Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Antonio Scurati. M. Gli ultimi giorni dell’Europa

Home / Recensioni / Antonio Scurati. M. Gli ultimi giorni dell’Europa

L’editoria non ha mai avuto la forza di fare ciò che negli altri settori commerciali succede da sempre: una separazione netta e riconosciuta tra prodotti di massa e prodotti elitari, tra nebbiolo e cola. Qualcuno arriva persino a crederci o a dire che anche il Barolo riserva, alla fine, viene risucchiato dallo stesso sciacquone della Pepsi, si tratta di una verità banale che Leggere possedere vendere bruciare di Antonio Franchini racconta perfettamente.

Quindi stia in guardia il compratore: l’ultimo romanzo di Antonio Scurati, M. Gli ultimi giorni dell’Europa è frizzante se lo si legge con le giuste aspettative, e funziona perfino come prodotto di grande intrattenimento. Se questo accada anche per il robusto publishing che ha già indirizzato la discussione pubblica e social, poco importa. Difatti l’ultimo M. non è soltanto un romanzo storico, ma un romanzo che racconta anche l’attualità: quali parallelismi col passato hanno colpito Scurati nella stesura di quest’ultimo romanzo? L’autore ha avuto modo di rispondere sull’inserto del CdS nelle scorse settimane: “l’ideologia imperialista di potenza e di dominio su altri popoli considerati sacrificabili, destinati ad uno stato permanente di minorità, Paesi satellite, vassalli. Accomuna la visione di Putin a quella di Hitler”.

Lasciando per il momento da parte paratesti e fattoidi, il tema di M. è lo stesso dei due precedenti capitoli della trilogia, ma concentrato entro il 1938-40. La trama è nota, e senza scomodare Renzo De Felice, basterebbe leggere un più appartato Vidotto per sapere cosa ha prodotto quel “fatale triennio”, dall’Anschluss alle infami leggi razziali italiane.

Per Scurati l’ambizione di partenza non era soltanto quella storica, ma un’altra: rappresentare l’uomo, Mussolini in un quadro d’insieme con scenografie d’epoca e comparse. Basta il ritratto in appendice che l’autore fa del Primo ministro francese Deladier per sottolineare queste intenzioni: “Piccolo, tarchiato, il sopracciglio costantemente inarcato”.

Eppure il risultato non sembra aver dato i frutti sperati: Scurati non osa nell’intensità linguistica, né spinge coll’interesse psicologico dei due precedenti romanzi. L’impressione è che l’autorità dei fatti realmente accaduti non accresca la forza delle scene, che hanno un montaggio sostanzialmente giornalistico. Anzi, sembrano appoggiarsi sulle conoscenze storiche pregresse del lettore, che ovviamente presta al romanzo tutto il carico di drammaticità che manca alle pagine: è emblematico il passaggio di pagina 261 sul führer, descritto con tutti i suoi oscuri falansteri:

Adolf Hitler attende nel suo nido, il Nido dell’aquila. Per raggiungerlo, gli ospiti sono costretti a un’ascensione che obbliga una discesa in profondissime cavità basaltiche della terra […] un abisso che conduce al cielo, una sorta di ascesa agli inferi”.

Insomma, niente di troppo diverso da una puntata estiva de La grande storia di Paolo Mieli. Ora, senza dubbio, la frammentazione narrativa e l’accumularsi di descrizioni memorabili, (quella di Hitler come “un controllore di tram”) o di altri triti cliché (Chamberlain “un vecchietto affabile, alto e magro”) hanno la pasta espressiva radiofonica, il ritmo straight to the point di un podcast, e sono quadri già pronti per essere tradotti in altri prodotti seriali. Ma la sfacciataggine dell’operazione ha portato Scurati alla peggiore semplificazione possibile per un romanzo che si definisce storico: azzerare l’attrito della vicenda per rimanere all’interno dell’accogliente sensibilità del lettore, quella di noi uomini del futuro o del senno di poi. Un romanzo storico di ben altro spessore, Le benevole, tentava l’opposto, prendendo di mira le certezze del lettore, ma il rischio di ubriacarsi con le strategie di Jonathan Littell per Antonio Scurati era troppo alto, o se si preferisce dirla attraverso l’aletta di copertina di M., si tratta di un romanzo che per l’autore rappresenta semplicemente un “grande progetto letterario e civile”. E tanto ci basti.

Luigi Duns

Click to listen highlighted text!