infondere ritmo, facendo pulsare “in presa diretta” i movimenti, gli incontri, le vicissitudini, i dialoghi. Ma ho lasciato anche dei vuoti, proprio per far sì che fosse il lettore ad abitare questi spazi, ognuno con la propria sensibilità. Difatti, ho evitato uno stile muscolare, che si parla addosso; come autore, ho fatto un passo di lato, mettendomi al servizio della storia di Tommi. La struttura del libro è divisa in più parti: una linea temporale al presente, in cui Tommi arriva a Roma, inizia a lavorare, conosce nuove persone; poi c’è il passato più recente, dove il fulcro è l’altalenante amicizia con Dario; infine, si volta lo sguardo all’indietro, per affrontare i momenti difficili dell’infanzia di Tommi. Poi il romanzo ha un’apertura verso il futuro, quando i protagonisti verranno proiettati in altri luoghi, all’estero, in Sicilia: è la parte più avventurosa e romanzesca, nata in fase di revisione, in cui qualcosa si chiude e altri interrogativi verranno posti.Per ciò che riguarda questo romanzo, l’universo di riferimento di “Un giorno tutto questo finirà” comprende autori e libri che provengono soprattutto dalla letteratura nordamericana. Ci sono scritture a cui si accorda la voce di Tommi, i romanzi del cosiddetto minimalismo, come “Meno di zero” di Bret Easton Ellis o “Le mille luci di New York” di Jay McInerney, insieme al nume tutelare che è ovviamente Raymond Carver. Ma penso anche a classici moderni come John Fante e Henry Miller, per la mia idea di narrazione che a volte si concede il sarcasmo, la dissacrazione e un tocco di umorismo per stemperare alcune situazioni, un certo gusto per il tragicomico. Tra le voci contemporanee mi viene da citare Liz Moore, la straordinaria autrice di romanzi come “Il peso” e “I cieli di Philadelphia”.

Buona Lettura di Un giorno tutto questo finirà di Domenico Ippolito.

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