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Traduttor non porta Atena

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 8 permille1 d’autunno

1. Note su fondo rosso – fogli su fili del telefono. E i grilli, faccia morta, fischiano perplessi prescrizioni.

2. In cielo sorse pure una brughiera. Romicò2 piano rosso e grigio. Nubi tirarono lontane strisce di bosco. Rosmarinammo. Una luce anforò senza casa. Atene3 fece magie; anche lilla. (Ciclismo in abiti avvizziti per piatte piante secche).

3. La sua manina gelida mi s’aggirò come un fantasma per la nuca; né di seno allacciato se n’ebbe molto; aprì la bocca a una nuvoletta di tondiforme liuto, e alternativamente denti d’oro centimetrici (quando i fulmini globulari4 dei motociclisti ribollivano indispettiti).

4. Orchestrali portarono trasalendo a labbra punti interrogativi d’ottone scossero selvaggiamente sonanti grate uno si rivoltò libidinoso nelle spire del luccicante anaconda (e morse in più al gigante la punta della coda, sicché ippopotamente entrò in calore. – Ragazze bene con code di cavallo; vedove grigie5 in fibre di carbonio; caos di sedie. Gioventù immaschia. Villanamente. Mosche, sulla tovaglia, tracciano, senza meta come polli, angoli impotenti).

5. Ci mostriamo la luna di carta6.

6. Di notte s’ingrossano voci. Amoreggiano inviti di gomma. Risolini cicognano. Liquame sussurra assente. Venti devono cercare.

7. Fuori : un tavolo mi sbarrò rigido il passo e fuggì subito via. C’era ancor solo un baciamano brillante all’informe. (Ragazze, sassifraghe, siedono al mio ramo). (Temistocle prima di Salamina ha immolato persiani; il porco; nobile semplicità quieta grandezza7).

8. Una nera nausea urtò dalla cappa, svolazzò intorno (anche vista dallo spigolo), giunse rannuvolata e spinse lesta il suo vagone attorno a me; (lì dentro non parve strano: rumori venosi pendevano alle pareti; tentacoli; orecchi stormiscono filigrana; pressioni sanguigne sventolano; parentesi tonde, evado da ogni parte).8

*

Piacque a Max Bense, cui l’aveva dedicata: “Grazie ovviamente. Splendide impressioni, già alle prime righe. Mi rallegro ancora alle facce lunghe dei critici, che però non potranno esimersi”. Piaceva pure a me, perciò l’ho summo cum studio tradotta e in più annotata, particolarmente felice di quell’Atene antiqua al verso settimo, pescata fortunosamente in rete, così incongrua di primo acchito ma poi quasi strategica all’apparir del porco cinque strofe dopo… Spedii il tutto all’Herr Direktor, che toccasse con mano quanto mi applicavo, quanto meritavo il contributo della Stiftung, quello appena versato e poi quello a versare. Solo, l’alloro giunse con le spine, anzi la spina, una: avevo preso Äthan per Athän; le due palline dell’Umlaut m’erano rotolate inavvertitamente a destra, di poco sì, ma quel tanto che bastò per trasformare una molecola vinilica nella capitale dell’Attica, il più vile alchene nella mitica Atene! Etene C2H4. Ermete Trismegisto o maldestro Lavoisier? A giudicare dal file che mi è tornato indietro, una singola A4 evidenziata in rosso senza una parola d’accompagnamento, e dal silenzio successivo rotto soltanto dalle mie reiterate scuse, assicurazioni, suppliche…  E mo, che il Leviatano lo rifiutavan tutti malgrado non costassi niente perché spesato dai tedeschi, mi voterò a Sant’Arno? A Pallade Atena di sicuro no.

NOTE

1. In italiano suona ecclesiastico, in tedesco alcoolico (percentuale nel sangue ai controlli stradali).
2.  Nuovo conio da romice /rumex, o lapazio, pianta erbacea perenne delle poligonacee.
3. Athän, scritto cioè in una forma antiquata già messa alla berlina da Georg Ch. Lichtenberg quasi due secoli prima.
4. Sfere luminose di diametro variabile, ferme o in moto, ravvisabili durante i temporali.
5. Cfr. Friedrich de la Motte Fouqué, Der Zauberring (1813), cap. VII.
6. Cfr. Wilhelm Schmidtbonn, Der Pelzhändler (1926), cap. V, dove un maestro all’imbrunire, invece di accendere la lampada, ritaglia e fissa alla parete un disco bianco. 
7.  “Edle Einfalt und stille Größe”, in Johann J. Winkelmann, Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauer-Kunst (1755), citato da Lessing giusto all’inizio del suo Laocoonte (1766).
8. 1. Noten auf rotem Grund = Blätter in Telefondrähten./Und die Grillen, ausgestorbenen Gesichts, pfiffen ratlos/Vorgeschriebenes.//2. Am Himmel entstand auch eine Heide./Ampferte still rot und grau./Wolken zogen ferne Waldstreifen. Man rosmarinte./Ein Licht krügerte ohne Haus. Äthan hexte; mal Lila./(Radfahren in verblühenden Kleidern durch flache Trockenpflanzen).//3. Ihre runde eisige Hand gespensterte mir im Genick;/vom verschnürten Busen hatte man auch nicht viel;/öffnete den Mund zu einem Wölkchen kreisförmiger Laute,/und abwechselnd goldene Zentimeterzähne (wenn/die Kugelblitze der Motorfahrer unwillig brodelten).//4. Musiker/führten zuckend messingne Fragezeichen zum Mund/rüttelten verwildert an tönenden Gittern/Einer wand sich lustvoll/in den Schlingen der funkelnden Anaconda/(und biß der Riesin noch die Schwanzspitze,/daß sie flußpferdig brunstete. – Höhere Töchter/mit Pferdeschwanz; Nebelwitwen in Kohlenstoffen;/Stuhlgestrüppe. Junges männert. Ruppig. Fliegen, auf dem Tischtuch,/laufen, ziellos wie Hühner, impotente Winkel).//5. Wir zeigen uns den papierenen Mond.//6. Nachts schwellen Stimmen vorbei./Wuppen Gummirufe. Kichern storchelt. Rauche/wispert abwesend. Winde müssen suchen.//7. Raus : ein Tisch / trat mir steifbeinig in den Weg und floh sofort beiseite./War nur noch ein tinkelnder Handreim auf Formloses./(Mädchen, Weißkehlchen, sitzen auf meinem Ast)./(Themistokles hat vor Salamis Perser geopfert;/das Schwein; edle Einfalt stille Größe).//8. Eine schwarze Übelkeit stieß aus der Decke,/flatterte vorne rum, (auch von der Kante gesehen),/kam wolkenbreit/und/schob schnell ihren Waggon um mich;/(da drin sah es seltsam nicht aus :/adrige Geräusche hingen an Wänden;/Tentakeln; Ohren säuseln Filigrane; Blutdrücke fächeln;/Klemmungen, ich entweiche nach allen Seiten).

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