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Newton Thornburg. Morire in California

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La conoscenza è dolore”, Eschilo, “Agamennone”, 458 a.C.

Il romanzo inizia in un piccolo paese dell’Illinois con la sepoltura di Chris, il primogenito diciannovenne di David Hook, un proprietario terriero e allevatore. L’autore non scade mai nella retorica, anzi procede con frasi taglienti come il gelo dell’inverno che investe personaggi e lettori, ma non rinuncia a metafore che si richiamano tra loro: dapprima l’attenzione di Hook è un treno che ha scartato di binario, poi la morte si fa nave che compare nella foschia di fronte a una piccola scialuppa. La grande azienda agricola del protagonista, e il suo essere un laureato in Letteratura comparata che dal Grenwich Village è partito con la moglie per rilevare una fattoria appartenente alla propria famiglia, un uomo senza fede e con una cinica, o meglio realistica, visione della politica, lo rendono una persona fuori dagli schemi nella comunità di Banner Hill. Hook ha inoltre “la fredda incapacità di essere o anche fingere di essere come uno dei tanti”. Sebbene non siano precisate le date, il romanzo si svolge molto probabilmente nell’inverno del 1970, e quando Hook intraprenderà il suo viaggio verso la West Coast, e precisamente Santa Barbara, si troverà di fronte alle conseguenze di un mondo in rapido cambiamento, una trasformazione ancora in atto negli anni successivi, anche in quel 1976 quando fu pubblicato “Cutter e Bone”, il capolavoro di Thornburg e il romanzo con un finale trai più memorabili della storia della letteratura.

La guerra del Vietnam qui viene menzionata unicamente di passaggio, ma dopo l’Offensiva del Tet (30 – 31 gennaio 1968 che avrebbe voluto essere una replica della battaglia di Dien Bien Phu), gli Stati Uniti aumentarono il numero di soldati dispiegati in Vietnam (già nel 1969 furono ben oltre mezzo milione) e Chris Hook, prima di essere arruolato, decide di partire per Los Angeles e risalire la costa. Il suo viaggio terminerà a Santa Barbara dove la sua morte viene archiviata come suicidio, proprio a Santa Barbara dove, venticinque anni prima, suo padre trascorse nove incredibili giorni di licenza dalla Marina Militare in compagnia di una donna, e questa e l’unica, ma fondamentale, coincidenza del romanzo.

Thornburg, grazie anche al suo lavoro come sceneggiatore, è in grado di costruire dialoghi realistici, così come le sue descrizioni, ma grazie a dei piccoli cambi di ritmo, che sfruttano in modo magnifico l’uso della sintassi, sa creare pagine fluide e profonde che mutano come i riflessi del sole. L’ossessione di Hook è trovare una spiegazione diversa dal suicidio per la morte del figlio che stando alle dichiarazioni di due donne “non aveva più alcun motivo per vivere.” Se si tiene presente “Cutter e Bone”, trasposto in un film con Jeff Bridges e John Heard, diventano subito evidenti le opposte direzioni del viaggio del e dei protagonisti: David Hook si muove dal Midwest verso la West Coast, mentre Cutter e Bone partono dalla West Coast per dirigersi verso i Monti Ozark, nel Missouri, che terminano al confine con l’Illinois.

È importante notare due fatti: Hook per le sue convinzioni ricorda molto da vicino l’autore, un uomo che in una intervista in tarda età racconta la perdita della fede, la rinuncia ai valori progressisti della giovinezza e all’arte (quando si spostò a New York la sua attività di pittore non sopravisse allo scontro con la città.) Quindi abbiamo di fronte un uomo e un protagonista segnati da un pessimismo profondo che non trovava spazio nel mondo in cui entrambi hanno vissuto. Questo, e Tommaso Pincio, che ha tradotto l’opera, lo sottolinea nella postfazione, spiega come mai Thornburg sia sempre stato tra gli scrittori ingiustamente dimenticati, la sua critica all’America non lasciava speranze, d’altra parte era l’autore che aveva scritto:

«Era molto agitato. Continuava a parlare di una ‘via d’uscita’. Tu sai cosa intendeva? Una via d’uscita? Ne esistono ancora

«Se ne trovo una ti avviso» replicò Bone.” “Cutter e Bone”, 1976.

Il secondo fatto è che “Morire in California” fu il suo primo romanzo a essere pubblicato come volume rilegato e venduto nelle librerie, in un’epoca in cui la letteratura di genere era relegata ai paperback delle edicole. In Italia si ripeté la stessa dinamica, la sua prima opera tradotta uscì ne I Gialli Mondadori. Però trascorsero troppi anni prima di poter vedere “Cutter e Bone” proposto con l’introduzione di George Pelecanos nell’edizione Fanucci del 2006: il testo fu letto da pochissime persone, prima di scomparire. Questa sembra, sì, la trama di un giallo!

Ritornando al romanzo, Thornburg scrive senza mai dare troppe spiegazioni, senza eccessi. Non ha sicuramente una scrittura minimalista, però si può definire minimalista il suo modo di porgere al lettore le informazioni. Hook, ad esempio, arriva a confrontarsi con amore e morte in termini filosofici, senza che nulla nei suoi pensieri risulti forzato. Il lettore deve prestare attenzioni ai dettagli, anche ai più piccoli per estrarre dal romanzo le scomode verità che vi sono impresse.

La California dopo gli omicidi della “Famiglia Manson” e di quelli del serial killer Zodiac è la cartina di tornasole di un cambiamento in peggio, in particolare per quello che riguarda l’uso di droga pesante. Di fronte alla scena di una overdose da eroina, Hook si rese conto che “morire in California non era tanto un andarsene in una terra straniera, quanto in un tempo straniero, un futuro alieno e brutale e senza amore che lui disprezzava e temeva.” Ed ecco che abbiamo il titolo del libro (la traduzione è quella letterale dell’edizione americana: “To Die in California”) inserita in un contesto preciso.

Le contraddizioni abbondano e non solo nelle dichiarazioni dei testimoni della morte di Chris che ben presto includeranno anche un candidato democratico al congresso, Douglas, e i suoi amici. Thornburg dipinge un quadro sconfortante. Quando Hook seduto su una spiaggia guarda le piattaforme petrolifere nel Pacifico, sente di essere trai due poli della “nuova crisi americana”, descrive il petrolio scaturito dal fondale come il sangue nero di un carcinoma del retto, mentre “alle sue spalle si ergeva la compatta contrafforte dei contestatori” che si opponevano ad aziende come quelle che sfruttavano le piattaforme. Il suo stare nel mezzo rappresenta bene la posizione “filosofica” del protagonista: è sempre attraverso il suo sguardo che gli eventi vengono narrati e di conseguenza, per quanto detto sulla vicinanza tra Hook e l’autore, chi legge può affrontare la visione del mondo dello scrittore. Thornburg trasforma molti paragrafi del romanzo in un’analisi della società fino a renderla una parte essenziale dell’atmosfera che dovrebbe impregnare i noir: ma siamo di fronte a un noir oppure a un romanzo che supera ogni distinzione di genere? Quando tre anni dopo uscì “Cutter e Bone”, la recensione del New York Times si poneva implicitamente la stessa domanda.

This is the hook in crook of your neck”, da “The Hook” (letteralmente: ‘uncino’), Grant Lee Buffalo, 1993.

Il tema principale di “Morire in California” è la rivelazione di ciò che è realmente accaduto e la verità genera sempre dolore. “La rabbia era la sola cosa che lo faceva andare avanti”: se questo è il motore della prima metà del romanzo, in seguito questo sentimento assume altre sfumature fino a trasformarsi nel basilare desiderio di conoscenza. L’umana aspirazione di svelare e comprendere l’essenza dei fatti oltre l’apparenza supera, in Thornburg, la paura di poter perdere tutto. Tutto ciò diventa evidente nel comportamento di Hook alle fine della narrazione, e nello strano rapporto che infine si instaura con Douglas. Questa è la chiave per aprire e interpretare il romanzo: qualcosa di più profondo, più tragico e più letale di un delitto. Non esiste via d’uscita, lo abbiamo visto poco prima, o almeno, nella prospettiva di Thornburg, quelle che un tempo potevano esserci sono ormai scomparse. Per sempre.

Enzo Paolo Baranelli

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Newton Thornburg

Morire in California

pp. 376

19 €

Big Sur Edizioni, 2022.

(trad. Tommaso Pincio)

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