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Vatican Tabloid. Intervista a Pietro Caliceti

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“Non si fa mai il male così completamente ed entusiasticamente come quando lo si fa per convinzione religiosa”.
Con questo esergo di Pascal, che pare essere un manifesto politico, si apre il nuovo romanzo di Pietro Caliceti, “Vatican Tabloid”, da poco in libreria per Baldini+Castoldi. Un libro denso e necessario che con un sapiente gioco narrativo ci aiuta a capire un preciso periodo storico di questo paese e anche a tenere viva la memoria su una storia feroce e atroce.

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Pietro, con il precedente romanzo, “L’opzione di Dio”, avevamo assistito al primo attentato jihadista in Italia e alla lotta per la successione al soglio pontificio tra il candidato dei tradizionalisti, Angelo Vignale, e quello dei progressisti, Warren Hamilton, un ex rugbista sudafricano. Vatican Tabloid si apre con Warren Hamilton dal Palazzo Apostolico benedicente su una Piazza San Pietro gremita di gente. Vogliamo iniziare raccontando cosa lega i due romanzi tra loro, i personaggi comuni, a partire da come sei arrivato a Baldini+Castoldi?

Parto dalla fine: a Baldini+Castoldi sono arrivato per una coincidenza legata al mio lavoro di avvocato.  Tanti anni fa, quando ancora si chiamava Baldini&Castoldi, con la & in mezzo (erano gli anni dei grandi successi di Faletti), ero stato nominato nel loro consiglio di amministrazione su designazione di una banca che all’epoca era azionista di minoranza.  Così avevo conosciuto l’amministratore delegato dell’epoca, Alessandro Dalai, e suo figlio Michele.  Molti anni dopo, quando avevo iniziato a scrivere il mio primo romanzo, L’Ultimo Cliente, chiamai Michele e gli dissi: “senti un po’, forse penserai che sia matto ma io mi sono messo a scrivere un giallo.  Se ti mando fin dove sono arrivato, mi dici per favore se ha senso che vada avanti o se è meglio che continui a fare solo l’avvocato?” Così gli mandai le prime 50 pagine. Una settimana dopo lui mi richiamò, mi chiese se sapevo come farlo finire, io glielo spiegai, e lui mi fece subito un contratto, ancora prima che il libro fosse finito. Da lì il rapporto è proseguito, anche con la nuova proprietà che ora fa capo a Elisabetta Sgarbi.
Quanto al legame tra i due romanzi, sta nel fatto che sono entrambi parte di un disegno più ampio che, pur in un contesto “giallo”, mira a svolgere una riflessione sul rapporto tra Uomo e Dio nel mondo d’oggi, attraverso il prisma dei tre monoteismi abramitici.  Nelle mie intenzioni, il progetto dovrebbe articolarsi in una trilogia, di cui i primi due volumi (L’Opzione di Dio e Vatican Tabloid) dedicati al confronto tra Cristianesimo, e il terzo allargato all’Ebraismo. 
Nell’ambito di questo disegno complessivo, L’Opzione di Dio mirava un po’ a riscrivere in chiave contemporanea i Fratelli Karamazov, riprendendone in particolare l’idea che la Chiesa avrebbe tradito il messaggio di Cristo e suggerendo, quasi paradossalmente, che a quel messaggio siano per certi versi oggi più vicini i Musulmani (non a caso, in quel libro avevo riproposto il discorso del Grande Inquisitore ma mettendolo in bocca ad un iman).  La prospettiva era, però, tutto sommato ottimista: al fondo di quella inaspettata affinità, entrambe le religioni erano viste come portatrici di valori positivi; il Cristianesimo doveva ritrovarli, ma i valori erano lì.
In Vatican Tabloid la prospettiva è più pessimista. L’accento si sposta sul lato oscuro di quella affinità, che ha portato entrambe le religioni, nel corso del tempo, a giustificare ogni sorta di ignominia nel nome di Dio, da cui anche l’exergo di Pascal.  E per quanto riguarda la Chiesa, quella riflessione sulla contiguità tra religione e male si incentra in modo particolare sui primi anni del papato di Wojtyla: lo IOR, Marcinkus, il caso Calvi, quello di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, la vicinanza fra tanti alti prelati e la Banda della Magliana, l’antitesi tra Chiesa ufficiale e Teologia della Liberazione, le stragi di gesuiti in Centro America, l’oscura alleanza tra

 Wojtyla e Reagan ecc. ecc..
In questo secondo capitolo della trilogia, ritroviamo naturalmente tutti i personaggi del primo volume: i fratelli Alessio e Giovanni Macchia, che ne L’Opzione di Dio rappresentavano un po’ degli alter ego (anche nei nomi) di Alioscia e Ivan Karamazov; Laura Zacchi, la poliziotta fidanzata di Giovanni, che fa un po’ la parte di Dimitri, il fratello in qualche modo più cinico, che non si fa coinvolgere in dispute teologiche; e naturalmente Warren Hamilton, l’ex rugbista sudafricano ora divenuto Papa.  Hamilton è un personaggio a cui sono affezionatissimo, e di tutti quelli che ho creato finora è senza dubbio il più complesso; anzi, la sua complessità aumenta in continuazione, come se l’ascesa al soglio pontificio l’avesse ancor maggiormente caricato di consapevolezza.  E’ un uomo dalla religiosità profondissima, ma che non ignora il peccato e non dimentica il suo passato di peccatore (non per nulla ha un continuo dialogo interiore con Sant’Agostino). E allo stesso tempo è un realista, di un realismo tipicamente anglosassone, direi, che gli impedisce di baloccarsi con formule latine come fanno tanti suoi cardinali, o di illudersi che tutto vada bene: al contrario, ha ben presente che la Chiesa, la sua Chiesa, quella Chiesa in cui comunque sinceramente crede, è ormai inadatta, improbabile, sull’orlo del collasso.  In questa tensione tra la constatazione del fallimento e la volontà di porvi rimedio, contro ogni razionalità e speranza, sta tutta la tragicità di Hamilton, che me lo rende così caro.
Poi, naturalmente, in Vatican Tabloid entrano in scena anche personaggi nuovi, primo fra tutti Ben Keller (un cognome che è un omaggio a Don Winslow), il capo dell’Entità, il servizio segreto vaticano.  Una organizzazione di cui pochi sono a conoscenza, e che in realtà non ha neanche un nome ufficiale, ma che esiste da secoli e che Simon Wiesenthal, il celebre cacciatore di criminali nazisti, ebbe una volta a definire “il migliore e più efficace servizio segreto al mondo”.  Un personaggio anche lui molto interessante!

Una storia complicata e intricata, i cui fili sono tenuti, però, sapientemente dall’inizio alla fine del libro al punto che il lettore resta inchiodato ai singoli brevi capitoli che si susseguono per ben oltre 500 pagine. Vogliamo, Pietro, immergerci tra le pagine di Vatican Tabloid e dettagliare fin dove puoi la trama.

Il libro si apre con Hamilton che, da poco eletto, saluta la folla dalla sua finestra nel Palazzo Apostolico.  E’ una scena che propone subito uno dei temi centrali del libro: la folla è lì sotto, riunita in capannelli, che sventola bandiere, suona chitarre, intona cori di Chiesa, come abbiamo visto tutti fare spesso in Piazza San Pietro; ma dentro quei cori, quello strimpellare di chitarre, Hamilton sente un vuoto pauroso. Quella gente cerca conforto nella moltitudine, nell’essere in tanti, nel cantare tutti la stessa canzone edificante, perché in realtà è disperata, anzi, meglio, terrorizzata. Perché la Chiesa è l’unica cosa che hanno per sfuggire alla paura del nulla; ma sentono anche loro che la Chiesa si sta sgretolando, che crederle è sempre più impossibile, che il nulla avanza, che sta vincendo.  Hamilton vede il suo papato come una missione: se Dio l’ha voluto al soglio pontificio, pensa, è perché ponga un freno a questo nulla, perché faccia rinascere questa Chiesa ormai esangue. E’ in questa prospettiva che ha scelto il suo nome di Papa, ed è in questa prospettiva che, appena eletto, ha indetto un Anno Santo straordinario.  A questo sta pensando, quando riceve una lettera anonima agghiacciante: “ridacci i nostri soldi o morirai”.
Chi è che minaccia il Papa? E perché sostiene di avere un credito nei suoi confronti?
Hamilton chiama subito a indagare L’Entità, il servizio segreto vaticano, da poco sotto la guida di Ben Keller, un ex funzionario della CIA dal passato ambiguo. Ma chiede anche ad Alessio Macchia, nel frattempo divenuto suo segretario personale, di condurre un’inchiesta parallela.  Quasi in contemporanea, nell’ambasciata della Santa Sede a Roma vengono ritrovate delle ossa umane; e, come già era avvenuto nel 2018, la scoperta fa riesplodere per l’ennesima volta il caso di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, la cui scomparsa da sempre ha fatto pensare a qualche coinvolgimento vaticano.  Anche la Polizia di Stato ricomincia quindi a investigare.
Mentre le indagini si dipanano, il Papa e il suo aiutante devono fare i conti anche con i loro demoni personali.  Hamilton cerca con tutte le sue forze di portare avanti il suo progetto per far rinascere la Chiesa, ma ogni passo che muove in tal senso non fa altro che attirargli l’odio dell’intera Curia.  Macchia, dal canto suo, è sempre più oppresso dal senso di colpa per l’alleanza che ha stretto al fine di consentire l’elezione di Hamilton, di cui solo ora inizia a capire tutte le implicazioni.
Le indagini saranno, per tutti, l’occasione per un viaggio nel tempo e nello spazio, che li porterà a confrontarsi con una serie di fatti apparentemente scollegati avvenuti nei primi anni ’80 al di qua e al di là dell’Atlantico, il cui quadro d’insieme è terribilmente pesante.

Papa Bergoglio ha dedicato un breve passaggio di uno degli ultimi Angelus al caso di Emanuela Orlandi, ancora attualissimo dopo quarant’anni.  Il libro prende una piega straordinaria proprio quando diventa inchiesta e tenta di ricostruire le tante verità intorno alle scomparse nel 1983 di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Lo fai anche attraverso una precisa analisi dei fatti reali e le testimonianze dei protagonisti diretti del tempo entrando nel cuore della vicenda e indagando sulle circostanze e i responsabili. Un romanzo con il rigore del giornalismo di inchiesta che fa pensare a Truman Capote. Ci racconti Pietro, innanzitutto, come ti sei documentato e, poi,  per avere un risultato letterariamente così credibile, come hai fatto a districarti in maniera oggettiva tra mille ipotesi e depistaggi e omissioni e telefonate anonime e mille e mille inquietanti inquinamenti sul caso?

Eh, in effetti il passaggio di Bergoglio è stato proprio breve…
Scherzi a parte, il riferimento a Capote mi onora, ma oggettivamente penso proprio di avere fatto qualcosa di molto simile a quello che aveva fatto lui, nonché a quello che ha fatto e continua a fare Ellroy (a cui il mio titolo rappresenta un chiaro omaggio).  Tutti i miei romanzi si fondano su un accuratissimo lavoro di ricerca, ma per Vatican Tabloid l’impegno è stato molto superiore a tutti gli altri, e mi ha preso più di due anni.  Ho letto tutto, ma veramente tutto, quello che era stato scritto sul caso Orlandi-Gregori; mi sono letto ogni libro, ogni articolo, ogni atto giudiziario disponibile; mi sono guardato tutte le interviste, tutti i documentari, i film. Tutto quello che è stato scritto sulla Banda della Magliana, sull’omicidio Pecorelli, sul Vaticano e lo IOR dei primi anni ’80, sui rapporti tra servizi segreti, mafia, malavita ed eversione nera.. E poi tutto il versante oltre Oceano, che nell’economia del libro è fondamentale: le indagini di Carl Bernstein e Gary Webb sui legami tra Reagan e Wojtyla; quelle di Penny Lernoux sulla politica di Reagan in Centro America; i rapporti della CIA sull’affare Contras (da poco desecretati); gli scritti dei Padri della Teologia della Liberazione; le indagini sui massacri di preti e civili in Centro America, e tante altre cose che ci vorrebbero decine di pagine per elencarle (per chi fosse interessato, maggiori informazioni si trovano sul mio sito www.pietrocaliceti.com alla sezione “The Making Of”). Ma poi, come hanno fatto Capote ed Ellroy, si è trattato in qualche modo di sublimare tutto, di prendere tutta questa enorme massa di informazioni e di farne non un’indagine giornalistica, ma un romanzo. Questo è un punto che merita sottolineare, perché, anche a causa della rinnovata attualità del caso Orlandi, qualcuno potrebbe pensare che Vatican Tabloid sia l’ennesimo libro-inchiesta, o miri a prospettare una sua teoria sulla vicenda.  Non è così, allo stesso modo in cui non può dirsi che American Tabloid sia un libro-inchiesta sul caso Kennedy.  Vatican Tabloid non mira affatto a trovare la verità sul caso: semmai è esattamente il contrario. Nel romanzo, nessuno dei protagonisti ha una visione completa dell’accaduto: l’unico che a un certo punto pensa di averne raggiunto un quadro completo è il lettore; ma all’ultimo momento anche il lettore, dopo un capitolo che rappresenta un omaggio a quello che forse è il miglior film sull’inganno e sulla dissimulazione che io conosca, capisce che deve dubitare di tutto quello che fino a quel punto aveva pensato di capire.  In questa prospettiva, Vatican Tabloid è piuttosto un romanzo sulla impossibilità di raggiungere la verità.  E, a sua volta, questa è una metafora dell’impossibilità di raggiungere Dio: ognuno si costruisce la propria immagine del mondo sulla base di un quadro incompleto, come ognuno si dipinge un Dio a proprio uso e consumo, ma Dio e la verità restano per sempre al di fuori della nostra portata. Con il che il discorso torna all’altro exergo di Pascal con cui si apriva L’Opzione di Dio: Dieu s’est voulu cacher, Dio si è voluto nascondere.

Buona Lettura di “Vatican Tabloid” di Pietro Caliceti

Antonello Saiz

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