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Raul Montanari inedito. Nessuno può vederlo

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1.

La donna continua a correre.

Lui sta nel buio.

Lei corre.

Lui l’aspetta dove sa.

Lei ripensa alla sua vita, non tutta, solo a squarci.

La città intorno sembra lontana.

La notte no, è con loro.

La donna corre, respira forte.

Lui la sente arrivare.

Sente il suo odore, crede di sentirlo, forse no.

Lei va incontro alla morte come a uno sposo.

Lui esce dal cespuglio.

Dio li guarda.

Lei non ha più il fiato per gridare. Lui è un’ombra, poi un volto.

Lei non sa il suo nome.

Dio li guarda dall’alto, vede le teste e i movimenti.

Lui le è addosso, ora.

Lei sbarra gli occhi nel buio, fissa un lampione lontano.

Lui fa quello che deve.

La donna sente freddo alle gambe, alla pancia.

Dio appoggia il mento sulla mano, guardando la scena da lassù.

Lui entra con forza, lei grida. Lui usa solo le mani.

Lui è tutti gli uomini, lei una donna sola.

Qualcuno sente gridare, ma pensa a una tv, a una lite, a un incubo di sonno altrui nella notte.

Lei pensa: Non a me! Non a me!

Lei credeva che non sarebbe morta, mai.

Tutti lo crediamo.

Lei immaginava un letto bianco, vecchia vecchissima, i nipoti intorno.

La morte fa sempre paura.

Anche quando è una morte tranquilla. Non come questa che lui le sta dando.

Lui è un sacerdote della morte.

Appartiene alla morte.

Usa solo le mani per frugarle dentro.

Forse lui cerca qualcosa. (Questo è Dio a pensarlo.)

C’è molta tristezza questa notte, molto dolore e forza.

Lui continua a scavare, forse cerca qualcosa di prezioso nascosto in lei.

A volte fai solo cose giuste.

A volte le parole non sbagliano la presa sulle cose.

Lui stringe la gola, adesso.

Lei pensa ancora che vivrà. Che si sveglierà.

Tante volte ha sognato di morire e si è sempre svegliata.

Lei non sa che stavolta Dio li sta guardando, e perciò questa è la volta, l’unica volta vera.

No, lei pensa che vivrà.

Lo pensi fino alla fine, sai? Fino al penultimo respiro.

L’ultimo credi che sia il penultimo.

Per te è il penultimo e così sarà per quel frammento di eternità che tu sei stato e sei.

Perciò bisogna dire questo: che tu non pensi di morire: pensi che vivrai ancora e ancora, fino al penultimo respiro.

Poi tu muori.

Poi lei muore.

Lui prende qualcosa di lei, in ricordo di ciò che è stato.

Dio annuisce: Lui conosce questi gesti.

Lei è morta e fissa stelle invisibili, ormai, sopra il suo corpo aperto.

L’uomo nasconde ciò che ha preso e si allontana.

Dio respira: Lui conosce questi istanti.

L’uomo cammina e trova una strada illuminata.

E’ finita.

E’ finita, per ora.

L’uomo tornerà.

Dio sa anche questo, e muove una mano nell’aria.

Nessuno può vederlo.

2.

Lui ha cominciato a pensare di poter vivere in modo perfetto.

Lo ha pensato tempo fa, guardandosi allo specchio.

L’uomo che vedeva era ancora giovane.

Forse è stata la sua imperfezione a dargli l’idea.

Suo padre di là parlava e parlava, lui non lo ascoltava.

Poi suo padre ha taciuto e lui è rimasto ancora a guardarsi.

Davanti allo specchio, ha avuto paura.

Voleva scomparire dentro se stesso, come il muco in un fazzoletto.

Ha pensato che si dovrebbe tagliare lo spazio con gesti sicuri.

Da quel giorno non parla più a suo padre e non vive più con lui.

Siede sul letto ad ascoltare una musica che lui solo conosce, perché il musicista che l’ha creata l’ha poi rinnegata, e dimenticata.

3.

La seconda volta è più difficile.

Lui scopre adesso questa verità.

La scopre insieme alla carne della donna che sta uccidendo.

La corsa della donna è stata breve.

Forse nemmeno una corsa, pochi passi verso l’uomo che l’attendeva con le braccia spalancate.

La verità e la carne vengono insieme.

Questo è giusto, così è stato nel principio.

Lui uccide, pieno di stupore per ciò che prova e per l’aria buia che lo assolve.

Dio guarda altrove.

Solo un urlo nel prato, dove ogni mattina i cani si cercano e latrano la propria gioia.

Dio non si volta, guarda altrove.

L’uomo allenta la presa perché vuole di più, ancora qualcosa di più.

Vuole vedere ancora muoversi gli occhi della donna.

Dio non è con lui, stanotte.

E’ in una cella dove le guardie cercano un’allegria disperata torturando un prigioniero. 

Le guardie ridono, senza gioia.

Anche loro sono prigioniere: i carnefici sono sempre prigionieri delle vittime.

Dio è con loro, ma loro non lo sanno e non Lo vedono.

Dio cerca le tracce di ciò che ha fatto, le cerca ovunque nella morte e nel sangue.

Ha gli occhi di un bambino che scopre il mondo perché ha dimenticato di averlo creato.

Intanto, nel prato la donna non grida più.

Lui stringe più forte anche se ora è inutile farlo.

Si sente solo, più della prima volta. Inginocchiato sul corpo che ha amato nel sangue.

Lui cerca dentro di lei quello che ha trovato nella sua prima amante.

Fruga nel corpo della donna come un bambino tocca sua madre.

L’uomo e Dio sono bambini nella notte.

L’uomo è coperto di un sangue che sente già suo, ha il suo sapore.

Dio abbandona le guardie nella cella.

La Sua noia ha creato un universo per giocarci.

Le guardie non Lo sentono andare, ma il prigioniero muore.

C’è misericordia in questo, come una preghiera pronunciata da un muto o da uno straniero.

L’uomo prende qualcosa alla donna, in ricordo di ciò che è stato.

Lei è morta e fissa il luogo dove non andrà mai, il cielo sopra il suo corpo aperto.

Lei ora sa che non esiste cielo. Solo un buio che assomiglia a una stanca ostinazione.

Lei lo sa ma non può dirlo a nessuno, neppure a se stessa.

L’uomo stringe in mano ciò che ha preso e se ne va.

Dio guarda campi di battaglia lontani, su cui splende un sole forestiero.

Gli uomini cercano e danno morti imprecise.

L’assassino del prato cammina e trova la strada illuminata che ormai conosce.

E’ finita. E’ di nuovo finita, per ora.

L’uomo tornerà.

Dio lo sa, ma ha giurato di usare solo gli occhi, molto tempo fa, quando tutto è cominciato.

L’onnipotente si è legato le mani come un prigioniero o come una guardia.

A volte maledice il giuramento, ma anche questa è solo noia.

Spesso Dio dimentica perfino di essere Dio.

Ride senza un motivo, o per tutti i motivi insieme, come adesso.

Nessuno può vederlo.

4.

A volte lui si sente solo.

Non c’è un’ora per questo.

La notte che chiude il respiro agli altri uomini, a lui dà conforto.

Ma non sempre; non oggi.

Si sta preparando.

E’ passato un mese. E’ ora di fare qualcosa per sé stesso.

Da troppo tempo si dedica solo al mondo.

Come un soldato, obbedisce al mondo.

Guarda tutto ciò che gli viene offerto, annusa e tocca.

E’ prigioniero della luce. Dei sapori.

Ogni giorno accoglie quello che gli viene dato.

E’ tempo di dare qualcosa in cambio.

Il mondo dovrà accettarlo come si accetta il grido di un figlio o di un animale.

Perché ora il suo corpo desidera la donna, e la morte.

Nella città la morte passa silenziosa, perché gli uomini possano fingere di non vederla.

Si nasconde e parla a bassa voce.

Forse la morte si vergogna. Vorrebbe amore e non paura: come lui.

Lui è la morte fatta uomo, fatta corpo e memoria.

Molti lo guardano e lo sfiorano sui marciapiedi, senza capire.

Questo non è strano. Spesso anche lui è confuso.

Quando sarà davanti al Dio che non esiste, certamente Dio gli parlerà.

Dio lo interrogherà, sarà curioso della sua vita e gli chiederà spiegazioni.

Lui non ha niente da dire. Sarà Dio a dovergli spiegare.

Dio dovrà giustificarsi davanti a lui.

Perché se esiste Dio esistono la grazia e la felicità, e di questo a lui non è toccato nulla.

Dio abbasserà lo sguardo, umiliato come un uomo ricco nelle mani dei suoi servi.

Forse lui schiaffeggerà il volto di Dio.

Forse gli chiederà: che cosa hai fatto?

Rinfaccerà a Dio di essere lo scandalo del mondo, la sua vera imperfezione.

Certe notti lui crede a questo incontro con Dio.

E’ anche per questo che si sta preparando.

Si guarda le mani. Ascolta rumori che sentono tutti, altri che sente solo lui.

Tocca con gentilezza i ricordi di quelle che ha amato nel sangue.

Le sue mani sanno essere gentili: le mani sono tutto, forse.

Da un punto molto lontano del cielo vuoto, Dio considera tutto ciò.

Dio è solo un sogno, ma quando tutti gli uomini fanno lo stesso sogno qualcosa succede.

Una figura si forma nell’aria e qualcuno per la prima volta la chiama Dio.

Tutto il resto è molto amore e molto odio, molte favole presto invecchiate.

Vere quanto è vera la giornata degli uomini. O altrettanto irreali.

Perciò è giusto credere in Dio e rivolgere a Lui la rabbia di tutti.

L’uomo pensa a questo, più di ogni altro uomo.

Lui ha più tempo di tutti noi.

Ha rubato il tempo alle donne morte, l’ha preso per sé.

Anni di vita rubati, che loro non vivranno mai più.

Per questo adesso si prepara, come un insetto che dovrà gonfiarsi di sangue.

Riposa con gli occhi chiusi, per non consumare il mondo con i suoi sguardi.

L’uomo ora dorme e dice qualcosa nel sonno, parole innocenti.

Nessuno può sentirlo perché nessuno riposa accanto a lui.

Nessuno può vederlo.

5.

La pioggia è sua amica.

E’ venuta come un dono, come la donna.

Il buio lo assolve e la pioggia lo benedice.

Lui è tornato come torna un ricordo.

Per la prima volta questa sua compagna di sangue non è una sconosciuta.

Lui ha già visto questo volto.

Ha sentito la sua voce.

Non era ancora la voce vera, quella che ora gli dice parole sospese fra due mondi che si odiano, il mondo dei vivi e quello dei morti.

Perché i morti odiano i vivi, la loro fame di luce.

I vivi odiano i morti e li temono da sempre, fingendo di onorarli.

Così lei ora gli dice cose vere, piene di bellezza, mentre lui la uccide.

Lui lo sa, questo.

Prova gratitudine per la donna, la notte e la pioggia.

Lei gli ha parlato di Dio. Dio era nelle sue parole, nelle frasi gridate.

Forse la donna conosce Dio meglio di lui.

Questo pensa l’uomo.

Forse Dio si rivela a chi sta per morire.

E’ questa la promessa che l’uomo prende per sé.

Come quando da bambino il mondo sembra fatto per te, ogni cosa al suo posto.

Il mondo sembra accoglierti, all’inizio. Devi solo capire come usarlo.

Ma sei certo che il mondo ti aspettava da sempre e avrà pazienza con te.

Tutto andrà bene.

Questa è la felicità del bambino, che lo eguaglia a Dio.

Poi il mondo cambia davanti ai tuoi occhi.

Cominci a sentire domande, non più risposte.

La verità scivola via.

Questo tradimento ti affligge, e ti spinge a cercare altrove la verità e la bellezza che il mondo ti ha rubato, quasi all’improvviso.

In una stagione bruciata dal tempo.

E’ per questo che l’uomo deve uccidere, così come la pietra deve esistere.

La verità è tutta negli occhi della dolce compagna di sangue, ora, che non ha più parole né voce.

La pioggia visita la sua bocca e i suoi occhi.

La donna non piange più.

Lo ha fatto prima, solo per poco. Lui l’ha perdonata per questo.

Forse la donna era gelosa della gioia che lui avrebbe provato, e piangeva come una bimba derubata.

Così ha pensato l’uomo.

Tutti siamo derubati, pensa l’uomo.

Prova un amore profondo per lei. Un rispetto che è preghiera e devozione.

Apre la sua carne con la delicatezza di chi si prende cura di un fiore o di un segreto.

Copre la donna col suo corpo, le fa riparo alla pioggia e allo sguardo di Dio.

L’uomo è geloso di Dio. Dio è invidioso dell’uomo.

Dio scorda facilmente ciò che Si è concesso, ciò di cui ha goduto, e da questo nascono molti mali.

Per questo l’uomo fa di se stesso un tetto al corpo bianco della donna.

Prende un ricordo di lei, come un sacramento per ciò che è stato.

Poi l’uomo si alza e l’acqua gli cola sulla fronte e sugli occhi.

Sa già di essere quasi alla fine del suo pellegrinaggio nella carne, nel sangue e nelle gioie segrete.

L’uomo non è Dio.

L’uomo sa che il suo cammino è segnato, ha avuto un inizio e avrà una fine.

La sua consapevolezza è superiore a quella di Dio.

La sua umiltà è grande mentre si allontana sotto la pioggia ormai sottile.

Nessuno può vederlo.

6.

Lui va a visitare la donna che ama.

Questo non è un segreto: lei lo sa, ma lo ha respinto dal primo istante.

Con un sorriso di tenerezza che gli ha bucato il cuore.

Lui non prova rancore, solo compassione.

Ha perdonato la donna che ama.

L’amore è uno scandalo agli occhi di Dio: Dio non ha creato un mondo d’amore.

Chi ama dev’essere punito.

Per questo lui punisce i propri occhi con la visione del terrore negli occhi di lei.

Della donna che ha amato dal primo momento in cui gli occhi l’hanno vista.

Punisce le proprie mani costringendole a uccidere, loro che vorrebbero accarezzare.

Le proprie orecchie con le parole della donna, che grida una volta sola e poi sussurra.

Punisce le narici con l’odore del suo sangue.

La bocca e la lingua col sapore che non vorrebbero mai gustare.

La donna è strumento e testimone della sua mortificazione.

Solo per questo la uccide.

Non perché lei non ha ricambiato il suo amore.

Lei è stata giusta in questo, e Dio la premierà.

Nessun amore va ricambiato.

L’amore non deve moltiplicarsi.

8.

Lui va infine a trovare suo padre.

Questo è il termine del cammino verso la perfezione che gli è negata.

Lui sa che verrà castigato dagli uomini, ma considera la sua pena un compimento.

Almeno in questo, lui sarà esaudito.

Il padre lo accoglie in casa, con un sorriso stupito.

L’uomo fa ciò per cui è venuto.

Poi, quando suo padre giace a terra, cerca di unirsi a lui.

Abbraccia con immenso e nuovo amore il suo corpo.

Lo spoglia perché appaiano uguali agli occhi del Dio invidioso, del Dio irritato.

Cerca di unirsi a lui, ma il suo sesso è addormentato.

Non trova il varco che cerca e non vuole aprirne un altro.

Allora l’uomo si inginocchia per aspergere il corpo del padre col suo seme.

Lui è nato dal seme di suo padre e vuole ricambiarlo in questo modo imperfetto.

Cerca di spremere il seme e farlo uscire, ma non riesce.

L’emozione è più forte dell’amore.

L’emozione non è grande come l’amore ma può ucciderlo, come il serpente uccide il toro.

Allora l’uomo si alza in piedi e bagna suo padre con l’acqua che sgorga dal suo sesso.

L’uomo benedice così il corpo che è stato vigoroso e gli ha dato vita.

Prende con sé un ricordo di suo padre.

Poi scende le scale.

Si pone in attesa di chi verrà.

Come un padrone di casa che aspetta ospiti graditi.

Sopra di lui la morte. Davanti a lui la morte, nella stanza accanto.

Scivola in un sonno senza sogni, come un motore che si spegne.

Una stagione che finisce.

Nessuno può vederlo, ancora.

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