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Joyce Carol Oates. Ho fatto la spia

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Ci sono pagine dure, polverose, che sembra di maneggiare tavole di arenaria. Le parole luccicano come ossidiana. Ho fatto la spia, di Joyce Carol Oates, tradotto da Carlo Prosperi, edito da La Nave di Teseo (il libro uscirà il 14 maggio), è un patto. Un patto tra chi scrive e chi legge. Se il lettore vorrà che la Oates – come sempre ha fatto in tutta la sua vita di testimonianza letteraria – riveli i meccanismi profondi della società in cui vive, dovrà impegnarsi a sostenere il peso della realtà narrata, dovrà guardare di più, sopportare di più, porsi più domande. In una sola frase: essere più aperto.

«Nel tempo avrei memorizzato molto. Come sollevare piccole pietre, sassi. Sollevare, osservare. Rimettere giù, badando a sistemare il sasso nel suo posto preciso e giusto…»

Queste poche righe suonano come una resa dei conti gentile, il testamento di una scrittrice che, con i suoi cento e più libri, è ormai un monumento alla memoria critica in costante evoluzione.

La Oates non ha mai avuto paura di sollevare questioni urticanti, costringendo il suo Paese a specchiarsi di fronte alle proprie debolezze e alle contraddizioni.

In questa sua ultima fatica, ci racconta i Kerrigan. Con una certa dose di inappropriata ironia, potremmo definirli la classica famiglia americana se non fosse che i Kerrigan hanno un modo tutto loro di costruirsi l’infelicità. Omicidi, tentati fratricidi, abusi sessuali, corruzione, esili… Un po’ come i Gallagher di Shameless, ma senza ironia, perché qui si racconta la verità, e c’è poco da ridere.

Ho fatto la spia ci mostra un’America lontana dalle grandi metropoli, che conserva un animo selvaggio, intollerante, irrazionale persino che è impossibile capire da lontano. Libri come questo sono squarci che ci permettono di entrare, di vedere.

Siamo nel 1991, il che è davvero spaventoso perché sembra di stare nel 1891, e invece le vicende – che si estendono per i tredici anni successivi – sono vicine e, per questo, ancor più inquietanti.

Due dei fratelli Kerrigan, Jerr e Lionel, insieme ad altri due compagni, in una notte di bravate speronano, con la macchina, la bicicletta del giovane Hadrian Johnson, un ragazzo nero di South Niagara. Stava tornando dalla casa della nonna malata. Dopo averlo picchiato, lo uccidono con una mazza da baseball. Non hanno nulla contro questo ragazzo, non sono nemmeno precisamente razzisti, sono solo dei ragazzi violenti, annoiati come spesso lo sono i mostri.

Le dichiarazioni che la piccola Violet Rue si lascia sfuggire con l’infermiera della scuola, saranno decisive per i destini di tutti. I fratelli verranno arrestati, lei allontanata in quanto traditrice, la famiglia distrutta, per primo suo padre Jerome che non riuscirà mai a perdonarla. Da quel momento Violet si trasferisce da sua zia Irma e comincia un’odissea degna del Lazarillo de Tormes. La ragazzina cresce, diventa una donna, ma soprattutto uno specchio gotico capace di mostrare il lato oscuro e deforme di tutti gli uomini che, in lei, si specchiano.

La Oates è una scrittrice immensa, e come spesso succede agli scrittori davvero grandi si rivela una Divinità innamorata e tutte le dinamiche – persino le più cupe – vanno lette nelle pieghe di quel folle amore. Per questo, Ho fatto la spia, si legge spesso con lo stomaco contorto. A volte sarà difficile continuare perché ci si sentirà sopraffatti dal dolore e dal disgusto. Però sarà come immergersi fino ai gomiti nella mota e trovare manciate di gemme grezze, che la mente saprà raffinare con calma, a giorni di distanza.

E il lettore si accorgerà della bontà del patto stretto all’inizio, tutte le volte che gli capiterà di guardare Donald Trump alla televisione, che sentirà notizie come il vilipendio dei monumenti partigiani lo scorso 25 aprile. Ogni volta che sentirà storie come quella di Luca Traini, che spara su un gruppo di immigrati a Macerata. In quei momenti si ricorderà di questo romanzo bello come Pastorale Americana di Philip Roth, e soprattutto che non è solo l’America, e non era solo dieci, o vent’anni fa, ma è qui, e adesso.

Queste pagine di arenaria sapranno farsi armatura, e il lettore capirà che aver resistito, aver visto di più, capito di più, letto di più, sarà servito a salvarlo.

Pierangelo Consoli

Recensione al libro Ho fatto la spia di Joyce Carol Oates, La Nave di Teseo, traduzione di Carlo Prosperi, 2020, pagg. 496, euro 20.

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