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Il bambino e le isole. Intervista a Marino Magliani

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Per le Tre Domande del Libraio, questa settimana su Satisfiction, incontriamo lo scrittore ligure Marino Magliani, in uscita in questi giorni, per la casa editrice 66thand2nd, con un romanzo emozionante e sognante dal titolo “Il bambino e le isole (un sogno di Cavino). Scrittura del paesaggio in questo piccolo gioiello con la Liguria, la malinconia e il randagismo a cui Marino Magliani ci ha abituati.

Antonello Saiz

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Marino, arrivi nelle librerie il 7 aprile con questo romanzo particolarmente ispirato che è un omaggio a Italo Calvino nel centenario della nascita. Ti avevamo lasciato un annetto fa con il tuo romanzo, uscito per L’Orma edizione,  “Il cannocchiale del tenente Dumont”, nella dozzina de Il Premio Strega.  Ci vuoi raccontare come nasce questo nuovo romanzo e se ci porti anche nell’officina di lavorazione del libro ?

Grazie ai Diari di Bordo e a Satisfiction. Sono da sempre legato a Italo Calvino, non solo alla sua prosa. Suo padre era un botanico di fama, ma era un contadino dentro, al ritorno da Cuba, dove Calvino, sappiamo, era nato, il padre Mario si è dedicato a sperimentazioni, e a una serie di provvidementi per migliorare le condizioni dei contadini. Si è dedicato a esserlo, sostanzialmente, un contandino e uno che amava <<trafficare>> nella terra. Anche mio padre trafficava nei solchi e negli ulivi, almeno fin quando a fine aprile non partiva per la stagione estiva per fare l’aiuto cuoco in Costa Azzurra. Insomma, entrambi figli di contadini ibridi, Calvino e io siamo cresciuti col mito della discesa, del mondo <<in giù>> da conoscere malgrado i vecchi ci esortassero a dare una mano in campagna. Alla spiaggia salata e non sotto l’ombra bionda e azzurra degli ulivi, insomma col salso al posto dell’odore di pesticidi. A parte questo aspetto gigantesco di somiglianza fraterna, non posso ritenermi uno specialista in Calvino. Forse la vera passione stava proprio in quel trasgredire la verticalità, ligure, quella del Barone rampante, ad esempio, e del resto del suo Ligurale: la necessità di iniziare a pensare una Liguria orizzontale. E in un certo senso, come non potrebbe esserlo, orizzontale, un romanzo come Il bambino e le isole.

In questa piccola rubrica settimanale di Satisfiction, parecchio visualizzata dai lettori, ci piace molto soffermarci sulla trama e l’intreccio dei romanzi. Ti va di dettagliare e incuriosirci, fin dove puoi?

Un bambino gioca a pallone in qualche carruggio ligure, naturalmente in discesa, il pallone scappa, rimbalza, prende una scalinata, scavalca una ringhiera e si ferma oltre i binari. Siamo negli anni trenta, ma anche oggigiorno, un bambino non farebbe di tutto per recupare il pallone perduto?. Non fosse che la madre l’ha sempre detto ben chiaro e tondo: i binari non si attraversano, per nessun motivo. E allora al bambino non resterà che costeggiare i binari e andare a vedere dove finiscono per tornare e riprendersi il pallone. Chi è che sosteneva che non c’è nulla di più verticale di un albero maestro in mezzo al mare? Ma la Liguria della linea ferroviaria che l’attraversa da punta a punta è ancora più orizzontale del mare che prosegue accanto a lei. La vita, tuttavia, si fa in salita e il bambino invecchia cercando il punto dell’universo da cui poter tornare al sogno del pallone. Ci sarà ancora, sarà sgonfio? Il mistero non sta in questo ma nello scoprire che la fine dei binari è introvabile?

Un romanzo struggente, suggestivo, che ancora una volta ti colloca, non solo tra i grandi autori del ponente ligure, ma, come sono solito dire io, tra i più grandi della letteratura contemporanea. Raccontando di Calvino e Benjamin, a questo giro,  testimoni non solo la tua straordinaria capacità di scrittura, ma anche l’abilità affabulatoria nel saper costruire trame che raccontano il bizzarro e talvolta tragico dipanarsi dell’esistenza umana. Due giganti e due personaggi realmente esistiti: raccontaci come ti sei documentato e quali sono le aspettative per l’accoglienza di questo che è un vero e proprio gioiello di rara bellezza?

Walter Benjamin frequentava la Liguria, a Sanremo viveva la sua ex moglie, che gestiva una pensione, e Benjamin alloggiava lì, ci andò tre volte negli anni. Secondo una leggenda a Sanremo Benjamin perse una valigia con scritti e libri per bambini. Italo Calvino in quegli anni era poco più di un bambino, affascinato dalla lettura, correva su e giù per i carruggi con suoi amici. Non lo so se si sono incontrati, ma nella nota finale scrivo che nelle pagine del romanzo è successo, e allora è vero: c’è una logica che non si può avversare, mi diceva Antonio Tabucchi, il mistero va sempre assecondato, è superiore alla teoria dei Quanti. Che poi Calvino avesse in mente di scrivere il racconto di un bambino che perde il pallone oltre i binari, lo dissero i suoi amici nelle interviste, prima della sua morte e dopo. Nessuno smentì mai tale possibilità. E a quel punto (che succeda per i cent’anni è un po’ un caso) occorreva scriverla, perché Calvino non lo fece mai. Mi sono documentato leggendo tutto su di lui, e soprattutto La città visibile, di Romano Lupi, che rileva particolari sulla questione del sogno di Calvino. Ma non ho voluto ricreare minuziosamente una geografia ferroviaria, ad esempio di Alassio, ponte e cavalcavia e rupi sul mare sormontate da cappelle, manca un po’ tutto, anche se c’è la collina e Solva, perché c’è la villa di Carlo Levi, e non mancano le isole, e l’amicizia adulta di Calvino con Carlo Levi, i disegni di un mondo di sporgenze e speroni in procinto di spezzarsi e farsi isola.

Non resta altro che augurare ai Lettori e alle Lettrici forti di abbandonarsi alla magia della Lettura di Il bambino e le isole (un sogno di Calvino).

Antonello Saiz

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