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Marisha Pessl anteprima. Teoria e pratica di ogni cosa

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Dal 5 Aprile sarà in libreria il libro del 2006 di Marisha Pessl, Teoria e pratica di ogni cosa (titolo originale: Special Topics in Calamity Physics, Bompiani, 2023, pp. 688, € 16,00) con traduzione di Carlo Prosperi.

Teoria e pratica di ogni cosa è un romanzo di formazione cupamente esilarante con una storia ricca di colpi di scena raccontata attraverso la voce inconfondibile della sua eroina, Blue van Meer.

Dopo un’infanzia trascorsa a spostarsi da un avamposto accademico all’altro con il padre (un uomo incline agli aforismi e alle relazioni brevi), Blue è intelligente, spigliata e in possesso di un vasto lessico di conoscenze letterarie, politiche, filosofiche e scientifiche, oltre a essere una vera e propria cineasta. Durante l’ultimo anno di liceo presso l’elitaria (e insolita) St. Gallway School di Stockton, nella Carolina del Nord, Blue si lega a un carismatico gruppo di amici e alla loro accattivante insegnante, Hannah Schneider. Ma quando l’annegamento di uno degli amici di Hannah e la morte scioccante della stessa Hannah portano a una confluenza di misteri, a Blue non resta che cercare di dare un senso a quanto accade.

Tra le immagini interessanti, un uomo dimenticabile è riassunto come “una bustina extra di sale che ci si dimentica in fondo al sacchetto del fast-food”; gli insegnanti della scuola di Blue hanno “gentili facce da topo”; le giornate solitarie ” si assiepavano come anonime scolarette”; e la voce di un ragazzo è ” rigida come un paio di scarpe nuove”. A volte spuntano visioni sorprendenti. “Perché di fronte a certe miserie umane, l’unico testimone dovrebbe essere il pavimento o, forse, gli alberi.”, dice Gareth alla giovane Blue. Un decennio dopo, quando è costretta a confrontarsi con una di queste miserie – una donna che suo padre ha rifiutato – pensa che ci sono poche cose al mondo “più strazianti del pianto di un adulto”. Poco prima della misteriosa scomparsa di Hannah, dice a Blue: “la vita dipende da un paio di secondi che arrivano senza preavviso”. Questa triste verità è qualcosa che Blue, la cui madre è morta in uno strano incidente quando aveva 5 anni, conosce da quando era bambina. “Non era tanto l’evento tragico in sé ma il fatto che gli altri ne avessero coscienza a impedirgli di superarlo”, riflette Blue.

A tre quarti del libro, il romanzo si trasforma improvvisamente in un giallo avvincente con una trama gratificante e complessa, una narrazione vertiginosa in stile “Soliti sospetti” con strizzate d’occhio ai romanzieri polizieschi convenzionali (Agatha Christie) e non convenzionali (Carlo Emilio Gadda).

E quello che sembrava un racconto liceale adattato alla storia di un investigatore dilettante si rivela un esercizio di preparazione di immensa abilità.

I punti di forza di Pessl si rivelano nella rappresentazione dell’isolamento e della vulnerabilità dell’adolescenza, nella solitudine impenetrabile di Blue e nel finale che è il trionfo del libro.

Da non perdere.

Carlo Tortarolo

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Nulla è più avvincente di un rigoroso corso scolastico,” disse a bruciapelo.

Dovetti alzare gli occhi al cielo o fare una smorfia di disgusto, perché lui scosse la testa, si alzò e mi appioppò il malloppo – dell’impressionante spessore di cinque centimetri – in mano.

Dico sul serio. Esiste qualcosa di più splendido di un professore? Lascia perdere la sua capacità di forgiare le coscienze e il futuro del paese, quella è un’affermazione azzardata; c’è poco da fare quando escono dal ventre materno già predestinati alla Playstation. No. Voglio dire che un professore è l’unica persona della terra che ha il potere di mettere una cornice credibile attorno alla vita – non tutta, Dio, no: almeno a un frammento, a una piccola scheggia. Organizza l’inorganizzabile. Lo suddivide abilmente in moderno e postmoderno, rinascimento, barocco, primitivismo, imperialismo e così via. Lo ricuce con tesine, vacanze, esami intermedi. Tutto quell’ordine è semplicemente divino. La simmetria di un corso semestrale. Pensa alle parole stesse: seminario, propedeutico, workshop avanzato di chissà cosa aperto solo a laureandi, dottorandi, ricercatori… e il tirocinio – che parola meravigliosa, tirocinio! Mi prendi per matto?

Ma guarda un Kandinskij. Disordinato, incomprensibile: ci metti una cornice e… voilà, fa la sua bella figura sopra il camino. La stessa cosa succede con il piano di studi: quel celestiale, sublime insieme di indicazioni culminanti nella spaventosa meraviglia dell’esame finale. E cos’è l’Esame Finale? Una verifica della comprensione più profonda di concetti immani. Non c’è da stupirsi se tanti adulti desiderano tornare all’università, a tutte quelle scadenze: aaah, quella struttura! Un’impalcatura a cui aggrapparsi! Certo, è arbitraria, ma senza siamo perduti, del tutto incapaci di separare il romantico dal vittoriano nella nostra vita triste e sconcertante…”

Dissi a papà che aveva perso la testa. Rise.

Un giorno vedrai,” disse strizzando l’occhio. “E ricorda.

Correda tutto ciò che dici di impeccabili annotazioni e, se possibile, fornisci supporti visivi strabilianti perché, fidati, ci sarà sempre un cretino seduto nelle ultime file – da qualche parte vicino al calorifero – che agiterà la mano grassoccia lagnandosi: ‘No, no, ha sbagliato tutto.’”

Deglutii, con gli occhi fissi sulla pagina bianca. La stilografica volteggiò in triplo lutz tra le mie dita, e lo sguardo scivolò fuori dalla finestra dove, giù nell’Harvard Yard, studenti solenni, le sciarpe di lana annodate attorno al collo, affrettavano il passo sui prati e lungo i vialetti. “‘L’armi canto e l’eroe… fuggiasco per fato’,” aveva declamato Maurice solo poche settimane prima, tenendo curiosamente il tempo con il piede a ogni parola, tanto che gli si era sollevato il risvolto dei pantaloni scozzesi e faceva capolino uno spiacevole scorcio delle sue esili caviglie e dei raffinati calzini bianchi. Trassi un respiro profondo. In cima alla pagina scrissi, più chiaro che potei, “Piano di studi” e poi “Letture obbligatorie”.

Era sempre così che iniziava papà.

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