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Isabelle Eberhardt inedita. Devo imparare a pensare

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Isabelle Eberhardt, esploratrice e scrittrice la cui breve ma straordinaria vita fu segnata dalla curiosità e dalla sfida, nacque a Ginevra nel 1877 da padre anarchico e madre di origine russa. Nel1897 visitò finalmente con la madre il Nord Africa, un luogo che desiderava vedere da tempo. Il viaggio si rivelò trasformativo e, in quell’occasione, entrambe si convertirono all’Islam, ma la morte della madre – nel novembre dello stesso anno – lasciò la Eberhardt profondamente sola. La maggior parte degli anni che le restano li trascorre in Algeria, dove spesso si travestiva da uomo, assumendo lo pseudonimo di “Si Mahmoud Essadi”. Immergendosi completamente nella società araba, entrò a far parte della confraternita sufi Qadriya e, nel 1901, sposò un soldato algerino di nome Slimane Ehnni. Questo passo di diario era stato scritto un anno prima, mentre si preparava a tornare da un viaggio in Europa. Tragicamente, il viaggio della Eberhardt si concluse nel 1907, quando rimase uccisa da un’alluvione.

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Ginevra, 15 giugno 1900

Conserverò sempre il ricordo di questi ultimi giorni trascorsi in maggiore felicità, perché sono momenti rubati alla disperazione della vita, tante ore strappate al vuoto.

Sarò sempre e solo attratta da persone che soffrono di quell’angoscia speciale e fertile che si chiama dubbio di sé, o sete di ideale, e desiderio di fuoco mistico dell’anima. L’autocompiacimento per qualche risultato materiale non farà mai per me: i veri grandi sono coloro che cercano di migliorare il proprio io spirituale. Non fanno per me coloro che si sentono compiaciuti, felici di se stessi e della loro sorte, soddisfatti dello stato del loro cuore e della loro anima. Non fanno per me quei solidi cittadini che sono sordi, muti e ciechi e non ammettono mai i loro errori.

Devo imparare a pensare. Può essere doloroso e richiede tempo, ma senza di esso non può esistere felicità individuale, ispirazione e senso del valore.

Non riesco a descrivere il disprezzo e l’avversione che provo per la mia inadeguatezza, il mio bisogno ossessivo di vedere persone, per quanto banali, prostituire il mio cuore e la mia anima e darmi a spiegazioni stucchevoli.

Invece di cercare in me stessa ciò che la mia anima richiede, perché cerco negli altri, dove so che non si può trovare?

Perché non riesco a liberarmi di tutto il superfluo e a reagire a questo impulso che continua a ingombrare la mia vita? Tranne che con persone molto rare, non esiste una comunicazione sul piano intellettuale, quindi perché insistere a corteggiare la delusione?

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