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Viv Albertine. Vestiti, musica, ragazzi

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Nell’ormai inarrestabile proliferare di memoir scritti o co-scritti da tanti grandi protagonisti della musica di ieri, diciamocelo, il rischio di leggere opere in “carta carbone” e corrive incombe ormai inesorabile. In particolar modo quando la narrazione si riduce al solito catalogo di eccessi e fatti, fatti ed eccessi, senza troppo curarsi di una corretta contestualizzazione storica e/o sentimentale che possa in qualche modo giustificare l’eccezionalità di una vicenda umana rispetto a migliaia, milioni di altre (novero nel quale vanno comprese anche quelle presuntamente “eccezionali per definizione” dei musicisti). Ecco perché quando capita di incappare in un libro davvero diverso, quando lo si riconosce, l’emozione ci mette un nonnulla ad esplodere e la lettura assume, fin dalle prime pagine, le tanto agognate fattezze del “viaggio” che ognuno di noi, segnatamente di noi amanti della letteratura “a sette note”, anela in ogni circostanza con indefessa speranza.

Ebbene, siori, mettetevi comodi, mutate i telefonini se proprio non vi va di spegnerli e dite a chiunque, fidanzato/a, amici e genitori che per un tot di ore non ci sarete per nessuno: dopo quasi dieci anni, è (finalmente) piombato negli scaffali delle librerie italiane questo fantastico “Vestiti, musica, ragazzi” (Blackie Edizioni, Milano, pp. 479, €23,90) di Viv Albertine!

Se il nome della chitarrista britannica farà senza dubbio drizzare le orecchie a diversi, eruditi conoscitori del punk, nondimeno si invitano anche i meno appassionati e competenti in materia a dargli una possibilità. Perché quest’opera non è un semplice prodotto editoriale, ma un vero e proprio scrigno di conoscenza e avventura. E di quelli che non hanno bisogno di essere scardinati con forza o con particolare impegno mentale per poter essere aperti e per poter svelare l’assoluta magnificenza dei suoi tesori. No, al contrario! Qui, fin dalle primissime pagine, si entra dritti sparati nel cuore di una vicenda umana e artistica che saprà farsi esemplare, paradigmatica, in una delle epoche più esuberanti e globalmente creative che la storia della musica e del costume ricordi. Quella che agli albori della seconda metà degli anni Settanta dello scorso secolo spinse un manipolo di ragazzi, tutti più o meno poco adattati e adatti alla quotidianità dei tempi, a dar vita ad una dirompente rivoluzione su larga scala che, partita con le fattezze di un fenomeno passeggero come tanti, scavò un vero e proprio fossato mai più riempito tra passato e presente.

E, soprattutto nella prima delle due sezioni che costituiscono il “lato uno” di questo libro, l’istantanea di quello che davvero fu mette i brividi. Mette i brividi perché la Albertine, con la stessa virulenza che la contraddistinse all’inizio della sua carriera come chitarrista dei Flowers of Romance e, soprattutto, delle mitiche The Slits, racconta i prodromi e la brevissima età aurea del punk con un’energia e una velocità d’esecuzione davvero sorprendenti. Entrando con lei nei primissimi templi pagani del genere o nei puzzolenti squat londinesi, seguendola da vicino mentre, come tutti i suoi sodali maschi e femmine, crea il suo look e il suo way of life prima ancora di crearsi come musicista e personaggio in qualche modo pubblico, mette davvero i brividi. Tutto in queste pagine riluce per urgenza e giovanile ardore, quasi ogni singolo aneddoto o storia raccontata da questa (anti)eroina ha il potere di spezzare il fiato di fronte alla normale eccezionalità che colorava certe esistenze “contro” in quei determinati giorni. Se volete capire davvero il senso della tanto abusata (pasticciata, verrebbe da dire a volte) parola “antagonismo”, in queste righe troverete tante risposte. La Albertine, vera riot girl non zavorrata da certe neanche troppo nascoste eterodirezioni come quelle contemporanee, ci racconta senza filtri come fu che si fece certa storia. E vi accorgerete proprio che si fece, cioè che si determinò come risultato di un atto creativo, collettivo magari nelle conseguenze pubbliche, ma sempre animato da una genuina, struggente fede nella volontà di cambiare se stessi e il mondo partendo innanzitutto dal proprio magico Sé. Il senso stesso del do it yourself che è forse il regalo più grande e imperituro che il punk, inteso come movimento a tutto tondo, ha donato ai posteri respira -letteralmente- in questo struggente flusso di ricordi, in cui trovano spazio, si intersecano, le vicende di tutti i grandi protagonisti di quella fulminante, non obliabile, parabola situazionista. Ci sono i Sid Vicious, i Mick Jones, i Johnny Thunders, i Johnny Lydon, ma anche centinaia di altri “alfieri” meno conosciuti ai più che nondimeno contribuirono a creare il mito dei secondi Settanta del Novecento. Tutti, ognuno di loro, incrociò in qualche modo il suo destino, la sua strada, a quello della nostra meravigliosa narratrice (ovvio che non vi anticipo niente sulle modalità, sarà una scoperta eccitante a dir poco se già non sapete!), che diventa quindi non una semplice testimone privilegiata ma un collettore di esperienze e sensazioni non replicabili, non paragonabili.

Certo, dopo un “lato uno” di questa quasi commovente intensità, c’è da dire che nel “lato due” di “Vestiti, Musica e Ragazzi” la potenza del racconto si fa molto più controllata. Ciononostante, anche in questa seconda parte del libro, messa da parte la sublime “sbornia” esistenziale del punk, la Albertine ci rende partecipi comunque di una vicenda umana che, proprio forse in virtù di una maggiore “sobrietà” degli eventi evocati, contribuisce a fornire alla sua autobiografia una maggiore avvicinabilità da parte di noi poveri mortali. L’ex sei corde elle Slits ci racconta il lungo, lunghissimo dopo del punk, fatto di piccole e grandi tragedie e gioie familiari e personali, di qualche singolare incontro con super personaggi avvenuto grazie alla sua fama non del tutto sopita e della faticosa rentrée nel mondo della musica contemporanea, iniziato quasi per gioco, per scommessa con se stessa, e trasformatosi poi in quello che i parlanti inglesi ben definiscono a brand new start che dura ancora oggi.

Non c’è davvero da dire altro, se non: compratelo, leggetelo, amatelo!

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