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Poeti pieghevoli

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Il Premio Baghetta di Poesia, confluito con la sua VII edizione nel Festival della letteratura di Milano, ha via via perso la patina di ennesimo concorso per assumere quella di vero e proprio happening. Così il giugno scorso ha visto in Porta Venezia un pullulare di iniziative spontanee culminato a notte fonda nel reading-raduno dei 24 finalisti tripudianti in un bagno di folla.

   Da lì è nata l’idea di cadenzare l’anno con l’uscita di foglietti gratuiti (nelle migliori librerie) – bando alle chiacchiere, do qui un assaggio del primo, METAMORFOSI DEL PAESAGGIO ITALICO. Dopo la prefazione, 4 dei 24 autori (i più noti, come Giampiero Neri o Franco Loi, sono apposta fuori): Giampaolo De Pietro, Davide Nota, Marilena Renda, Greta Rosso. db

 
 
Exegi monumentum aere perennius… questa la sapevo, sapevo il tranello della prima parola – erigere, mica esigere! – e andai sicuro, persino infiorando: eressi un monumento più perenne dell’aere… proprio così, mica aria come al bar!
Il commissario di latino e greco prima strabuzzò, poi deflagrò, poi ancora spellò b-r-o-n-z-o, infine mi congedò (tutto ciò in un secondo scarso).
Tengo per me la valutazione finale alla matura, e pure le peripezie della mia vita amara, per saltare a piè pari in un passato ahimè prossimo: 8-9 giugno 2013, notte del Baghetta, MI. Lì, quando ormai il Premio era degenerato in happening, il gruppone dei ventiquattro finalisti rifiutò di sciogliersi, non dico in singole unità, ma almeno in dozzine: che fare? chiamare i vigili? drogarli di sonniferi? annegarli come anatroccoli nella gran vasca di via Benedetto Marcello?
Prevalse la ragione, e si finì tutti al baracchino vicino. La medesima ragione presto m’indusse al censimento: erano poeti di ogni età, regione d’Italia e sesso. Poi ci pensò Shiva, che una tantum si dà a parlare attraverso me: “Perché non fate un libretto collettivo di poesie?”. Agli entusiastici hurrà Shiva ancora dettò il tema e chiuse solenne ordinando da bere per tutti, ignari avventori compresi.
L’estate i poeti la passarono a poetare, teleguidati da due criptici sms shivaiti: “che sia poesia edile, non civile”; “edile : civile = spazio : tempo”. Il risultato è codesto, di cui il lettore benevolo potrà fruire gratis – con un’avvertenza: il ricordo indigesto del mio latinorum s’è sciolto infine in pertinente slogan, Exegi monumentum area perennius (dove per area è da intendere l’edificabile).
 
 
* * *
 
Secolo:
Questo è il tuo dolore, da sciogliere in acqua
 
Mare:
E questo è il tempo, da farne occasione
 
Spazio:
Buona lena d’acqua e tempo – si respiri a cielo aperto
 
Stanza:
Come qui, si aspetta
 
Nuvoloni:
Qui ci chiamano atmosfera, eppure esitazioni
 
Nuotatore:
Ai sogni mi alleno col nuoto sincronizzato la notte, e il giorno
espongo al mare e alle onde i miei progressi
 
Mare:
È viva. Evviva. La doppia lettera la prima onda e il suono. Non
è speranza il secondo nome
 
Il nome:
Necessità
 
Virtù:
Esempio animale
 
Albero:
Anno sabbatico
 
Corso del fiume:
Viaggio fino alla fine verso l’inizio
 
 
***
 
 
Il garage
 
È un albero
iridescente infiammato da un rauco
sistema di illuminazioni urbane.
Qua noi si parla di ogni cosa come
ho fino ad ora cantato.
Nei meandri dei giardini interni
dei palazzoni di Monticelli
dove è iscritta la voce in un pezzo
sul muro, come un cuore
tra le spine sanguinante.
Dal fondo di una vita immensa al sole
dei campetti da calcio, dove bande
di ragazzini inquieti scalciano
rigori allucinanti!
Non c’è penombra in questo posto, non c’è il tempio
di Ermete
che brama la tua morte. C’è una rete
che si gonfia ad ogni goal come una vela
di speranze segrete nel mare.
(E l’uscio cigolante di un garage,
e una seconda porta per non tutti chiara,
e pagine incrostate nei piovosi autunni di Ascoli,
sopra fiumi di foglie gialle, come funghi galletti.
Qui fu, sotto l’intonaco, un murales
di vernice industriale.
Ma cinque al mondo o sei soltanto sanno
il mistero
di una ritinteggiatura a nuovo.)
 
* * *
 
Quando siamo arrivati qui
la città era uno scheletro, non aveva braccia
o gambe.
Abbiamo aspettato molto tempo
e siamo cresciuti molto a lungo
perché tutto stava per iniziare
– anche la nostra casa.
Mia madre ci credeva,
io credevo a lei.
Molte cose si fanno davanti alle case – si cade,
ci si fa investire da un’auto,
si scappa di casa per non prenderle,
si fanno torte di terra e discorsi da bambini.
Si fanno le foto di Carnevale – da bambini
non si salta nessun compleanno e nessun Carnevale,
un anno cinese, un anno cappuccetto.
Davanti alle case spuntano la menta, i cespugli di narcisi
o gli alberi,
se vengono piantati.
Uno era basso, quando lo comprammo; era una piantina,
chi poteva dire
quanto sarebbe cresciuta?
Diventò più alta di me e la tagliarono,
non so
se per crudeltà
o per morbo.
C’era una casa davanti casa mia,
quando siamo arrivati era bassa come un nano,
io la vedevo da giù,
ma avevo fiducia, ero sicura.
Sarebbe cresciuta,
avrebbe sviluppato porte e finestre,
le sarebbero cresciute le mattonelle,
in primavera avrebbe messo su il tetto.
Sono passati vent’anni e la casa è rimasta bambina,
sta ancora a mezz’aria, come una bandiera,
la guardo dall’alto, ma senza superbia,
che educazione sarebbe
infierire su un nano
prendersela con chi non ha avuto genitori, con chi è stato
abbandonato.
Eppure cerco di non guardarla, la sera cerco
di non guardarla,
quella sua adolescenza muta
che sventola sui nostri narcisi.
 
 
* * *
 
 
nell’accedere alla costruzione avvertiamo
un formicolio intenso.
sono anomalie, magnetismi inattesi,
zone di ronzante silenzio.
nell’area dei nostri corpi accadono
spostamenti prodigiosi, un gran
numero di scale compone
le nostre vertebre nuove.
 
restano come meteoriti di poco conto
i denti i capelli le parole
che usavamo.
 
abbiamo smesso di edificare.
siamo divenuti edificio.
 
 
* * *
 
 

Il Foglietto n. 1 del Baghetta (32 pp. in 2.000 esemplari) è stato sponsorizzato dai negozi extra-comunitari di Via Padova MI. Per diventare sponsor con tanto di nome in quarta di copertina, basta dare 50 € col ritorno di 50 copie. Giunti a 10 sponsor, si chiude. Finora, a campagna appena aperta, gli sponsor sono:

– Vineria di Via Stradella MI

– 2012 Episteme s.r.l.

– Edizioni del Ragazzo Ubiquo

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