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Lacy M. Johnson anteprima. Il corpo ricorda

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E’ in libreria, pubblicato da NN Editore e tradotto da Isabella Zani, Il corpo ricorda della scrittrice americana, attivista e docente, Lacy M. Johnson. Inserito dalla casa editrice milanese nella sua nuova serie le Fuggitive – storie di donne in fuga e alla scoperta di una nuova identità nel mondo oltre i confini spazio-temporali – questo memoir è stato finalista al National Book Critics Circle Award for Autobiography, al Dayton Literary Peace Prize, e all’Edgard Award for Best Fact Crime, oltre ad essere stato selezionato tra i migliori libri del 2014 da Kirkus, Library Journal e Houston Chronicle. All’inizio è fuga da un seminterrato insonorizzato, prigionia d’amore. Lucy ha poco più di vent’anni, è scappata “barcollando come una torcia umana” dal suo aguzzino, l’uomo con cui ha vissuto per anni tra speranze violentate, botte e prevaricazioni. Un carnefice e una vittima i cui ruoli sono codificati nei rapporti della polizia, dell’FBI, negli incontri con il pubblico spettatore e con gli psichiatri, tra pillole colorate che fanno sparire e tornare “altri appetiti”. Con un linguaggio crudo e lirico la “vittima”, senza alcuna autocommiserazione, lotta per passare “dall’altra parte” – The Other Side è il titolo originario di questa storia intima – scrivendo un libro di memorie che sequestra il lettore sino all’ultima pagina.

Claudia Caramaschi

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Perfino ciò che la mente dimentica, il corpo ricorda. Ricordo il gatto morto. La copertina azzurra fatta a maglia. Il giardino dietro l’appartamento. Ricordo il sole sulle spalle, la terra nera e tiepida sulle mani. Ricordo di aver pianto a letto. Ricordo di essere uscita dalla stanza e di essermi seduta al tavolino accanto alla finestra del salotto.

Ricordo che sono seduta, anni dopo, nel salotto della Mia Cara Amica, a bere un bicchiere di vino, quando il suo gatto mi stira la tiepida lunghezza del suo corpo sotto la mano.

Mi torna un altro ricordo.

Sono a letto nella camera buia a piangere per il gatto che è malatissimo, per il viaggio in Europa a cui dovremo rinunciare per la grave malattia del gatto, per il sangue che ho scoperto gli colava dal naso e dalle orecchie e dall’ano, quando sento dalla cucina un tonfo tremendo, seguito da un altro e da un altro ancora. Il tonfo diventa uno schianto, una frattura di qualcosa che non è fragile. Smetto di piangere e tendo l’orecchio al silenzio che segue, cercando di capire cos’ho sentito.

La porta d’ingresso si apre e si chiude.

Dalla finestra del salotto vedo l’Uomo Con Cui Vivo che raggiunge il cassonetto, reggendo qualcosa di scuro e floscio dentro un sacchetto di plastica azzurra. Torna in casa e io gli chiedo che cos’ha fatto. Lui va in cucina senza rispondere e poi riesce di casa con un coltello. Respira ancora, dice, e va. Io dico alla gente che abbiamo fatto sopprimere il gatto. Lascio un breve messaggio sulla segreteria della Mia Sorella Maggiore. Telefono ai miei e loro dicono che è stato meglio così. Per anni lo dico anch’io. Ora però, seduta nel salotto della Mia Cara Amica, non riesco a ricordare come e quando sono arrivata a credere a quella bugia. Riesco a tornare a quella camera buia. Riesco a chiudere la porta e a spegnere la luce. Riesco a fasciarmi con strati e strati di lenzuola spiegazzate.

Il mio amore per l’uomo esige che il gatto sia vivo. La mia paura di lui esige che il gatto sia morto. Ciascuna emozione necessita dell’altra e la nega: la camera buia, la terra nera e tiepida sulle mani.

© 2014 Lacy M. Johnson

© 2022 Enne Enne Editore, Milano

Berla & Griffini Rights Agency

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