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Alessandro Barbaglia. Nella balena

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“Che cos’è un mostro, che cos’è una meraviglia?”. Questa è una storia di ricordi e abissi, dove la mente può sprofondare nell’incanto o nell’oblio (accade ai personaggi), soprattutto è una storia di meraviglia dove si può immaginare l’impossibile (questo accade al lettore) immersi in un racconto incredibile dove i contorni tra reale e fantastico si fondono perfettamente. Stiamo parlando del nuovo romanzo di Alessandro Barbaglia edito da Mondadori intitolato Nella balena (pagg. 228, euro 17) dove contano i nomi dei personaggi, i loro caratteri perché, per dirla con Eraclito, “il carattere dell’uomo determina il suo destino”. Tra queste pagine di caratteri ne ritroviamo moltissimi. Etimologicamente il carattere è l’impronta, il segno grafico, il nome; ciò che si nasconde dietro al carattere, sosteneva Hillman, è il daimon, il codice dell’anima che rivela chi siamo davvero. Partiamo dai nomi di questa storia: Herman è il Figlio dei pesci, si chiama così perché secondo le regole del Circo dove è nato negli anni Venti, si riceve il nome di chi ti ha fatto nascere; figlio dell’Uomo Pesce e della storpia Donna Sirena non potrà resistere, divenuto ragazzo, al richiamo della balena Goliath. Quando si presenterà in America l’impresario italiano Giuseppe Erba (esistito veramente) per proporre ai circensi del Circo Barnum di aiutarlo a portare in giro per l’Europa una balena vera che affascini gli spettatori regalando loro autentica meraviglia, non potrà sottrarsi al suo destino. Poi c’è Cerro che nasce in epoca successiva, vive col padre in una grande villa a Novara, conta i secondi in mirtilli e si chiama così per un mistero che scoprirà dopo molto tempo e ancora ci sono Bird Millman, la poetessa dell’aria e l’Uomo Elefante, un “mostro” che sfida gli avversari provenienti da tutto il mondo nella speranza di sconfiggerlo. Nella balena è più di tutto un libro d’amore e di lotte dove la lotta “viene prima dell’amore, prima di tutto. È come nelle fiabe: il cavaliere non libera la principessa perché ne è innamorato, lui vuole solo sfidare il drago. È lì per lottare, per affrontare il mostro. Se l’amore è il premio, la vera partita che tutti dobbiamo giocare è la lotta”. Negli anni Cinquanta il circo sta cambiando, all’antica magia fatta anche della mostruosità dei suoi protagonisti per la quale gli occhi degli spettatori si riempivano di meraviglia, stanno sostituendosi nuovi scenari, facendo il loro ingresso le automobili, la coca-cola, le bambole di plastica; il cinema sta imponendo nell’immaginario collettivo nuovi modelli, eroi perfetti, il rischio per gli artisti è quello di diventare presto “roba da luna park”.

“L’America non chiede più stupore, ma divertimento”, la vera sfida allora è comprendere il nuovo. In questo teatro di eventi Herman, il Figlio dei pesci partirà con l’impresario alla volta del futuro, abbracciando la sua idea di portare in viaggio una balena vera lunga ventidue metri, che finirà per rappresentare la sua ragione di vita. Tredicimila biglietti venduti in una sola settimana per entrare nel suo ventre, perché è questo che significa la balena, sogno nel reale. Herman e Cerro, nati in epoche diverse, non si incontreranno mai, nonostante i loro destini siano legati – il come starà al lettore scoprirlo – nel segno della balena, nel segno dell’amore perché “le balene sono animali che hanno inventato – ben prima dell’essere umano – l’amore così come lo conosce anche l’uomo… L’amore l’abbiamo imparato dalle balene”. Ora dobbiamo tornare ai nomi da cui siamo partiti. Il sostantivobaleno e il verbo balenare deriverebbero da balena per l’abitudine dell’animale di apparire e scomparire rapidamente nel mare, così come i ricordi con la loro abitudine di inabissarsi e poi ricomparire rapidamente, forse richiamati dal daimon, capace di indicarci la sostanza di cui siamo fatti, la stessa dei sogni (W. Shakespeare) che sono la forza di questo straordinario romanzo.

Silvia Castellani

Recensione al libro Nella balena di Alessandro Barbaglia, Mondadori, 2020, pagg. 228, euro 17.

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