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Luca Ricci. Gotico rosa

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Morire a Venezia, come nel romanzo di Giuseppe Berto che Enrico Maria Salerno portò al cinema con i volti ancora giovani di Tony Musante e Florinda Bolkan. Che film! E che romanzo! L’Anonimo di Deliquio Veneziano, la prima delle sette storie di Gotico Rosa, il libro che segna il ritorno di Luca Ricci alla forma breve dopo la quadrilogia delle stagioni, la sua Bolkan l’ha persa per sempre. Vorrebbe suicidarsi annegando nel Canal Grande, ma schiantarsi nell’acqua bassa e verdognola che ristagna tra i palazzi per la calura estiva ha poco di romantico. Non è struggente. Non c’è poesia. Meglio allora spostarsi al Lido col vaporetto. Metti poi che quando stai lì, a boccheggiare tra le onde, arrivi a salvarti una sirena, bionda e suadente, che ti frega più di morire? Fuori sincrono col tempo e le stagioni dell’amore, i maschi di Ricci somigliano poco a quelli di Updike e di Philip Roth, o al Chinaski di Bukowski: sono uomini disperati, fragili, in cerca di rassicurazioni, che chiedono in continuazione “Mi ami?”; destinati a soccombere di fronte a donne aride, esigenti, pragmatiche, disilluse.

Il doppio adulterio de Il Racconto Della Pioggia dura undici temporali. Il matrimonio dello scrittore di Gotico Rosa è dominato da un’ossessione ultraterrena. Usurate dalla noia e dall’incomprensione, sopravvalutate o guastate dal sesso, le storie d’amore di Ricci non hanno mai un lieto fine. La baby squillo di Vitalità Dell’Amore seduce il medico che le somministra il vaccino contro il papilloma virus. “Se ti innamori di una ragazzina, non lo fai per la sua freschezza… lo fai per riflettere su te stesso, sul tempo che passa” gli dice l’amico Walter. L’adulto tenuto al guinzaglio dalla sua Lolita è un tipo ricorrente nella narrativa di Ricci, da Gli Estivi a Trascurate Milano, la più lunga di queste storie, che l’autore ambienta nella metropoli frenetica e distratta dalle festività di fine anno. Un uomo sposato e una studentessa si incontrano nei vagoni della metropolitana, metafora dell’invisibile e di un’intimità perversa. Il Natale si spegne e perde la sua forza moralizzatrice. Lo strusciamento dei corpi accende la fantasia; la libertà divampa nella passione, si annullano le convenzioni e tutto diventa pericolosamente lecito: il sessantunesimo racconto di Dino Buzzati, il più bello. 

Angelo Cennamo

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