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Carmen Martín Gaite. Attraverso le tendine

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Una patina di aria stagnante avvolge ogni cosa, in Attraverso le tendine di Carmen Martín Gaite. La narrazione ha luogo in un paese di provincia della Spagna franchista, tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50. Per la prima volta edita in italiano, l’opera pluripremiata tradotta da Elisabetta Sarmati per Voland Edizioni si sofferma sulle vite di un gruppo di giovani, uomini e donne, che si avvicinano all’età adulta: è il momento delle prime scelte cruciali. O meglio, lo è per gli uomini. Le donne non hanno molto a cui guardare che non sia una bella festa di fidanzamento e uno stuolo di figli acconciati a modo. Sono i piccoli riti a restituire il volto composito di una società talmente soffocante da negare un normale percorso da romanzo di formazione, il bildungsroman. Donne in casa, donne che ridacchiano sottobraccio, donne che piangono: c’è spazio solo per dei ritratti preconfezionati, che l’autrice rinfaccia freddamente al mondo che costruisce. C’è la volubile Julia che sceglie il fidanzato sbagliato, la sedicenne Gertru che cambia personalità da quando esce con un ragazzo molto più vecchio di lei, la perenne indecisa Elvira che non sopporta di non essere al centro dell’attenzione. Intorno alla rosa delle protagoniste esistono solo esempi di un femminile superficiale a completare un quadro perfettamente conservato. Se le donne adulte non sono che madri e suocere, tutte le giovinette la sera vanno al Casino per farsi guardare con l’abito da festa e trovare marito. Lì gli uomini le corteggiano, le umiliano, si ubriacano.

La narrazione dell’autrice è incredibilmente fluida, passa da un personaggio all’altro senza soluzione di continuità: se per esempio siamo con Natalia, mentre scrive nel suo diario, ed entra qualcuno nella sua stanza, seguiremo poi quel personaggio quando ne esce e via così ogni volta che si incontra qualcuno. Un piano sequenza infinito che dà il suo meglio nelle scene di festa: come un moto ondoso ci porta continuamente dentro e fuori dalla testa dei presenti. Il realismo di Martín Gaite non è uno sfizio formale, ma una tecnica sottile per restituire intatto il ritratto di una società monocromatica. È la stessa Elvira a notare come nulla cambi: “Gli alberi, il muro, il banco dei meloni, perché non si alzavano come una scenografia? Era uno sfondo che aveva visto troppe volte”.

Anche per questo il conflitto tra i sessi, che spesso contraddistingue il passaggio all’età adulta, non si realizza mai: le donne non sono nemmeno ammesse alla gara. Appena si sviluppano e cominciano a farsi notare sta agli uomini ricordare il loro posto, come il donnaiolo Angel dice più volte alla fidanzata: “Gertru, piccola mia, ci sono cose che una signorina non deve fare. Ho dieci anni più di te, ci sposeremo. Devi abituarti a essere ripresa qualche volta. Lo capisci?”.

I dialoghi sinceri sono pochissimi, le parole non dette muoiono in gola ai personaggi e (quasi) tutti si rassegnano alla realtà delle cose: una sensazione che può indugiare anche nei cuori del XXI secolo. Sono le sole voci di Natalia, timida studiosa, e di Pablo, il nuovo insegnante di tedesco del liceo, a contrapporsi al modello imperante di finzione e rancore. È proprio Pablo a notare, deluso, che la sincerità che lui vorrebbe nella sua vita non trova posto nel paese dove è nato: “per le strade deserte guardavo le finestre degli edifici e immaginavo la vita opprimente e stagnante che ribolliva in quegli ambienti”. Le protagoniste, con l’eccezione di un flebile spiraglio finale, restano a guardare la vita come una recita, infinita e infernale.

Giulia Giaume

Recensione al libro Attraverso le tendine di Carmen Martín Gaite, Voland, a cura di Elisabetta Sarmati, 2020, pagg. 272, euro 17.

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