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Metànoia

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«In verità io vi dico: Se non cambiate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete affatto nel regno dei cieli. Chi pertanto si abbasserà come questo piccolo fanciullo, è lui il maggiore nel regno dei cieli. E chiunque accoglie un bambino come questo nel nome mio, riceve me.» (Matteo, 18:3-5) L’altro giorno scrivevo a un’amica che si tenta di raccontare sempre la stessa storia dall’inizio dei tempi, ma si stenta a comprenderla.

Apuleio nel II secolo apriva il suo romanzo latino – che si concluderà con una metamorfosi di ritorno del protagonista, che rinascerà ancora uomo da asino che era diventato – così: Vedrai figure e sorti umane trasformarsi e poi tornare nuovamente a quello che erano. [figuras fortunasque hominum in alias imagines conversas et in se rursus mutuo nexu refectas ut mireris].

La con-versione, la metànoia appunto, è pertanto prima di tutto intro-versione: ritornare in sé. Che altro voleva dire l’amico Fritz nella sua folle autobiografia con “Diventare ciò che si è”? Bisogna progettare la propria morte, solo così ci si salva in vita: La meditazione della morte è meditazione della libertà. Chi ha imparato a morire, ha disimparato a servire. Il genio di Michel de Montaigne lo aveva detto con queste parole, perché ci ostiniamo a non voler capire… e tutto con tutto è in conflitto! Sì, proprio una “vita nuova” bisogna cercare, come indica il vangelo gnostico di Filippo: Quanti affermano che prima si deve morire e poi risuscitare, si ingannano. Se da vivi non ottengono la risurrezione, quando moriranno non otterranno nulla.

Evviva!

Luca Sossella 
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