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Keith Gessen. Un paese terribile

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Dopo l’esilarante e intelligente Tutti gli intellettuali giovani e tristi, Keith Gessen (giornalista e co-fondatore della prestigiosa rivista n+1) torna – dopo dieci anni – con un nuovo romanzo, Un paese terribile, un ritratto divertente e approfondito della Russia negli anni tra il 2008 e il 2009.

Un paese terribile è la storia di Andrej Kaplan che, come Gessen, è figlio di emigrati russi cresciuto negli Stati Uniti, che torna a Mosca per occuparsi della nonna ottantenne, Baba Seva. È il 2008 e Andrej ha 33 anni, si è appena separato dalla sua ragazza e non riesce a farsi strada nella sua carriera accademica. Squattrinato ed esperto di letteratura e storia russa, Andrej manca dell’ambizione e la cattiveria necessaria per effettuare uno studio che possa impressionare il comitato universitario. Uno dei motivi meno nobili per tornare a Mosca è quello di estrarre a sua nonna del materiale per una ricerca. Questo piano salta subito perché Baba Seva ha una demenza senile, non ricorda bene il passato, delle volte non riconosce neppure il nipote e non fa altro che ripetergli di andarsene via da «questo paese terribile». Il suo approccio surreale è la vera chiave comica del romanzo.

“Dobbiamo bere il vino per festeggiare il tuo arrivo? – chiese la nonna. – Però non riesco ad aprire la bottiglia.
Erano le sette del mattino.”

Il ritorno in Russia non è dei più facili: Andrej si deve districare tra la lingua (una linguaggio le cui sfumature gli sfuggono poiché è cresciuto parlando inglese negli Stati Uniti), taxi improvvisati, impianti idraulici, hockey su ghiaccio, parolacce apparentemente senza senso, la politica dei costi del petrolio grezzo e la difficoltà di farsi nuovi amici soprattutto quando diventa chiaro che lui non è l’americano che si aspettano.

“Ci fu una lunga e intricata discussione sulla prima stagione di Breaking Bad; chiamato a partecipare in quanto esperto di cose americane, dovetti ammettere di non avere mai visto la serie, di non avere mai messo piede in New Mexico e di non avere nemmeno mai preso la metanfetamina. Credo di averli delusi tutti.”

Dopo i primi mesi, Andrej si innamora e la situazione si ribalta. Conosce, grazie alla giovane Julija, un gruppo di attivisti socialisti chiamati “Ottobre”, con i quali stabilisce un rapporto di stima e amicizia ed esce dallo stato di reclusione forzata che condivideva con la vecchia nonna. Si apre così un ritratto nuovo, più realistico e quasi positivo di questo paese tanto controverso.

“Era incredibile la quantità di cose che avevo in comune con il movimento Ottobre, e lo capivo solo ora. Anch’io come loro ricordavo questo mondo sovietico della loro e della mia infanzia. Ne avevano nostalgia, in un certo senso, proprio come ne avevo io.”

In un intervista al New Yorker, l’autore ha dichiarato: «Volevo comunicare la sensazione di arrivare a Mosca con certe aspettative rispetto alle notizie americane sul “regime sanguinoso sovietico”, e poi trovare un paese completamente diverso. Non assomigliava affatto a quello che ti aspettavi. La Russia è un’entità molto più complicata e amorfa, fatta di tante correnti, anche antagoniste».

Un paese terribile è un romanzo amaro eppure allo stesso tempo leggero. È sia un’analisi delle dinamiche di un paese in profonda trasformazione sia un romanzo di intrattenimento. Quello che appare davvero straordinaria è la profonda conoscenza di Keith Gessen sulla Russia, in tutte le sue sfumature. A questo proposito, alla rivista Hazlitt, l’autore ha dichiarato: «Sono nato in Russia e ci sono stato molte volte ma non credevo di essere in grado di scrivere un romanzo su questo posto, ho una famiglia qui e sono nato qui – è vero – ma non mi bastava perché non conoscevo questa realtà nel suo complesso, nella sua quotidianità. Per il tipo di scrittore di narrativa che sono, ho bisogno di conoscere un posto davvero bene. Non mi sento sicuro di inventare cose a meno che non conosca davvero tutte le possibilità di come potrebbero andare. Così – oltre i viaggi in Russia – ho trascorso un anno nella Biblioteca pubblica di New York dove ordinavo qualsiasi libro su quella terra. Ho avuto alti e bassi, ma alla fine sono felice del risultato del libro».

Nel romanzo Keith Gessen critica anche il mondo accademico americano autocentrato e narcisista.

“Il professor Fishman, che dall’ultima volta che l’avevo visto si era fatto crescere una barba da hipster, mi salutò con un cenno vagamente circospetto e poi continuò a parlare del suo argomento preferito, ovvero se stesso.”

Uno degli aspetti più interessanti del romanzo è che Keith Gessen costruisce un personaggio con qualcosa di estremamente raro nella moderna narrativa americana: la vulnerabilità maschile. Il giovane Andrej si indigna, si preoccupa, si innamora. È fragile e autoironico e non lo nasconde.

“Portavo la mia polo preferita, comprata in un negozio dell’usato nel Massachusetts: sul davanti aveva l’immagine di una stazione di servizio e il nome «Hugo». O sembravo un giocatore di hockey molto impegnato, o uno scemo totale.”

Keith Gessen ha dimostrato come la letteratura, il comunismo e il neoliberalismo russo – argomenti spesso usati nella periferia del dibattito politico e letterario – posso essere espressi in modo chiaro, anche divertente, attraverso gli occhi di un ragazzo e della sua vecchia nonna.

“Nonna, – dissi ora. – Tu che cosa pensi del comunismo?
– Il comunismo? – Lei emise uno dei suoi famosi sospiri. – Che cosa penso del comunismo? Penso che valesse la pena provarci. In questo paese terribile non funziona mai niente. Ma valeva la pena provarci.
Però se avesse funzionato, sarebbe stato bello.”

Michele Crescenzo

Recensione al libro Un paese terribile di Keith Gessen, Einaudi, traduzione di Katia Bagnoli, 2019, pagg. 360, euro 21.

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