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L’amante del vulcano

Dietro di lei, la distesa del mare e lontanissima, sulla linea dell’orizzonte, una minuscola nave. Forse è quella comandata da Teseo, l’eroe al quale ha salvato la vita e che ha promesso di portarla con sé in patria per sposarla, ma che invece, a metà viaggio, si è liberato di lei lasciandola a morire su quest’isola deserta.

Sì, deve essere la nave dell’amante, che spiega le vele al vento dopo l’atto scellerato e codardo. Non può che essere la nave di Dioniso, il dio del piacere e del vino, che la salverà e farà di lei la sua sposa, offrendole così un destino molto più glorioso di quello che le era sembrato il migliore possibile. Non essendo un semplice mortale, Dioniso non ha bisogno di arrivare in nave. Può anche arrivare in VOLO. Si prepara ad amare Arianna e lei ha già dimenticato Teseo appena uscita di scena (e che, per quanto sollevato di essersi liberato di lei, prova un certo rimorso, quel rimorso che può mai provare un mascalzone che si crede un gentiluomo), e ha già bevuto il vino che il dio le ha offerto per asciugarle gli occhi, scioglierle le membra, in attesa dei loro abbracci.

da L’Amante del Vulcano di Susan Sontag

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Sono e sempre sarò sempre un’amante, errante.

Colei che ama. Anche errando su deviazioni.

Una scrittrice.

Colei che scrive. Anche senza un libro pubblicato.

Una lettrice.

Colei che legge. Anche sparpagliando letture in giro.

Per vivere la vita avventurosa, lussuriosa e coraggiosa che mi sono fatta, bisogna avere una predisposizione per l’euforia. Per l’estasi. Per la follia.

I miei amanti vanno e vengono.

L’unico leitmotiv dei miei fugaci e fallaci amour fou rimane la mia assoluta e dissoluta fedeltà a

Iddu, il vulcano dell’isola di Stromboli.

Novella Arianna, anche se nell’intimo Ulissa, abbandonata da un pavido Teseo – mascalzone che si crede un gentiluomo – fui recuperata, amata ed estasiata da un Dioniso umano, sovrumano nella sua raffinatezza, cultura e garbo amoroso.

Sbarcata raminga e solitaria in Trinacria, terra degli Dei, ascesi all’incantato Castello, che domina sulle magiche isole Eolie, la terra su cui ho scelto di abitare parte della mia vagabonda esistenza.

Sono una seguace, l’unica entità da me “followata”, della moira che nella mitologia greca rappresenta la forza misteriosa, irresistibile, superiore alla stessa volontà e al potere degli dei, concepita come un’unica divinità o come triade divina (Cloto, la filatrice della vita, Lachesi, la fissatrice della sorte e Atropo, la fatalità della morte).

Qui in Sicilia, la moira impera. E io, umile e ululante Vergine Arcaica, lascio che siano le onde, anche del destino, a guidarmi nel mio fatalistico e fantastico cammino.

Fu così che nel fatato Castello di Milazzo mi imbattei in un autentico straordinario kuntastorie, Nino Pracanica, il quale insieme alla moglie Gina, grande amore della sua vita, umana artistica artigianale, mi rapii le emozioni trasportandomi nella mitologica storia della Sicilia.

Tra maschere, suoni, narrazioni, lingue, spaventi, sussulti.

In Sicilia abbiamo 218 contaminazioni linguistiche. 200 dialetti e 18 lingue, mi raccontò Nino, che osservavo rapita come i bambini davanti alle marionette. Oggi i pargoli, e i loro genitori, sono rincoglioniti davanti a inermi schermi digitali.

Il cantastorie giunse fintanto a spaventarmi di terrore quando, indossando una delle 218 maschere create a vera arte da lui e sua moglie, fu posseduto dallo spirito sanguinario del feroce pirata Barbarossa che fece strage di eoliani, assetato di carneficina.

Io sono assetata di passioni, come sosteneva il Marchese de Sade che temeva la sazietà: non poteva concepire una passione senza provocazione.

Io provoco la voluttuosità … voglio essere travolta, talvolta stravolta, dalla lava amorosa, colpita dalle saette erotiche, fustigata dai torbidi vortici.

Sono una sparpagliata, sciarriata, sciamannata di vita.

Un’erotica eretica eroica epica amante.

Sfoglio libri, scopo uomini, scappo demoni, scambio comuni, sentiero deviazioni.

Ma torno sempre, in ginocchio, da Iddu, il vulcano.

Mi basta salirlo, sempre in solitaria, e smarrire ogni connessione tecnologica per ritrovare la (s)connessione.

Mentale.

Sensoriale.

Sessuale.

Amo il vulcano in eruzione/erezione perché io sono Idda, la sua prosopopea sovrumana, in frenetica e fervente attività erotica.

Perché, come ogni oggetto di grande passione, il vulcano unisce in sé molti aspetti contraddittori.

Divertimento e apocalisse.

Un ciclo materiale che esibisce tutti e quattro gli elementi: prima il fumo, poi il fuoco, poi il flusso di lava e infine la roccia lavica, la più solida delle terre…

Proiettiamo sul vulcano tutta la rabbia, la complicità con le forze della distruzione, l’angoscia per la nostra capacità di sentire che sono già nella nostra testa.

Da L’Amante del Vulcano di Susan Sontag

La mia scrittura – sì perché io scrivo, sono scrittrice da e per sempre – è frammentata, incompiuta, incandescente, irriverente, dolente, sagace, troncata, appassionata. Una scrittura Be-bop, da neo-beatnik, memore e seguace del mantra di parole, avventure e movimento del mio padrino letterario, Jack Kerouac, autore dei capolavori di ogni tormentato e sotterraneo vagabondo Sulla Strada, I Sotteranei, I Vagabondi del Dharma: Scrivi con eccitazione, velocemente, coi crampi da penna o battitura, secondo le leggi dell’orgasmo (da Scrivere Bop).

Io sono viaggiatrice. Ho viaggiato in tutto il mondo e ho visitato e incontrato anime vere e reali.

Altro che la landa desolata e desolante di slandre influenSer con bocca a chiulo di gallina o quasi peggio le guru della mind(fuck)fulness che sciorinano di splendori, yoga e amore cosmico mentre in realtà sono più velenose di un serpente mamba, così intrise di fallaci illuminazioni, invidiose sin nella kundalini, atroci autrici di banuali (da manuale+banale) sulla uelness.

Che male vi fa una tamarra tracagnotta come Miss Falli Felici, libera e libertina che legge da sempre donne e di cui ne scrive innanzandole al loro ruolo di dee, non del focolare?

Le donne, non le donnicciole.

Leggetemi prima di criticarmi.

Sempre che capiate cosa e come scrivo …

Ohibò, perché amate tanto attaccarmi?

Attaccatevi voi. Forse qualche verga in più vi gioverebbe.

Imparate a rispettare una donna sola, che canta e inneggia all’Eros supremo, che si espone nuda cruda e fragile ai moderni rituali digitali.

Che comunica con il sorriso, l’anima, il cuore e il ventre.

Con il vostro disprezzo virtuale dimostrate solo la vostra miseria emotiva e la vostra acida bruttezza.

Vi lascio le vostre migliaia di followerS, le vostre futili e inutili pubblicazioni, le vostre sterili apparizioni.

Forse pubblicherò, forse mai.

Ma scrivere lo farò sempre, come sto facendo. Fiera erede dell’inarrivabile Fran Lebowitz, la maitresse-à-penser newyorchese per eccellenza, una New Yorker nel midollo. Scrittrice inattiva – non scrive un libro dal 1994 – ma che opina tanto spietatamente bene.

Fran è una parte della mia New York, la mia città amante che dopo due anni di assenza inizia a mancarmi di bestia.

La Bella e La Bestia, just like me.

Ma questa è un’altra delle mie innumerevoli storie di vita. Che scelgo di raccontare come e dove cazzo mi pare. In culo alla gloria effimera di chi non sa, e non sa nemmeno di non sapere, che la notorietà è la cugina zoccola del prestigio (cit. Birdman).

Io ho il prestigio di sperimentare guizzante e leggiadra il midollo della vita, di narrarlo attraverso parole e immagini, di taccuinare ogni singolo attimo della mia intensa e immensa vita con il costante spossante e ossessionante rovello di dover comunicare per scritto e orale la mia Odissea. Anche via social.

If you don’t like it, fuck it.

And Fuck You.

Non sono nata per compiacere.
Sono nata per essere compiaciuta.

Iniziò a fidarsi di lei. Terribile pensare a tutto ciò che lei aveva sofferto. Un oggetto non è insudiciato perché è stato posseduto da proprietari meno meritevoli. Quello che conta è che abbia raggiunto la sua destinazione, che sia conservato da chi più merita di possederlo.

da L’Amante del Vulcano di Susan Sontag

Mi vanto e armo dell’audacia suprema in questi aberranti social-fake-times di avere il coraggio di NON PIACERE, come da titolo del libro The Courage of Being Disliked di Ichiro Kishimi e Fumitake Koga, fenomeno editoriale in Giappone e in Asia, che trovai ad Alicudi e che mi fu regalato al mio compleanno il 2 luglio 2021 dal tenebroso siciliano T., bellissimo ragazzo, dentro e fuori. Che mi accoglierà sulla piccola isola, lo scoglio remoto, quando vi (ri)approderò.

Ho la forza di non essere capita.

Ho il coraggio di non essere seguita.

Ho la brama di non essere popolare.

Non avete capito che sono io a dirigere il mio gioco e al vostro non starò mai.

Non conosco regole che non siano le mie da infrangere. Come le onde del mio destino.

Il destino può essere beffardo buffo e bastardo.

Solo una settimana fa mi congedavo da un uomo che sa amarmi, e che lo ha fatto ristorandomi mente, cuore e figa, e per puro dispetto degli dei, mi imbatto in quell’altro che non sa amare. O forse solo non sa amare me.

Come uno scoppio di Iddu, eruttante magmatico prima, nero e immobile dopo, è franata l’ennesima pietra rotolante, un altro mangia la polvere.

Non sarò mai moglie.

Le pene di PENElope non saranno mai le mie.

Io sono Ulissa.

Eppure la malefica ammaliante fiamma mi attira sempre, come le disgraziate falene che finiscono per bruciarsi.

Ogni mattina quando le vedo sepolte nella cera dei miei rossi ceri mi commuovo.

Sono una falena anche io.

Svolazzante sui lapilli.

Rivendico una vita imprevedibile e incredibile, surreale e immaginiFICA, capace di sopravvivermi ogni respiro. Io, la mia, me la faccio – yo hago la vida – con un atto d’azione, non soggezione. Io faccio la vita.

Sono una passion-junkie.

Mi inietto di passione.

Mi drogo di adrenalina uterina.

Del resto, siamo tutti drogati.

A ognuno il suo veleno …

Credo solo nel fuoco. Vita. Fuoco. Essendo infuocata, infuoco gli altri. Mai morte. Fuoco e vita. Le jeux. 

So di attraversare la vita come un’ubriaca. Sono ebbra d’illusione. Ma non importa quanto sia avvinazzata, ci sono cose che non posso non vedere, cose ferocemente vere. Chiudo gli occhi e barcollo, barcollo. Barcollo, credo, vivo in preda alla febbre e al tumulto, mi elevo nell’estasi, ma c’è sempre il volto della realtà a fissarmi con occhi brutti. So che se apro gli occhi, sarò ferita intollerabilmente dalla bruttezza.

Da Fuoco di Anaïs Nin

Sono una donna da mare e d’amare.

In balia e in malia dei fluttui del mio possente ventre, mi accingo a salpare per una nuova avventura.

Una nuovissima isola.

Un nuovo vulcano.

E chissà, un domani, un nuovo amante.

Diabolicamente Vostra,

Miss Psychedelic Pink Punk

PHOTO CREDIT: Quel gran bono bonazzo del fotografo Andrea Dojmi. www.instagram.com/andreadojmi/

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