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Serge Gainsbourg. L’homme à tete de chou

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Se fossi Dio, forse sarei il solo a non credere in me.

Dio: quale altro stronzo potrebbe prendersi al suo posto la responsabilità delle ingiustizie del mondo?

(Serge Gainsbourg)

In questo bislacco, infimo, emorroico, violento e volgare presente oggi ancora più dobbiamo prostrarci a leccare il culo spirituale dell’immenso cattivo maestro, il maudit, il ribelle, la canaglia, e tutte quelle miriadi di boiate aggettivali che sono state attribuite a quel genio, umano, artistico, amoroso, vitale di Serge Gainsbourg.

Lui, un uomo brutto come il peccato – e quanti peccati da commettere con e per lui – ma che incuteva fascino maledetto e che ha non solo sedotto ma fatte innalzare nell’amore e nella carriera donne sublimi, tra cui Brigitte Bardot e Jane Birkin, che ha amato Catherine Deneuve, che ha flirtato con sua figlia, Charlotte (protagonista, tra gli altri di Nymphomaniac, capolavoro di Lars Von Trier), in Lemon Incest, che ha lanciato la carriera lolitesca di Vanessa Paradis.

Insomma, il bersaglio perfetto per la Cultura Cancellino che prevarica e sbava irosa sulla dissacrante e sacrosanta verità umana: siamo tutti delle merde.

Chi omofobo, chi razzista, chi maschilista, chi spaccacabbasisi, chi cessa acida, chi figa legnosa, chi manesco, chi disonesto, chi drogato, chi dopato, chi castrato, chi castrante …

Ohibò, devo continuare?

Lo vedete il quadretto di nullità, falsità, meschinità che compone il genere subumano al quale apparteniamo?

E vogliamo zittire le voci viscerali d’indiscutibili scomodi geni che dicono ciò che la gente cova dentro, solo che loro sanno farlo con intelligenza, sagacia, spietata ironia e sprezzante autoironia?

Chi non comprende, apprezza, venera e si genuflette al supremo talento, allo Zénith di Gainsbourg è un coglione. Punto.

L’ho scritto e lo vergo con la mia indomita penna.

Ora recensisco.

E la recensione vi giunge da Stromboli.

Sì, ho eruttato anch’io la furia di questi dementi tempi.

La cosa più dura dopo un periodo di etilismo sfrenato, frenetico, è mantenere la propria lucidità, perché ci si rende conto di essere accerchiati da stronzi, si vede la realtà per quello che è.

Con l’alcool sono un buffone come gli altri.

Bevo perché sono un selvaggio.

Il libricino è una delizia tra l’inno d’amore e stima che l’autore fa del cantore francese nella prefazione, preceduta da una dettagliata biografia, e una serie di massime, frasi, testi e stralci d’interviste, rigeneranti per l’assoluta e dissoluta schiettezza di pensiero, che ci fa rimpiangere in questi oscuri tempi di perbenismo buonista e di politicamente noioso gli sfrontati anni Settanta.

Dubito che oggi un artista oserebbe essere così caustico e coraggioso nel rispondere a un’intervista:

Intervistatore: Il suo principale incubo?

Serge: Ammosciarsi mentre.

I: Il suo sogno di felicità?

S: Rizzarsi dopo.

I: Il dono di natura che le piacerebbe avere?

S: Fare la cacca senza odore.

Ho il privilegio di scrivere la recensione dal mio eremo isolato sull’isola di Stromboli dove riapprodai dopo mesi di forzata e mal sopportata urbanità. Davanti ai miei occhi l’immensità del mare, e del cazzo che me ne frega, e alle mie spalle la potenza del vulcano, che mi fa sobbollire persino le dita, in sottofondo le note impudicamente scanzonate e depravate dello chansonnier che è stato troppo di tutto, sempre di tutto, oltre tutto, come scrive il curatore del libro:

Sei stato uno che non ha mai avuto paura. Sei stato uno che la vita se l’è scolata per intero, se l’è fumata senza filtri, se l’è ingoiata e digerita e vomitata, sempre.

Un uomo che viveva per rischiare, che non poteva né voleva vivere in altro modo, se non spinto all’eccesso, uno scavezzacollo da amare e da ammirare per l’impegno, la fatica e anche lo schifo e la tanta libertà che albergavano nella sua testa. In quella testa di cavolo di Serge, nato Lucien Ginzburg nel 1928 a Parigi da famiglia ebrea ashkenazita, allevato in un ambiente culturale e musicale: il padre era pianista classico e la madre mezzosoprano. Quando la famiglia lascia Mosca per fuggire dalla rivoluzione bolscevica, abbandona tutto e si rifugia a Parigi, dove riesce anche a scampare ai nazisti. Insomma, il maudit ne ha vissuta e sopravvissuta di vita, che ne dite benpensanti da tastiera feroci nel giudicare senza aver vissuto un cazzo della vita?

Negli anni Cinquanta il giovane Serge inizia ad appassionarsi di pittura esplorando vari generi, surrealismo, dadaismo, astrattismo, figurativismo, dipingendo per sbarcare il lunario. Ma poi molla il pennello quando capisce che non sarebbe mai diventato Salvador Dalì, suo idolo.

Il giovane Lucien è arso dal desiderio di riscattare un’adolescenza ingrata per il suo aspetto fisico. Agli inizi degli anni Sessanta esordisce nel mondo della musica scrivendo pezzi per cantanti famosi, impossibilitato a interpretarle lui per la castrante timidezza e la bruttezza. Tra i cantanti famosi c’è Juliette Gréco che lancerà uno dei pezzi più celebri del cantautore, La Javanaise, scrive testi per Sacha Distel, Mireille Darc, Dalida, tra gli altri. Mica Albano e Romina o Toto Cutugno che sono toccati a noi … Ed è proprio tramite Distel che Serge, il brutto anatroccolo, conosce e seduce la conturbante BB.

Dalla loro sfrenata passione nascono le canzoni Initials BB e Bonnie & Clyde. Sempre con Brigitte incide in assoluta segretezza un brano intriso di contenuti sessualmente espliciti che diventerà la sua canzone più famosa e il pezzo più bandito al mondo da qualsiasi radio e televisione: Je t’aime … moi non plus, magnifica ode all’amore fisico.

Ti amo ti amo

Oh sì ti amo

Nemmeno io

Oh amore mio

L’amore fisico non ha salvezza

Vado, vado e vengo

Tra i tuoi fianchi

Vado e vengo

Mi trattengo

No! Ora

Vieni!

Lo scabroso testo alla fine fu interpretato insieme all’inglesina Jane Birkin, compagna d’amore e d’arte di Gainsbourg per 13 anni, una delle donne più belle al mondo, androgina, sensuale, eterna Lolita, che con il suo voluttuoso filo di voce costella il brano di ansimi, sospiri e gemiti, mescolati alle parole di Serge, quasi un grugnire, un ansimare, un venire. Senza alcuna finzione né mediazione.

Un’esperienza collettiva e voyeuristica come se fossimo presenti in quel talamo mentre i due appassionati e appassionanti amanti fanno all’amore. In quel duello carnale primordiale e animale che è il sesso libero, libertino, spassionato.

Della famosa canzone, Serge disse:

Je t’aime … moi non plus esprime la superiorità dell’erotismo sul sentimentalismo.

Esistono milioni di canzoni dedicate all’amore romantico, sentimentale: incontri, scoperte, gelosie, illusioni e disillusioni, appuntamenti, tradimenti, rimorsi, odi, eccetera.

Allora perché non dedicare una canzone a una specie di amore molto più frequente ai nostri giorni, l’amore fisico?

Je t’aime non è una canzone oscena, mi sembra ragionevole, colma una lacuna.

Appena sbarcata sull’isola, sono passata a trovare l’amica Alma, ristoratrice di anime ricercatrici, originaria di un’altra remota isola, Puerto Rico, che abita sul vulcano a Casa Palmento, un angolo di magia che profuma di libertà, piante, erbe, spezie e anni Settanta, ma sopra ogni cosa di hippytudine. La bella “Anima” mi ha raccontato un delizioso aneddoto su Jane Birkin che in quegli anni sbarcò a Stromboli. Le due “straniere” fecero amicizia e Alma l’invitò nel suo incantato antro per sorseggiare malvasia locale sulla terrazza. Davanti a loro la montagna. Iddu, il vulcano.

Jane era bellissima, naturale e delicata. Alla mano. Parlammo delle nostre figlie. Due spiriti liberi sotto il vulcano.”

Alma è la mia mamma dell’anima e dei sensi sull’isola. Ho recensito il memoir di Jane Birkin prima di partire, sto scrivendo della biografia di Serge a Stromboli e Alma mi racconta questa singolare coincidenza. Sotto un vulcano. Fatalità di vita!

Serge finse di essere cinico, misogino, misantropo, cattivo, sporco, brutto ma in realtà fu un uomo che amò le donne come nessuno mai e tutte le sue donne non smisero mai di amarlo: Jane, Catherine Deneuve, Bambou, Vanessa Paradis, Juliette Gréco ma anche Brigitte. Serge ha sempre giocato con tutto perché sapeva giocare bene. Correndo sempre più veloce degli altri. Perché un corpo è energia, e va e vive e ama e canta e salta e mangia e beve e fuma e dorme e danza e suona per questo, perché è energia, priva di qualsiasi finzione, come scrive con commovente trasporto e rapimento Gurrieri nel libro.

Ti voglio fiduciosa, ti sento prigioniera

Ti voglio docile, ti sento timorosa

Ti prego di non essere feroce

Quando mi viene l’acquolina in bocca

Lasciati andare con la corrente

Fatti portare nel letto del torrente

Se davvero lo vuoi

Lasciamo la riva

E andiamo alla deriva

Da L’Eau à la Bouche

Non potevo leggere parole e vibrazioni più in sintonia con il mio elettrizzante ed elettrizzato spirito tornato a casa nella sua isola di fuoco e pervaso da istinti basici di possente passionalità. Come Serge, anch’io Pratico la politica della donna bruciata. Brucio tutte quelle che ho amato. Perché siamo arsi di eruttiva e salvifica energia di vita, perché amiamo fino allo stremo dei sensi, dei corpi, delle menti. Perché siamo brutalmente sinceri e veri, lontani anni luci dalle finzioni, ipocrisie e limitazioni dei minuscoli noiosi borghesi, della gente ordinata e ordinaria che teme l’instabilità, cullandosi in una finta e mediocre sicurezza emotiva, annoiata e frustrata.

Noi esplodiamo furia delle viscere, ci avvinghiamo ferini e nudi, ci accostiamo con gli amanti brandendo tutto in un abbraccio estremo e fatale. Alla stabilità opponiamo fieri l’irrequietezza erotica epica eroica eretica.

Una ragazza che esiste per un uomo soltanto perde la propria luce come le perle non portate. Una ragazza indisponibile è morta per gli altri.

La donna ha il dovere di essere una puttana! La donna degli uni sotto il corpo degli altri ha dei sospiri di voluttà.

Mai come ora abbiamo bisogno di piangere e rimpiangere la scomparsa di un gigantesco artista della vita, della strada, del fumo, del bere, della notte, del vizio, dell’abisso che cantava i nostri malanni, desideri, istinti con inaudita ironia dando corpo pelle e odore al desiderio.

Serge ha cantato l’incesto, l’adulterio, la sodomia, l’onanismo e il masochismo perché tutto questo fa parte di noi come gli uccellini e le rose, scrive con fervore Gurrieri che conclude così il suo tributo:

Questo sei stato, per il pubblico, per gli scarafaggi che avevano deciso di provare a vivere ascoltandoti. E dopo trent’anni sei ancora questo e non finirai mai.

Ascoltate, leggete, guardate Serge Gainsbourg.

Scopritelo.

Fatevi pervadere dalla sua scorretta verità e dal fervore dei suoi impulsi che non troverete in alcun social minchia.

Mentre scrivevo questo pezzo mi è stata spedita la biografia Gainsbourg Scandale! a cura di Jennifer Radulovic edizioni PaginaUno. Ho immediatamente iniziato a leggerla e mi ha rapito. Pertanto settimana prossima continuerò a deliziarvi di scomoda verità e d’immorale sagacità.

Adesso torno a danzare nuda sotto le pendici del vulcano ascoltando Sea Sex & Sun perché sono le uniche cose che voglio. E che mi prendo.

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