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Domenico Paris e Riccardo Colella anteprima. Professione fenomeni. Le storie di dieci grandi pesi welter

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Domenico Paris e Riccardo Colella firmano questo Professione fenomeni. Le storie di dieci grandi pesi welter, edito da Absolutely Free Edizioni – di cui anticpiamo un estratto – libro dedicato a dieci racconti ispirati alle vicende biografiche di altrettanti grandiu pesi welter del pugilato. Si va dall’immenso Ray “Sugar” Leonard a Barney Ross, da Jimmy McLarnin a Emile Griffith, fino a due campioni più vicini ai nostrio giorni come Floyd Mayweather e Oscar De La Hoya, tutti accomunati dal peso di 147 libbre. I due autori mettono a nudo gli aspetti più intimi e profondi delle diverse personalità, restituite al lettore non solo sotto l’aspetto sportivo ma anche, e sopratutto, sotto quello umano ed esistenziale: uomini che in molti casi sono in preda alla loro fragilità esistenziale, coinvolti in destini che nemmeno il grande successo del ring – insieme a fama, gloria e ricchezza – hanno mai fatto lo sconto. Ogni ritratto risulta quindi sorprendente e, allo stesso tempo, avvincente, e in grado di appassionare sia gli estimatori del pugilato sia i semplici lettori, che si ritorveranno immersi in un mondo pieno di fascino anche letterario.

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Il direttore della banca era stato chiaro: a fronte di un quadro debitorio generale come il suo, un ulteriore rinnovo del prestito era da considerarsi impossibile. Doveva considerarsi fortunato che non gli pignorassero i magri compensi che andava racimolando qua e là con qualche ospitata televisiva o in qualche serata di gala, altrimenti non avrebbe avuto davvero di che mangiare.

Emile Griffith se ne stava sdraiato in mutande sul letto del piccolo appartamento in affitto a New York. Da un’ora almeno fissava il bianco sporco del soffitto mentre una mosca gli ronzava perniciosa sulla testa andando ogni tot a poggiarglisi sul naso e sulla fronte senza lasciarsi mai acchiappare. Con le finestre chiuse e gli scuri quasi completamente abbassati, riusciva a tenere a bada i rumori provenienti dall’esterno, ma non il sibilo spezzato del suo respiro che lo teneva sveglio quando avrebbe avuto voglia solo di addormentarsi. Erano almeno tre giorni che non riusciva a concedersi un sonno come si deve e ogni volta che era lì lì per cedere alle lusinghe di Morfeo e della stanchezza, il pensiero delle sue finanze disastrate trovava sempre il modo di insinuarsi nei suoi pensieri stanchi e frustare i neuroni in una fiammata di pura agitazione. Forse avrebbe dovuto cominciare a valutare seriamente l’ipotesi di buttar giù qualche medicina di quelle che più di un amico gli aveva consigliato per trovare un attimo di tregua a quello stato di veglia quasi ininterrotta. Il problema era che lui, fin da quando era un ragazzo, aveva sempre diffidato delle soluzioni farmaceutiche a certi problemi. Anche nei mesi successivi al suo terzo incontro con Paret, quando gli incubi e la disperazione venivano a fargli visita ogni dannata notte, non aveva mai ceduto, costringendosi a camminare piuttosto per ore nel buio di una camera da letto o, quando la stagione lo permetteva, passando lunghe, interminabili ore appoggiato alla ringhiera di un balcone fissando il vuoto o la strada sotto di lui.

Sei milioni di dollari…

Quando dopo l’ennesimo ricalcolo della cifra totale che si era portato a casa per i suoi centoundici incontri da professionista si trovava a constatare che il margine di errore nella stima era di un paio di bigliettoni al massimo (la sua memoria ancora funzionava benissimo), la domanda era sempre la stessa di quel momento:

Ma dove diavolo sono finiti? Che cosa mai ci avrò fatto?”

Non era mai stato uno da lussi sfrenati, alla fin fine quando ancora era sulla cresta dell’onda non è che si fosse concesso chissà cosa. Certo, in quei giorni, come adesso d’altronde, aveva sempre voluto divertirsi. Ma alla fin fine si trattava pur sempre di roba da poco: amava ballare, far festa in qualche locale quando gli allenamenti e il ritmo degli incontri lo permetteva (quindi non troppo spesso), offrire un drink o una bottiglia di champagne ai suoi compagni d’occasione. Niente di che, rispetto a una cifra mostruosa come quella che, anche al netto di un’inflazione galoppante, sarebbe dovuta essere sufficiente a garantirgli un post carriera dorato.

E dunque? Perché dopo aver tenuto il cartellone nelle principali arene sportive americane ed europee, dopo aver incrociato i guantoni con gente come Monzon, Napoles, Dick Tiger, Benvenuti, Rodriguez, Fullmer e tutto il gotha della boxe mondiale dei suoi tempi, si era ritrovato vittima di quella inarrestabile emorragia di filigrana, che per un periodo lo aveva costretto addirittura ad accettare un lavoro come guardia carceraria per tirare avanti?

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