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Serotonina

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La noia…

In quante circostanze ci è capitato di vederla elevata a rango di scudo sentimentale contro la volgarità dei costumi, contro l’indecenza del contegno medio, contro l’anemia di certe menti? Tante, tantissime volte. Forse, ammettiamolo, anche troppe. Già, perché molto spesso chi si abitua ad “indossarla” nella battaglia quotidiana, lo fa con un piglio poseuristico fin troppo disinvolto, trasformandola in un mero atteggiamento, in una maschera.

Tra costoro non può essere certamente annoverato Florent Claude Labrouste, protagonista di “Serotonina”, l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq (La Nave di Teseo, collana Oceani, 2019, pp 332).

Consulente (ben pagato) del ministero dell’Agricoltura francese, il quarantaseienne, nonostante l’alto profilo lavorativo, una cospicua eredità messagli a disposizione dai genitori prima di suicidarsi e un’avvenente e giovane fidanzata giapponese, si ritrova prigioniero fin dalle prime pagine del libro di un cupio dissolvi al quale non sa mettere argine. E così, dopo aver trascorso un breve periodo di vacanza in Spagna e nel sud della Francia tra agi, hotel d’élite e vini pregiati, lo seguiamo in un angosciato ritorno a Parigi, dove il suo male oscuro tracima definitivamente in un’ondata di, appunto, noia e disperazione non più contenibile e, soprattutto, non più compatibile con eventuali tentativi di dissimulare una tranquillità di facciata. L’unica ratiodiventa mollare, sparire. Ed è quello che Florent fa, abbandonando in un colpo solo il suo lussuoso appartamento, l’invidiato impiego e l’ormai non più sopportata metà dagli occhi a mandorla. Recisi con un singolo colpo d’accetta tutti i legami con la società e la normalità, intraprende una fuga che, da un quartier poco conosciuto della capitale francese, lo porta in breve a peregrinare in cittadine di periferia, con la sola compagnia del suo trauma e di rimembranze irriducibili che sembrano non volerlo abbandonare un istante, né lasciar spazio alcuno ad un eventuale tentativo di reinserimento nel day by day. Ed è così che ha inizio il suo allucinato e personalissimo viaggio che, tappa dopo tappa, tracollo dopo tracollo, lo condurrà all’appuntamento col suo destino.

 

A distanza di quasi quattro anni dall’ultima sortita narrativa, Michel Houellebecq torna con un’opera che contribuirà, inevitabilmente, ad accrescere i suoi già nutriti stuoli di ammiratori e detrattori. Per i primi, l’occasione è di quelle da non perdere: infatti, con una lucidità analitica forse ancora più spietata del solito, il “cattivo” di Réunion tratteggia un nuovo, apocalittico ritratto dell’uomo occidentale catturato nella fase più catastrofica del suo tramonto, quella durante la quale l’animo è sottoposto ad un spicinio emozionale talmente insistito da non lasciare neanche timidi spiragli di ripresa. È il down più completo quello che ci viene descritto in queste pagine, l’ultima stazione emotiva dove la speranza che un qualche treno misericordioso spalanchi le sue porte e ci porti via è spazzata dal ritardo abissale e mai colmabile dell’illusione trucidata. La tragedia di Florent si sostanzia in una rinuncia alla vita che niente riesce ad arrestare, neanche il più banale e normale impulso fisico, che pure, da quello che ci racconta, tante volte lo aveva tenuto in piedi a pochi centimetri dal baratro. E se a un certo punto il ricordo della pulizia e della profondità del suo unico amore perduto sembrerebbe spingerlo a tentare di rimettersi in carreggiata anche a costo di commettere un abominio, ci pensa un repentino colpo di reni della coscienza a sbatterlo a tappeto per il conto totale con una terrificante combinazione al cuore.

 I secondi, invece, troveranno in questo “Serotonina” ulteriori motivi per indignarsi: se, infatti, l’accuratezza descrittiva e la scabrosità di certe scene a sfondo sessuale dovrebbero non destare particolari sommosse, di certo non si potrà restare indifferenti di fronte ad una corposa serie di esternazioni da parte dello scrittore francese, che, per bocca del suo protagonista, dileggia interi popoli e culture, oltre che, ovviamente, alimentare la sua già ben rinomata fama di misantropo con una sistematicità che potrebbe indurre più di qualcuno a pensare che abbia ormai codificato una maniera nell’insulto e nell’oltraggio e, perciò, risulti poco convincente nelle sue tirate.

Chi la spunterà?

In attesa del responso dei posteri, quel che è certo è che questo romanzo non si lascerà dimenticare, confermando come Michel Houllebecq sia uno tra i pochi scrittori nel panorama letterario attuale a richiedere al lettore una presa di posizione di qualche tipo. Non necessariamente tranchant, magari, ma di sicuro sentita, riflettuta.

E in questa sua mancanza di filtri imbonitori, in questo suo perseverante ego contra mundum su carta, in questa sua ostinazione anti-consolatoria, si rivela comunque l’unicità di un uomo che vuol essere un cavallo di razza, non un semplice nome sulla costa di un libro.

Insomma, “Serotonina” bisognerà proprio comprarlo, gente! Non basterà leggiucchiare qualche polemica qua e là per averne una pur vaga idea buona a fare salotto.

Mettetevi l’anima in pace, quindi, e procedete all’acquisto.

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