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Piero Malagoli. E avrai sempre una casa

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Inizio la recensione coraggiosa di oggi riportando innanzitutto poche righe delle note finali dell’autore: «[…] le minute informazioni e le curiosità sulla vita quotidiana dei personaggi, rappresentano il sale della narrazione».

Parto da qui perché, E avrai sempre una casa, romanzo scritto da Piero Malagoli e pubblicato da Edizioni Spartaco nel settembre dello scorso anno, si presenta fin dalle prime pagine come un buon piatto di brodo di carne, di quelli che facevano o fanno ancora le nonne, belli carichi, saporitissimi, quasi troppo salati, perché di informazioni, particolari, fatti, gesti, cose, colori e odori e tanto altro ancora, è ricchissimo questo libro, e narra così in modo esplicito la quotidiana realtà della famiglia McMath, degli sposi Zachary e Amy Paige, dei loro figli e dei loro lavoranti. Un piatto gustosissimo.

La famiglia McMath vive in Arkansas, e ne seguiamo le vicende tra il 1860 e il 1864, nelle fasi finali della guerra di secessione americana, che proprio ai margini del suo percorso drammatico coinvolgerà la vita di questa famiglia.

L’ambientazione del romanzo è complessivamente molto impegnativa, sia in termini di momento storico in America del Nord, sia in termini di luogo geografico fatto di territori immensi, nello stesso tempo floridi, coltivabili, utilizzabili per l’allevamento di bestiame, ma anche sperduti, desolati, estremamente poveri di presenze umane. Impegnativa è la vita delle persone, una vita di fatiche immense per poter sopravvivere, non per godersi la vita.

Zachary e il figlio più grande Isaac, coadiuvati da lavoranti bianchi e neri, hanno organizzato e gestiscono con passione e competenza una discreta attività di coltivazione del cotone, allevano polli e maiali, riuscendo a sfamare e stipendiare tutti coloro che sono coinvolti. Il lavoro viene narrato in modo così speciale che pare di sentire addosso la fatica e il sudore dei contadini mentre leggi. Viene quasi l’istinto di guardarsi addosso per vedere se sei sporco di fango, e sembra talvolta di sentire l’odore della terra o del bestiame.

E dietro a un brav’uomo, c’è Amy Paige, una grande donna (o una schiava come tutti gli altri lavoranti?!), che come oggi fa la sua parte di lavoro nei campi e poi anche tutto il resto, in primis, partorisce figli, che servono per mandarli nei campi. Ma Reese, l’ultima arrivata della nidiata McMath, purtroppo mette fine alla vita di Amy Paige, e segna l’inizio di un’apparente inarrestabile discesa. Siamo a pagina 1.

Mi sono chiesto più volte, leggendo con avidità questo duro romanzo di Piero Malagoli, perché avesse deciso di scriverlo, di raccontare questa storia, e la stessa cosa mi era già capitata con L’ussaro sul tetto di Jean Giono.

Io definirei questo lavoro letterario come il tronco di un albero, lavorato dalle abili mani di uno scultore appassionato, che intaglia, scava, lavora con decisione e con amore, la materia lignea, per estrarre la scultura che ha in mente. Priva, gesto dopo gesto il tronco, di parti della sua struttura, per far emergere quello che conta davvero. Forse l’ha scritto per questo motivo, per scoprire qualcosa di prezioso.

Questo è un romanzo di costante e progressiva diminuzione, un percorso segnato dalla rapida scomparsa di elementi e persone essenziali, indispensabili, pare una inesorabile discesa all’inferno, che nemmeno Giobbe forse ha vissuto in modo così veemente. Eppure, tutto questo è accompagnato da una sola e unica presenza costante, che interroga, che spesso ingombra, intralcia, infastidisce anche, ma dalla quale Kayla, giovane figlia di Zachary e Amy Paige e vera protagonista del romanzo, non si stacca fino alle ultime righe: la presenza di Dio.

Dio è per lei tutto, la speranza assoluta, incrollabile, anche nei momenti di maggiore fatica, la speranza certa, la speranza pregata in ogni occasione, ma soprattutto a chiedere la cosa più importante, il ritorno di Isaac, che subito dopo la morte della madre parte, arrabbiato, per la guerra.

Che senso ha tutta questa sofferenza? Che senso ha continuare a pregare Dio? Che senso ha fare figli se poi…? Aggiungete pure tutte le domande che volete. Qui troveranno buona compagnia.

Piero Malagoli ha creato un denso contenitore di coraggio, disperazione, paura, forza estrema, sangue, fame, sporcizia, fatica fino all’ultima goccia di sudore. Piero non si è risparmiato, così come non si risparmiano i suoi personaggi, e non risparmia nulla al suo lettore, pur regalando a tratti espressioni di grande poesia.

«Questa è la vita?!», sembra urlare ad ogni giro pagina, «Non fingiamo di non vedere, non guardiamo dall’altra parte!», e visti i tempi sembra che anche il nostro autore abbia avuto qualche strano presagio.

Io esco piuttosto provato dalla lettura di queste pagine, e invito tanti a mettersi alla prova come me.

Claudio Della Pietà

«A volte bisogna farle accadere, le cose».

Piero Malagoli

P.S. Un grazie particolare ad Antonello Saiz della Libreria I Diari di Bordo.

Recensione al libro E avrai sempre una casa di Piero Malagoli, Edizioni Spartaco, 2019, pagg. 333, euro 14.

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