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Anne Berest anteprima. La cartolina

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E’ in libreria, pubblicato da edizioni E/O, nella traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca, La cartolina di Anna Berest. Scrittrice francese di romanzi, di opere teatrali e di sceneggiature televisive, si è aggiudicata con questo nuovo libro il Prix Renaudot des Lycéens e il Prix Littéraire des Étudiants de Sciences Po., nonché la prima edizione del ‘Choix Goncourt’ United States. Tutto ha inizio da una cartolina “mischiate alle altre buste come se niente fosse, come se si fosse nascosta per passare inosservata”. Una cartolina anonima giunta alla madre della stessa Anne Berest. Solo quattro nomi sono annotati, con una scrittura “strana e maldestra”, sul retro dell’immagine, quelli dei nonni materni e degli zii, morti nel 1942 ad Auschwitz. Un’inchiesta letteraria che si snoda lungo la saga famigliare dei Rabinovitch, e, insieme, lungo la Storia di un’Europa in guerra, “invasa” e deturpata. Una ricerca romantica e dolorosa degli antenati che furono, nel loro errante destino, e del significato della parola “ebreo” in una vita secolare.

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Stando all’Ufficio per i rifugiati che sorgerà poi a Parigi tua nonna Myriam, detta Mirochka in famiglia, nasce a Mosca il 7 agosto 1919. La data è però incerta a causa delle differenze tra il calendario gregoriano e quello giuliano, così Myriam non saprà mai il giorno esatto in cui è nata. Viene al mondo nel meraviglioso tepore di Leto, che in russo significa “estate”. Nasce quasi in una valigia mentre i genitori stanno preparando la partenza per Riga. Ephraïm si è studiato il commercio del caviale e conta di lanciarsi in un’attività redditizia. Per trasferirsi in Lettonia, Ephraïm ed Emma vendono tutto ciò che possiedono, mobili, stoviglie, tappeti.

Tutto meno il samovar.

«Il samovar che sta in salotto?».

«Proprio lui, un oggetto che ha attraversato più confini di me e te messe insieme».

I Rabinovitch lasciano Mosca a notte fonda con la neonata per raggiungere clandestinamente la frontiera percorrendo strade di campagna con un carretto traballante. Il viaggio è lungo e difficile, quasi mille chilometri, ma li allontana dalla polizia bolscevica. Emma intrattiene la piccola Mirochka e nell’ora dei terrori vespertini le sussurra storie, solleva la copertura del carretto per mostrarle la strada.

«Si dice che la notte scenda, ma non è vero, guarda, la notte esce lentamente dalla terra…».

L’ultima notte, poche ore prima di arrivare alla frontiera, Ephraïm ha la sensazione che il carico sia più leggero. Si volta e vede che il carretto è sparito. Quando Emma ha sentito che il carretto si staccava dal cavallo non ha gridato per timore che qualcuno li individuasse.

Mentre aspetta che il marito torni a cercarla non sa se le fanno più paura i bolscevichi o i lupi. Alla fine Ephraïm arriva e riescono a passare il confine tutti insieme prima dell’alba.

«Guarda» ha detto Lélia. «Dopo la morte di Myriam ho trovato queste carte nel suo studio. Sono appunti, pezzi di lettere… Ho trovato in questo modo la storia del carretto. Finisce così: Tutto procede senza intoppi nell’ora grigia che precede l’aurora. Arrivati in Lettonia siamo stati qualche giorno in prigione a causa di formalità burocratiche. Mia madre mi stava ancora allattando, così non ho brutti ricordi del suo latte che in quei giorni sapeva di segale e grano saraceno».

«Le frasi successive sono quasi incomprensibili…». «È l’inizio dell’Alzheimer. A volte ho passato ore a cercare di capire cosa si nascondesse dietro un errore di grammatica.

La lingua è un labirinto in cui la memoria si perde». «Conoscevo già la storia del berretto che la polizia non doveva assolutamente vedere, Myriam me l’aveva scritta sotto forma di racconto per bambini quand’ero piccola. Si chiamava “L’episodio del berretto”, ma non sapevo che fosse una storia vera, credevo che se la fosse inventata».

«I racconti un po’ tristi che vi scriveva la nonna per il compleanno erano tutti aneddoti della sua vita. Sono stati preziosi per risalire a certi eventi della sua infanzia».

«E per il resto come sei riuscita a ricostruire tutta la storia con tanta precisione?».

«Sono partita da quasi niente, fotografie dalle didascalie indecifrabili, appunti lasciati da tua nonna su foglietti che ho trovato dopo la sua morte. L’accesso agli archivi francesi dopo il 2000, le testimonianze dello Yad Vashem e dei sopravvissuti ai campi di sterminio hanno permesso di conoscere la vita di quelle persone. Purtroppo non tutti i documenti sono affidabili. Possono portare a false piste, è capitato anche che la pubblica amministrazione francese

Anne BEREST. Paris. 09/2017 © david atlan

abbia fatto errori. Solo il continuo e paziente controllo incrociato dei documenti, effettuato con l’aiuto di archivisti, mi ha permesso di fissare fatti e date». Ho alzato gli occhi sull’immensa libreria. Le scatole d’archivio di mia madre, che un tempo mi facevano paura, di colpo mi sono apparse come gli arcani di un sapere vasto come un continente. Lélia aveva attraversato la Storia come se attraversasse paesi. I suoi racconti di viaggio disegnavano in lei paesaggi interiori che anch’io mi accingevo a visitare. Posandomi la mano sulla pancia ho detto silenziosamente a mia figlia di ascoltare con attenzione insieme a me il seguito di quella vecchia storia che riguardava la sua vita nuova di zecca.

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