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Emma Stonex. I Guardiani del Faro

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Bisognerebbe imparare la notte.

Questo il modo in cui il giovane Dylan Thomas definiva quel demone che tutti abbiamo dentro e del quale dovremmo imparare.

Il buio, e quel gelido silenzio che ci trascina alla deriva, che sale come la marea a sussurrare le cose peggiori.

Emma Stonex ce ne parla nel suo I Guardiani del Faro, edito da Mondadori e tradotto da Marco Rossari.

La sua è una storia di fantasmi, di quelli che urlano dentro la testa quando si cerca di dormire. Bestie affamate di rimpianti, di aspirazioni, delle ossessioni degli uomini.

È un intrigo degno di Auguste Dupin, solo che si tratta di una storia vera. Una di quelle che non avrebbero senso, eppure…

Arthur, Vince e Bill vivono da mesi dentro un faro. L’uno accanto all’altro, si dividono tutto. Sigarette e segreti, le loro vite. Siamo in inverno. È una struttura inquietante, la Fanciulla, che si erge sopra uno scoglio in mezzo all’acqua, senza vie di fuga che non siano per mare.

Siamo nel 1972. Nessuno è andato a prenderli, nessuno si è avvicinato. C’era tempesta. Il giorno del cambio della guardia, di loro non c’è traccia. È già abbastanza inquietante, questa storia, se non fosse che il faro è chiuso dall’interno, ogni finestra sprangata. Tutto è in ordine, e i due orologi sono fermi alla stessa ora. I loro effetti personali sono dentro, non manca nulla.

Dopo vent’anni, uno scrittore prova a fare luce su questo mistero e interroga le donne, compagne di allora, mogli, che ancora aspettano una risposta alle tante domande, che guardano alla Fanciulla come alla collina dove tutti dormono, ostinati, muti e indomiti, come nel più famoso degli epigrammi.

Eppure, questo non è un rompicapo da risolvere, ma è la loro vita, quella di Arthur, di Vince e di Bill che si sono persi e poi Jenny, Helen e Michelle, che non sanno darsi pace perché perdere qualcuno è terribile, ma senza un corpo ti pare di averla smarrita, una persona, neanche fosse una biglia che scivola via dal buco della tasca. Ci si convince che tornerà, che lo ritroverai, che non lo hai cercato bene, non abbastanza, che sia colpa tua, persino.

Emma Stonex è molto brava ad intervallare diversi registri narrativi. La prima persona, la terza. Il passato, il presente. Il monologo, gli articoli di giornale, le lettere. In questo modo crea movimento in una storia che, svolgendosi dentro poche mura, di fatto non ne ha.

Eppure, I Guardiani del Faro, finisce in un soffio perché ci catapulta dentro un mondo, un mestiere. La Stonex accumula particolari, odori, vezzi. Ci porta dentro una realtà dura, fatta di grandi privazioni, sfatando il mito del Faro come luogo romantico. Piuttosto la Fanciulla diventa una prigione amata, un rifugio in cui si finisce inghiottiti dalla notte che ognuno di noi si porta nel cuore, di cui dovremmo imparare.

Del thriller, I Guardiani del faro, ha la suspense, e i tanti piccoli ami sparsi un paragrafo dopo l’altro, che tengono il lettore inchiodato alla pagina. Ma è nelle sfumature intime che la Stonex rende al meglio, quando ci trascina dentro le vite dei personaggi, le loro convinzioni. Il lettore diventa compagno, confidente, presenza che ascolta, che impara ad amare. Si prenderà cura di tutti loro, ne custodirà i segreti.

Era solo che mi aveva vista piangere, aveva visto una parte segreta di me e una volta successo questo sembrava logico che vedesse anche tutto il resto…

Dirà Helen ad un certo punto, confidandosi con lo scrittore e con noi che dentro le vite degli altri troviamo la nostra. Guardiamo i personaggi piangere, essere felici. Li cogliamo nei momenti più intimi. Ogni persona che si concede il lusso della lettura è fortunata, perché può assistere a tutto quello che alla vita manca, imparando la notte o almeno a seguire quella luce che ci permetterà di superarla.

Pierangelo Consoli

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Emma Stonex, I Guardiani del Faro, Mondadori, 2021, pp. 336, euro 19.

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