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Tom Lanoye, Il terzo matrimonio

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Maarten Seegrebs tutto si sarebbe aspettato tranne questa proposta. Anche se sarebbe più giusto dire che a questo punto della propria vita Maarten non si aspettava proprio niente. Ormai avanti con l’età, rimasto senza lavoro dopo essere stato un location scout («Scegliete un film nostrano. I luoghi più belli, gli scenari più strabilianti, li ho scoperti io. Io.»), con alle spalle il matrimonio con Gaëtan, cosa ci fa seduto in questa caffatteria di Anversa ad ascoltare un uomo che neanche conosce? Un uomo, Norbert Vandessel, un po’ losco. Losco e disperato, che però sembra conoscere Maarten molto bene. Infatti ha preso informazioni su di lui e lo ha puntato. Ha scommesso su di lui, insomma, perché a suo avviso è l’uomo giusto: è «celibe, disoccupato da un pezzo ma abituato a un certo tenore di vita. Dotato di una piccola cerchia di amici». L’uomo giusto per questa proposta che Maarten, alquanto divertito, ascolta semplicemente per una ragione: perché ha bisogno di soldi. E la proposta è questa: sposare Tamara, una giovanissima africana, allo scopo di farle ottenere la cittadinanza belga. Vandessel si occuperebbe di tutto. Non solo, Vandessel è disposto a pagarlo – finanziarlo – lautamente. A una condizione, però: «Ti sposi con lei, abiti con lei, vivi con lei. Ma se la tocchi ti ammazzo». Perché Vandessel è innamorato di Tamara ma non può sposarla perché gli ispettori sociali gli sono dietro e lo tengono d’occhio a causa dei suoi trascorsi.

Inizia così Il terzo matrimonio (Het derde huwelijik, 2006) di Tom Lanoye, uscito a settembre del 2019 per Nutrimenti, nella collana “Greenwich” e con la traduzione di Franco Paris (pagine 336, euro 18). Con una scena esilarante. Anche perché, per esempio, non è tanto vero che Maarten Seegrebs abbia poi tutti questi amici. E infatti lo fa notare al suo finanziatore che però non fa una piega: «Il tuo isolamento sociale», gli risponde Vandessel, «ti rende ancora più adatto».  Allo stesso modo, poi, non si può dire che Maarten goda di ottima salute. Anzi, è gravemente malato. «La tua malattia è la carta migliore, ti rende più credibile come fidanzato», lo rassicura l’uomo, il quale neanche all’obiezione di Maarten, quella di essere una «checca» (termine esatto da lui stesso usato), batte ciglio: «Non sarebbe la prima volta», dice. «Un omosessuale forma per trent’anni una coppia con il suo amichetto di gioventù. L’amichetto muore tragicamente e cosa fa il sopravvissuto? Passa all’altra sponda. Ci sono delle ricerche sull’argomento». Dando qui per scontato come per Vandessel il fatto che Maarten sia omosessuale sia una garanzia in più: ci sono molte possibilità che il suo cliente riesca a stare alla larga dal corpo della ragazza. E insomma, questo matrimonio s’ha da fare, tanto è vero che Tamara sta per arrivare nel locale e presto Maarten la conoscerà. E anzi, presto Maarten si fidanzerà con lei, accetterà che la ragazza vada a vivere con lui nella casa in cui aveva vissuto con Gaëtan; accetterà che Tamara indossi la vestaglia che era di Gaëtan, che si lavi nella stanza da bagno con delfini sulle piastrelle, che dorma nel suo letto mentre lui, insonne, pensa al passato, all’incontro con Gaëtan, all’amore, ai lunghi anni di felicità e poi alla malattia e alla morte del compagno. E intanto arriveranno gli ispettori sociali. Arriveranno  per indagare su quello strano rapporto: un uomo anziano dal grande naso e una giovane ragazza africana, cosa ci fanno insieme? Entreranno in casa e vorranno sapere tutto: dove si sono conosciuti e chi si corica alla destra dell’altro e in che lingua comunicano – «La lingua dell’amore» risponderà Tamara – e riferiranno ciò che i vicini dicono, il fornaio, soprattutto: che la luce del living resta accesa fino a tardi, e anzi, che Maarten sta fino all’alba alla finestra a guardare fuori. E questa cosa farà insospettire gli ispettori sociali secondo i quali è assai strano che un uomo trascorra così le proprie notti, invece di mettersi a letto accanto alla propria giovane e attraente fidanzata.

«Tutto quello che inizia come commedia, finisce in tragedia», scriveva Roberto Bolaño. E qui di commedia ce n’è tanta. O meglio, Il terzo matrimonio è una storia che ha a che fare innanzitutto con quella commedia assurda chiamata specie umana. E con la Storia. Con i cambiamenti che sono insiti nella Storia e come ogni tentativo di sovvertirli cada nel vuoto. Perché forse Tamara nasconde qualcosa. A Maarten, a Vandessel, agli ispettori sociali e a qualsiasi burocrazia o controllo che voglia arginare un fenomeno di per sé inarrestabile. L’immigrazione. Che noi chiamiamo appunto così, “immigrazione”, dimenticandoci quasi che tale termine è dato dalla somma di migliaia di uomini e donne, ovvero, persone ognuna con il proprio vissuto, le proprie ragioni, la propria volontà ed energia e forza. Perché in fondo Maarten, come diceva Vandessel, è soltanto una chiave, una porta d’accesso nascosta nel retro, dietro la quale, però, si spalanca un destino diverso da quello preventivato. E se è così, eccolo il pregio del romanzo di Lanoye: di raccontare la vicenda dal punto di vista di un uomo che è ormai «fuori dalla vita». Un uomo, Maarten, che però rappresenta un passaggio – un varco, “una porta d’accesso nascosta nel retro”, appunto – e che alla fine non potrà fare altro che ammettere la propria “sconfitta”, restandone addirittura sedotto. Dalla propria sconfitta e dal corpo di Tamara, dalle pulsioni carnali di questa giovane ragazza africana che sfida ogni regola e che in estasi muove il bacino verso il futuro e verso la vita.

«In quel momento, fuori, per strada, davanti al nostro portoncino d’ingresso, sento un’auto fermarsi facendo stridere i freni. Il rumore è seguito da un ruggito inumano, lagnoso, struggente, pieno di furia. Un animale al macello. Qualcuno bussa forte alla nostra porta. Grida il mio nome e quello di Tamara. Solo dopo qualche secondo riconosco la voce. Deve essere Vandessel.»

Tom Lanoye (1958) è scrittore, autore teatrale e poeta belga di lingua fiamminga. Gode di grande popolarità in patria ed è presenza fissa ai maggiori festival teatrali europei. Per la sua produzione letteraria ha ricevuto numerosi premi, tra cui tre Gouden Bladwijzer, un Gouden Uil Literatuurprijs, un Henriette Roland Holst-prijs e un Gouden Ganzenveer. Vive e lavora dividendosi tra Anversa e Città del Capo.
Con Il terzo matrimonio è stato finalista al Libris Literatuur Prijs, il più importante riconoscimento letterario olandese, e al Gouden Uil, premio belga per opere in lingua fiamminga. Dal romanzo è stato tratto nel 2018 il film Troisièmes Noces di David Lambert.

 

Gianluca Minotti

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