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Jordan Farmer. Un diluvio di veleno

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Nella mia vita ho letto diversi romanzi in cui la musica è protagonista quanto i personaggi in un romanzo. Alla mente mi sovviene il suadente e misterico Armageddon Rag di George Martin dove horror, rock e fantasy danno vita a un’esperienza narrativa a dir poco cataclismatica, di recente invece ho letto Uccidi quei mostri di Jeff Jackson, un altro romanzo a tinte soprannaturali e dal cuore pandemico e il piglio sperimentale. Infine è arrivato Jordan Farmer con Un diluvio di veleno, edito in Italia da quell’interessantissima realtà editoriale di Jimenez Edizioni. In questo caso l’elemento fantastico è assente ma il romanzo è connaturato da atmosfere riconducibili all’estetica rurale del southern gothic, e ciò ha fatto breccia nel mio cuore. Paesini sperduti incastonati in ambienti rocciosi e inospitali, un terreno bruciato e spazzato da un vento impetuoso e la terra rigata da fiumi incontenibili. Sullo sfondo si erge anche una chiesa carbonizzata in cui il Reverendo dettava legge su un popolino manipolabile e formava la sua schiera di fanatici; e dopo anni le macerie annerite dal fuoco spezzano ancora la tranquillità di Hollis Bragg, il figlio del Reverendo e un mostro sfigurato.

Alternando capitoli dedicati al passato di Hollis al suo presente Jordan Farmer crea sfaccettature caratteriali sorprendenti e infatti il grande pregio del romanzo sono i personaggi, figure tangibili e appassionanti. Parliamo di un testo davvero character driven. Hollis è un protagonista perfetto, la sua costruzione è in realtà una decostruzione, un qualcosa di interrotto e inaccettabile, perché Hollis è deforme con la sua gobba, brutto e inaccettabile. Soprattutto per le comunità bigotte degli Appalachi dove la deformità è un segno di sfortuna. Il romanzo di Jordan Farmer diventa un’esplorazione dell’Io, finalmente un viaggio non solo emotivo e sentimentale ma una diaspora della carne, del corpo deriso, degli spregi della natura, dell’affronto che un Dio ingiusto ha apportato a un suo fedele. In una terra devastata c’è spazio solo per un corpo devastato e respinto. Tale crudeltà fisica si riversa nel rapporto con le donne, creature che concedono occasionale piacere a Hollis ma i corpi non sembrano combaciare, perché il sesso non è mai il sesso ma una sequenza infinita di geometrie che cercano di essere complementari. Il letto di Hollis è scaldato da Caroline, ribelle tossicodipendente e sua allieva, perché Hollis è un dio della musica. Nascosto nella sua casa tra le asperità del West Virginia scrive testi di successo per i Trobadours, una band locale che ha conquistato il successo nazionale ed è fuggita dalla provincia sperduta. Anzi, Hollis scrive per la sua Angela, la front-woman della band. Forse l’unica donna che abbia mai amato.

E se come non ci fossero abbastanza elementi per imbastire un romanzo accattivante sui corpi deboli della società e dell’amore Un diluvio di veleno diventa un altro tassello della ecologic fiction visto che segue le grottesche vicende di ambientalisti-terroristi che combattono l’inquinamento delle acque del fiume perpetrato dalla famiglia Watson. Omicidi, tradimenti, colpi di scena, gli ingredienti giusti per miscelare un cocktail esplosivo di crime fiction. In realtà il romanzo di Farmer è uno spettacolare affresco sugli amori sfatti, spaccati, franti e distrutti. Un romanzo sul potere salvifico della musica ma del dolore che può soffocare un artista difronte l’atto creativa; la claustrofobia emotiva di una dipendenza con un’ossessione sentimentale a dir poco logorante si riflette su un corpo mai compreso, mai accettato e mai voluto.

Un inno all’accettazione di se stessi ma senza mai una retorica banalizzante e limitata, l’epopea di Hollis Bragg è un tuffo nel fanatismo ambientale e gothic-punk, nel pessimismo di corpi-ostacoli ma anche una riscoperta del dolore, quel trauma che da vita e forma a un’esistenza.

Un diluvio di veleno è un romanzo innovativo, con un lirismo tragico e fangoso ci permette di riscoprire la delicatezza dei diversi. Perfettamente uguali a noi falsi “normali”.

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Un diluvio di veleno
Jordan Farmer
Jimenez Edizioni
Traduzione di Gianluca Testani
pg. 266

2021

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