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Anne Weber. Annette, un poema eroico

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Ci sono libri che ti accompagneranno nel viaggio. Non è detto che siano i migliori che tu abbia letto, quelli che ti hanno fatto piangere, o sorridere. Eppure ti accompagnano. Perché, resta un mistero, sarebbe come rispondere alla domanda: come si fa a scrivere un buon libro?

Non esistono delle regole da seguire passo passo e, se esiste una lista del genere – come dicono in certi corsi di scrittura creativa – Anne Weber, con il suo Annette, un poema eroico, edito da Mondadori e tradotto da Agnese Grieco, le sovverte tutte.

Nessuno vi direbbe, ad esempio, di scrivere un poema eroico negli anni 20 del secolo nuovo. Nessuno vi consiglierebbe di farlo in versi liberi, di entrare nella storia come il più ingombrante dei narratori, nessuno di scrivere l’ennesima vicenda che si svolge nella seconda guerra mondiale, eppure Anne Weber lo fa, fa tutte queste cose e non solo, vi coinvolge, vi costringe a pensare, bussa alla vostra mente – come succedeva alle porte dei conventi un tempo – e vi lascia un personaggio in fasce, da cullare, accudire, che non vi lascerà dormire.

Questo mi è successo dopo aver letto le 173 pagine in cui si condensa la crisalide di una vita in versi, ne ho parlato a mia moglie come se la protagonista, Anne Beaumanoir, fosse qualcuno che anche lei conosceva e la cui condotta passata si può relazionare alla nostra vita di adesso.

Genitore lei, genitori noi, ci siamo chiesti, avresti fatto lo stesso? Avresti lasciato i tuoi figli per inseguire una causa tanto lontana? È etico? È davvero eroico?

E poi capisci, da lettore, da amante di libri, che la magia è avvenuta, che Annette vive, non solo in un piccolo paesino nel sud della Francia, ma a casa tua, dentro la tua cucina, come una vecchia zia che non vedi da un sacco di tempo ma che ancora è capace di farti arrabbiare, mettendo in discussione, con le sue scelte coraggiose, egoiste, intrepide e umane, la tua vita ordinaria.

Il libro parla di una donna, Annette Beaumanoir. Annette ha superato i novanta e vive in un paesino nel Sud della Francia.

Una sera, per caso, Anne Weber la conosce, la sente parlare e scopre la sua storia. Da ragazza Annette vive la barbarie nazista, cresciuta in una famiglia che non si piega, si aggrega alla resistenza. Il partito comunista la forma, la addestra ad un codice di regole ferree che lei impara ad aggirare per amore, e per la vita di due ragazzi ebrei di cui non conosce nemmeno i nomi.

Quando la guerra finisce, di Annette la partigiana non resta niente, in apparenza. Diventa un medico rispettato, una madre. Però esiste un richiamo, un segnale nel cielo che esplode all’improvviso. Chi ha combattuto, chi ha conosciuto la clandestinità, chi si è sentito un eroe, spesso fa fatica a ricrearsi un’identità civile. Per questo, io credo, Annette s’immischia, s’intromette, in una causa che non è la sua, ma la prima a portata di mano e che non la lascia in pace. Il nemico, stavolta è la Francia, l’oppresso è il popolo algerino. La posta in palio è altissima e Annette lo sa. Conoscerà l’esilio, la lontananza e il pentimento. Conoscerà la vita, quella che lei ha scelto, che lascia cenere e brace, come una galassia luminosa che tutti possono seguire.

Grazie ad Anna Da Re, e all’ufficio stampa di Mondadori, sono riuscito a rivolgere, all’autrice, tutte quelle domande che mi sono posto leggendo. Anne Weber era in Italia perché finalista al Premio Strega Europeo, dopo aver vinto il Deutscher Buchpreis. Cordiale, con maglietta bianca e giacca nera, si è presentata sorridente, affabile, anche se un po’ stanca per via di un viaggio reso più lungo da un treno guasto. Quando le ho chiesto del perché abbia scelto un’architettura letteraria tanto complessa, affascinante e, per certi versi, desueta come il poema, la sua risposta fiume si può condensare con la parola distacco. Dovendo affrontare il magma ancora incandescente di una storia relativa ad una persona viva, ha cercato il necessario distacco nella forma. Questa storia, racconta la Weber, è ancora in grado di commuoverla e quando le capita di leggere ad alta voce il passaggio in cui Annette salva i giovani ebrei, è spesso costretta a fermarsi con voce rotta dalla commozione. Purtroppo, spiega, il nostro è ancora un tempo bisognoso di eroi e, proprio per questo, un tempo molto triste. Lei, del resto, non ha mai usato il termine “eroico” se non nel titolo, perché Annette è una donna e le sue gesta non appartengono alla sfera di ciò che un super umano può fare, ma che tutti possono o dovrebbero, quando sentiranno l’ingiustizia subita dagli altri farsi macigno sul proprio petto.

Il personaggio di Annette, a mio avviso, solleva un dilemma etico dopo l’altro. Questo è ciò che la rende viva e oggetto di dibattito. A lungo ci si potrebbe interrogare sulla reale natura delle sue gesta e, del resto, lo stesso si è fatto e potremmo continuare a fare con quelle di Achille e di Ettore, e persino con quelle di Garibaldi.

Perché l’eroe cammina, di schiena, verso il baratro e compie sacrifici cieco e mendicante.

Pierangelo Consoli

Anne Weber, Annette, un poema eroico, Mondadori, pp. 174, euro 17,50.

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