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Formichità. Charlie Kaufman

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Se avete visto film del tipo Se mi lasci ti cancello, Essere John Malkovich o Anomalisa, leggere Antkind (Formichità), opera prima di Charlie Kaufman, uscita negli Stati Uniti nel 2020, in piena pandemia da Covid, e arrivata da poche settimane in Italia con Einaudi e la traduzione di Gaspare Bona, non sarà come precipitare in un buco nero o come sbattere all’improvviso contro un iceberg. No, perché avreste degli elementi in più per prendere le misure, orientarvi, districarvi nei mille e altri mille mondi abitati da questa testa matta di Kaufman, artista capace di cose terribili: clonare identità, uscire dalla normale cronologia del tempo, inventare nuovi e apocalittici scenari terrestri, sdoppiare esperienze, trasformare la verità in sogni e i sogni in verità. Ora voi vi aspettate che io dica due cose su Formichità, su questo mattone di oltre settecento pagine atteso tre anni quasi si trattasse di un Santo Graal soprattutto da un certo lettorato orfano di Bolaño, Foster Wallace e Pynchon (lo so che Pynchon è vivo ma come autore non lo è più). Bene. Datemi solo pochi secondi per schiarirmi le idee e tirare il fiato. Formichità l’avevo lasciato per un po’ di tempo in un angolo dello scaffale mentre ero preso dalle selezioni della shortlist del blog. Era lì che mi guardava, che mi chiamava: ma insomma quand’è che la smetterai di ignorarmi? Poi un giorno mi sono deciso e ho attaccato… Allora, lo dico subito: non so bene cosa ho letto. Prima ho citato Pynchon. È il solo riferimento che potrà aiutarvi a comprendere, almeno finché non sarete voi a leggerlo, il perimetro di quest’opera, che nonostante i non pochi difetti, la si può collocare nel migliore dei generi letterari, quello dei libri strani. 

Formichità ha una trama? Sì, ma si esaurisce in una piccola parte della narrazione. Tutto il resto è un magnifico cazzeggio fatto di quisquilie (poche) e colpi di genio (tanti). 

B. Rosemberger Rosemberg – B. sta per Balaam, ma lui preferisce la B puntata “Per non ostentare la mascolinità” –  di vite ne ha vissute tante “Tronfio conferenziere accademico. Stressato direttore di un grande magazzino. Dentista in una cittadina di provincia. Regista… Strisciante commesso in una gastronomia. Arrogante emulatore di Jean-Luc Godard… Invidioso critico cinematografico di terz’ordine…”.  Per una strana circostanza, B. si imbatte nel più grande capolavoro cinematografico di tutti i tempi, un film d’animazione al quale ha lavorato per novant’anni uno sconosciuto regista afroamericano chiamato Ingo Cutbirth. Il film di Ingo dura tre mesi e non lo ha visto nessuno. Nessuno oltre B. È un film comico sull’incubo dell’umorismo, popolato da centinaia di pupazzi, molti dei quali però non vengono mai inquadrati dal regista: gli invisibili. Le aspettative di B., che tra le altre cose è un uomo molto insicuro, complessato e di brutto aspetto, durano poco. Tutto andrà letteralmente in fumo e costringerà il protagonista a ricorrere a un piano assurdo: ricordare l’intera storia del film per farne un remake con attori in carne e ossa, servendosi di un ipnotizzatore. 

Quello che accade da qui in avanti è una infinita sequela di incontri ed esperienze strampalate, con mille divagazioni che non hanno nulla a che fare con la traccia principale del libro. Leggerete di caverne platoniche, film storici, di Donald Trunk (non Trump), e di formiche giganti, attraverso dilatazioni spazio-temporali nelle quali sarà facile perdersi o capire poco. Formichità è chiaramente un romanzo massimalista, Kaufman lavora per espansione, apre decine di incidentali che spesso vi daranno sui nervi, ma non sconfina mai nella presa in giro. Non è fuffa, la sua, è magma di nevrosi e di battute esilaranti, genio e sregolatezza. B. è figlio di Holden Caulfield e Alexander Portnoy: certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Con la solita ironia, Kaufman se la prende col politically correct che sta inquinando l’arte americana un tempo più libera e irriverente. B è Ulisse che si apre all’ignoto, il ragioniere Fantozzi che sbava di fronte alla signorina Silvani, il Sam di Woody Allen che prova a darsi nuove chances. Insomma, non fatevi tante domande. Leggete Formichità. Divertitevi. 

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